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Yanez
Confesso che la presenza di Van De Sfroos a Sanremo mi ha creato qualche turbamento. Però avrà avuto le sue ragioni, non giudichiamolo male solo per questo. È certamente più utile riproporre il testo della sua canzone, che tra le pieghe di rime divertenti ci mostra come il mondo reale abbia disatteso e annegato la bellezza delle favole. Sogno e realtà, insomma, non sono proprio la stessa cosa.
Sale scende la marea e riporta la sua rudera
un sedèl e una sciavata e una tuleta de Red Bull.
Sandokan cun’t el mohito e ‘l bigliet cun sö l’invito,
Sandokan che ha imparato a pilotare le infradito.
E la gent che la rüva al mar tant per dì che l’è stada che,
cul getton de la sala giochi el càval el möv un zicch el cü.
Udù de fritüra de pèss e de piza de purtà via.
Kamammuri l’è de sessant’ann che sta söl dondolo de la pension.
Yanez de Gomera, se recordet cume l’era?
Adess biciclet e vuvuzela… e g’ha el Suzuki anca Tremal Naik.
Yanez de Gomera, se recordet de James Brook?
El giüga ai cart giò al Bagno Riviera
e i han dì che l’è sempru ciuch.
Stuzzichini, moscardini e una bibita de quartu culùr,
abbronzati, tatuati i hen pirati vegnü de Varés.
La pantera, gonna nera, canottiera, cameriera
möv el cü anca senza i gettoni
ma l’è ché, dumà per cambiàt el büceer.
Sandokan in sö la spiagia, cui müdànd dela Billabong
G’ha l’artrite e g’ha el riporto,
partìs per Mompracem cul pedalò
e i Dayki cun scià la Gazzetta
g’han mea tem per tajat el co.
I lasen la spada suta l’umbrelon e fan piu danni con l’iPhone.
Yanez de Gomera l’èt vedüda l’oltra sira?
Pusse che la Perla de Labuan,
Marianna adèss la me par un sas.
Yanez de Gomera cünta sö amò cume l’era.
Ho vedü che s’è rifada i tètt, l’ha mea pudü rifàs el cör.
la sirena l’è incazzada che po mea giügà al balòn.
Pulenta e cuba libre per i granchi in prucession,
cumincia l’eppi auar, la tigre di Malesia
finiss all’usteria cul riis in biaanch e la magnesia.
Ustionati, pirati senza prutezion,
barracudas cun sö i rai ban che giüghen a ping pong.
Sandokan che’l vusa dent in pizzeria…
el vusa e canta Romagna Mia…
Yanez de Gomera se recordet cume l’era?
Adess biciclett e vuvuzela e g’ha el Suzuki anca Tremal Naik.
Yanez de Gomera se recordet del colonnello Fitzgerald?
L’ho vedü in sö la curriera, che ‘l nava a Rimini a vedè i delfini.
TRADUZIONE
Sale scende la marea e riporta la sua immondizia
un secchio e una ciabatta e una lattina di Red Bull.
Sandokan col mohito e il biglietto con sopra l’invito,
Sandokan che ha imparato a pilotare le infradito.
e la gente che arriva al mare tanto per dire che ci è stata,
con il gettone della sala giochi il cavallo muove un pochino il sedere.
Odore di frittura di pesce e di pizza d’asporto.
Kamammuri è da sessant’anni che sta sul dondolo della pensione.
Yanez di Gomera, ti ricordi com’era?
Adesso biciclette e vuvuzela… e ha il Suzuki anche Tremal Naik.
Yanez di Gomera, ti ricordi di James Brook?
Gioca a carte giù al Bagno Riviera
e hanno detto che è sempre brillo.
Stuzzichini, moscardini e una bibita di quattro colori,
abbronzati, tatuati, sono pirati venuti da Varese.
La pantera, gonna nera, canottiera, cameriera
muove il sedere anche senza i gettoni,
ma arriva solo per cambiarti il bicchiere.
Sandokan è in spiaggia, con le mutande della Billabong.
Ha l’artrite e ha il riporto,
parte per Mompracem col pedalò
e i Dayaki con in mano la Gazzetta
non hanno mica tempo per tagliarti la testa.
Lasciano la spada sotto l’ombrellone e fanno piu danni con l’iPhone
Yanez di Gomera l’hai vista l’altra sera?
Più che la Perla di Labuan,
Marianna adesso mi sembra un sasso.
Yanez di Gomera racconta ancora com’era
Ho visto che si è rifatta il seno, non ha potuto rifarsi il cuore.
La sirena è incazzata perché non può giocare a pallone
Polenta e cuba libre per i granchi in processione,
comincia l’happy hour, la tigre di Malesia
finisce all’osteria col riso in bianco e la magnesia.
Ustionati, pirati senza protezione,
barracuda con i Ray Ban che giocano a ping pong.
Sandokan che urla dentro in pizzeria…
Urla e canta Romagna Mia.
Yanez de Gomera ti ricordi com’era?
Adesso biciclette e vuvuzela e ha il Suzuki anche Tremal Naik.
Yanez di Gomera ti ricordi del colonnello Fitzgerald?
L’ho visto sopra la corriera, che andava a Rimini a vedere i delfini.
Obsession
Senta, io le domandavo questo, secondo lei, partendo fra circa… 3 minuti e mantenendo una velocità di crociera di circa 80/85 chilometri orari… secondo lei faccio in tempo a lasciarmi la perturbazione alle spalle… diciamo nei pressi di Parma?” (C. Verdone – Bianco, rosso e Verdone)
Ho sentito oggi alla radio la fregnaccia del giorno, e cioè che la maggior parte degli italiani soffre di disturbo ossessivo compulsivo. Tutti, insomma, abbiamo le nostre manìe. Queste sono dieci delle mie.
– Nella libreria i libri vanno allineati prima per macrogenere (romanzo, storia, linguistica, etc…) e poi in ordine alfabetico d’autore
– Prima di leggere un libro devo sempre sapere qual è il numero dell’ultima pagina
– Se interrompo la lettura di un libro senza finire il capitolo, devo farlo alla fine della pagina pari
– Non sopporto che durante la cena ci sia in tavola la bottiglia dell’acqua vuota
– Le foto sul pc vanno ordinate in cartelle denominate “LuogoGGMMAA”
– Faccio rifornimento spesso e con poche quantità di carburante, per la paura di avere il pieno se faccio un incidente (troppo gasolio sprecato)
– Ho sempre 50€ di scorta nel portafoglio, ben ripiegati, perché se resto senza soldi… non si sa mai (mai usati)
– Sto attento alle maiuscole sia nelle mail che negli sms
– Nei bagni pubblici non entro mai nel primo, né nell’ultimo, ma in uno di quelli in mezzo
– Se faccio la spesa, alla cassa devo riempire il più possibile il nastro, usando il meno spazio possibile
Le vostre?
Immaturi, noi che guardiamo indietro
Potranno scegliere imbarchi diversi, saranno sempre due marinai.”
(F. De Gregori – Compagni di viaggio)
Oggi sono uscite le materie d’esame e proprio l’altra sera ho visto “Immaturi”, film di Paolo Genovese che racconta di un gruppo di quarantenni richiamato a fare la maturità. Per un errore, l’esame tenuto vent’anni prima viene annullato. Gli amici, ormai impegnati a vivere altre vite, si ritrovano dunque a studiare insieme, a raccontarsi, a riviversi con occhi nuovi. Si ride un po’ con Kessisoglu e Ricky Memphis, ma la pellicola è tutt’altro che pregiata, “poco più di un cinepanettone” ha sentenziato la Lucy.
Però le vicende, che si snocciolano tra ex liceali romani, portano inevitabilmente a ricordare il periodo delle superiori.
Insomma il film è una mezza sciocchezza, ma ha il merito di far ripensare ai vecchi compagni, alle avventure vissute insieme, al significato che ciascuno di loro ha avuto nella nostra vita. Ancora una volta mi sono girato indietro a guardare quel bellissimo periodo, non con la solita malinconia, ma semplicemente con un sorriso.
P.S. So benissimo che la citazione da Compagni di scuola di Venditti sarebbe stata più appropriata, ma non mi sentirete mai citare Venditti.
Per una vita in volo, tra le nuvole
Del lungo soggiorno a Roma, mi rimarranno nella memoria anche i percorsi arerei. Due anni, viaggiando tutte le settimane da Villafranca a Fiumicino e viceversa, non sono pochi.
Gli aeroporti, si sa, vivono di vita propria. Regole, spazi, tempi e cittadini propri. Un mondo a parte, che nei primi tempi si tende ad odiare, ma che a poco a poco si finisce per amare. Scoprire i segreti per velocizzare le manovre, osservare gli angoli più nascosti o gli stereotipi più frequenti. Diventi pian piano parte di un mondo che poco tempo prima faticavi a comprendere.
Il film che meglio abbraccia questo stile di vita, uno stile denso di adorabili pregi e invaso da complicati difetti, è “tra le nuvole” di Jason Reitman.
Un’eccellente George Clooney e un’accattivante Vera Farmiga sciorinano manie e segreti del viaggiatore, sottolineando il fascino della libertà e gli inevitabili limiti di un’esistenza senza solide radici.
Ai colleghi sempre in viaggio, o agli amici che si lamentano di una vita poco dinamica, consiglio vivamente la visione. Non è un film capolavoro, ma semplicemente un bel ritratto di un mondo parallelo a quello della vita normale. Gradevole.
E se qualcuno non avesse la disponibilità del film, io lo posso prestare con facilità.
L’Eco della sfida
Spesso può essere pesante e uggioso, ma preso per il verso giusto può rendere la lettura stimolante e piacevole. Umberto Eco è un autore piuttosto maniacale. La ricerca del dettaglio e della sua veridicità storica è ai limiti dell’ossessione. Pressante, assillante…. In ogni caso mai fallace, poiché la sua cura del particolare rivela sempre una cultura senza limiti e una capacità di meticolosa ricerca.
Qualche tempo fa, in un’intervista televisiva, rivelò di aver ricercato i menù delle taverne parigine di due secoli fa, perché non poteva permettere che nel suo libro i personaggi mangiassero pietanze “storicamente” mai esistite in quei locali.
Leggerlo, per me, significa anche sfidarlo nell’indagine dei dettagli storici. Ovviamente è sempre una partita persa in partenza, ma è bello giocarla fino in fondo.
Nell’ultimo libro “Il cimitero di Praga”, Eco fa scrivere ad un personaggio nel 1897: “i comunisti hanno diffuso l’idea che la religione sia l’oppio dei popoli”.
Un dubbio. Sapevo che la frase attribuita a Karl Marx (n.1818 – m.1883) divenne famosa solo nel secolo successivo a quello della sua morte, approssimativamente intorno ai primi del ‘900, perché pubblicata postuma. In effetti, verificando ho scoperto che l’opera che la contiene, la Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, fu pubblicata per la prima volta nel 1927. Dunque, un fantomatico personaggio del 1897 non poteva affatto conoscerne l’esistenza. Davvero Eco si era permesso una tale leggerezza? “Fantastico” – ho pensato. “adesso che l’ho colto in fallo, potrò sbugiardarlo in rete”. Tutto fiero, già pronto a scrivergli una mail pomposa ed arrogante, ho deciso di indagare meglio.
Mio malgrado, il Nostro aveva vinto ancora. La frase incriminata è contenuta in realtà nell’introduzione dell’opera sopracitata. E Marx pubblicò inizialmente solo l’introduzione del suo scritto, sugli “Annali franco-tedeschi” nel 1884. Guarda caso durante il suo primo soggiorno a Parigi, città in cui vive il personaggio creato da Eco.
Ancora una volta, grande Umberto!
Frasi da un matrimonio
Ho notato che le feste di matrimonio, occasioni formali per eccellenza, trasudano di frasi fatte e domande retoriche. Anche volendo evitare di essere banali o monotoni, partecipando ad un matrimonio sentirete almeno una volta tutte queste frasi. La top ten è in ordine di bellezza crescente.
10 – (se piove) “Certo che hanno avuto proprio sfortuna, guarda te se doveva piovere proprio oggi!” Se ti sposi in autunno, è probabile che trovi una giornata di acqua… vai a sposarti a Sassari per ferragosto e vedrai che la fortuna ti assiste.
9 – (se non è luglio o agosto) “Chissà che freddo che avrà la sposa, così… con le spalle scoperte…” Frase generalmente pronunciata dalle donne di età compresa tra i 40 e i 70 anni.
8 – “Beviamo un prosecco?” Frase generalmente pronunciata dai maschi di età compresa tra i 20 e i 40 anni.
7 – “La sposa è proprio bella oggi”. Indipendentente dalla sposa, che può anche essere un cesso, le amiche suggellano il trionfo dell’ipocrisia con questa bella affermazione. E tutti asseriscono contenti.
6 – (tra maschi) “Chi è quella? Un’amica di lei?” Oggetto del quesito è generalmente una sventola bionda, alta, con tacchi vertiginosi e spacco ascellare.
5 – (tra femmine) “Chi è quello? Un amico di lui?” Oggetto del quesito è generalmente un piacione dal capello fluente, la barba incolta e la camicia sbottonata. Molto spesso ha il gessato e le scarpe pitonate.
4 – “E adesso? Chi sono i prossimi che si sposano?” Frase generalmente rivolta a me.
3 – “Io basta antipasti. Sennò dopo non mangio più niente”. Un grande classico del buffet d’overture.
2 – (rivolto allo sposo, in genere all’entrata della chiesa) “Sei proprio sicuro? Guarda che sei ancora in tempo per tornare indietro”. Questa è la battuta che odio di più. Chi la pronuncia pensa di essere originale e divertente, invece io sono sempre lì che aspetto chi sarà il primo a dirla.
1 – (dopo i primi) “Io sarei a posto già così”. La più gettonata e abusata affermazione che si possa ascoltare ad un banchetto di nozze. La pronunciano tutti, indistintamente. Per mantener fede al protocollo, occorre ovviamente rispondere “sì, anch’io… mamma mia!”.
Riflessione d'agosto
Sono in procinto di partire per qualche giorno. Poca roba, perché questo è l’anno dell’austerity sassellese. Vi lascio con una bellissma citazione di Peter Høeg.
“Sono pochissime le persone che sanno ascoltare. La fretta le trascina fuori dalla conversazione, oppure provano dentro di sé a migliorare la situazione, o riflettono su come dovrà essere l’attacco quando si farà silenzio e toccherà a loro entrare in scena”.
Ho pensato che gli ambienti di lavoro, le amicizie e le parentele sono piene di persone così. E le vacanze servono anche per meditare ed esaminare la propria coscienza (per chi ce l’ha). Cercherò la mia.
Nel mezzo del cammin di nostra vita
L’inizio della Divina Commedia è una perifrasi dei trentacinque anni. Riflettevo la notte scorsa, o meglio: elucubravo, sul fatto di essere giunto al fatidico giro di boa. Almeno in senso dantesco.
Questo effetto poetico rende i trentacinque anni migliori dei trentaquattro o dei trentasei, restituendo dunque al festeggiato una discreta consolazione. Per la proprietà commutativa però, dicono i matematici, la somma non cambia.
Al di là del fatto che potremmo discutere per ore sul concetto di “metà ” della vita, e sull’idea di “presunzione di metà”, uno comunque si chiede che cos’abbia combinato fino a questo punto. Ben poco, in effetti. Rimane l’altra metà, dicono gli ottimisti. Ci sentiamo a settanta per il primo consuntivo.
Manomorta istituzionale
Ieri mentre passeggiavo a Largo Argentina a Roma, una donna mi sorpassa ed inavvertitamente le tocco il sedere con la mano in movimento. Cose che capitano quando si procede confusamente tra la folla.
Mi scuso immediatamente e lei si gira replicando: “di nulla”. Bionda, sulla sessantina, passo veloce. La riconosco subito: è Livia Turco, ex ministro. Non ci sono dubbi, perché poi sul tram qualcun altro la riconoscerà, salutandola e sorridendole.
Ora posso dire di aver toccato il culo a una ministra. Senza specificare ulteriormente, spero che nel dubbio la gente pensi alla Carfagna…
In principio
Ho rispolverato un bellissimo libro che mi regalò un amico. Tra le Piccole gioie di Hermann Hesse ho ritrovato questa frase: “È giusto avere dei princìpi, ma all’occasione bisogna saperli superare”.
Questo è uno dei grandi interrogativi della mia vita. Al di là delle eccezioni, che qualcuno chiama errori, qualcun altro leggerezze, qualcun altro peccati e qualcun altro ancora casualità, è giusto mantenersi ligi a propri princìpi? Oppure occorre capire quando è necessario derogarvi? Giusti o sbagliati che siano, se uno ha dei princìpi significa che per se stesso sono corretti. Altrimenti non sarebbero suoi princìpi, ma altre cose. Idee, nozioni, dottrine, ispirazioni. Ma allora, se uno li ritiene validi, perché pensare che possa essere necessario superarli o accantonarli?
Al contrario: se uno rimane ligio e coerente con i priopri princìpi, non rischia di chiudersi aprioristicamente e di non evolversi mai? Voglio dire: se quello che uno ritiene giusto e basilare poi non fosse altro che uno dei tanti modelli esistenti? Vabbè… mi sono ingarbugliato da solo.