Archive for category Sport

Ma dove vogliamo andare?

La mancata assegnazione degli Europei 2012 all’Italia rasenta i toni del melodramma. Il povero Platini, ancora in debito per la miniera d’oro che ha trovato in Italia, ci aveva seriamente illuso dicendoci che avremmo raggiunto il prestigioso traguardo.
La vittoria mondiale, poi, sembra averci consegnato un’illimitata licenza di uccidere. Siamo i campioni del mondo, dunque tutto ci appare scontato e dovuto: chi può permettersi di dirci di no? Alla faccia della tanto criticata grandeur francese!
Aspettative, quelle europee, lecite, ma ingiustificate. Alla fin fine siamo e rimaniamo un popolo tra i tanti, figli dei Matarrese e dei Moggi, capaci solo di spolverare il passato per poterci vedere un futuro. Siamo quelli che si ammazzano durante le partite, costretti a chiudere gli stadi e a vietare gli striscioni. Dobbiamo spiare le telefonate dei nostri arbitri e mandare i vincitori del campionato in serie B. Perché mai dovremmo meritarci gli Europei? Il Ministro Melandri piange.
Auspico invece che l’assegnazione a Polonia ed Ucraina possa diventare un’occasione di sviluppo. Noi coi mondiali ’90 mandammo tutto in vacca. Speriamo che loro non compiano gli stessi errori.

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Le magie di Totti

L’ultima esternazione di Totti ha un velato tono di arroganza. Il capitano giallorosso si è dichiarato più coinvolto emotivamente dall’odierno quarto di finale di Champion’s League tra Roma e Manchester, che dalla passata finale mondiale tra l’Italia e la Francia.
Nulla da eccepire, a parte un soggettivo giudizio sullo spirito patriottico del Popone. Che agisca e parli più da tifoso che da futuro “capitando” (gerundivo del verbo fare il capitano) della nazionale, poco ci importa. Stona tuttavia che lo stesso abbia già pianificato il suo rientro nella squadra azzurra. Dopo essersi allontanato, ha fissato per l’autunno il suo ritorno. Certamente, faccia pure con comodo: gli altri giocano “inutilmente” per le qualificazioni, lui quando avrà tempo e voglia ritornerà nel gruppo. In nazionale è l’unico che sceglie e non viene scelto. Ma in fondo siamo tutti qua ad aspettarlo. Dobbiamo anche pregare perché cambi idea e si prenda più a cuore l’Italia della Roma, o ci accontentiamo del rientro di Sua Eccellenza?
Fossimo seri, o semplicemente in un’altra nazione, lo avremmo già lasciato dove si trova e al suo posto, in nazionale, avremmo chiamato qualche giovanotto più motivato e meritevole.

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Ammazziamoci pure, ma con sportività

Seppellito velocemente il morto ammazzato di Catania e dimenticata misteriosamente la rissa al sangue di Valencia, nei mediatici “bar dello sport” tiene banco la vicenda di Mutu. I teatrini dell’informazione accusano l’attaccante della Fiorentina di antisportività. Con un avversario a terra, la colpa del romeno sarebbe quella di non aver interrotto il gioco ed anzi di aver proseguito segnando una rete fondamentale per il pareggio viola. Si scordano facilmente però che l’avversario di turno si è infortunato da solo, successivamente ha ripreso il gioco ed ha terminato la partita, e che Mutu, prima di segnare il gol, ha contrastato e superato altri due difensori.
Per gli infortuni gravi (questo non lo era) l’arbitro ha la facoltà di interrompere in ogni istante il gioco. Tutto il resto è folklore. Folklore solo italico. L’azzoppato, il finto malato o il simulatore non hanno alcun diritto. Invece nel bel paese del garantismo ad oltranza, del perbenismo dilagante, degli indulti silenziosi e dei condoni istituzionalizzati, chi rispetta le regole e non urla “poverino” diventa presto il carnefice, mai la vittima. Chi non interrompe il gioco è “antisportivo”, mentre chi simula un fallo “usa esperienza”.

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La trave e la pagliuzza

Spettacolo raccapricciante ieri sera a Valencia. La rissa di fine gara tra i calciatori ospitanti e quelli dell’Inter ha un sapore davvero amaro. Dopo il morto di Catania e la sospensione del campionato, dopo gli accorati e dilatati appelli alla distensione ed al “clima nuovo” da proporre ed imporre, alla prima occasione di una vetrina europea ci presentiamo con la peggiore delle credenziali. Un’inutile sbornia di belle parole e di alcolica retorica.
Non serve discernere tra vittime e carnefici, né pesare le diverse scale di colpevoli o istigatori. Il punto non è “chi ha cominciato e chi ha reagito”, e neppure “chi ha menato di più e chi di meno”. Non è ammissibile che chi viene pagato unicamente per vincere o per perdere scivoli in barbare debacle di questo livello.
Si cominci a fare ordine da lì, poi, se sarà il caso, continueremo con le prediche ai tifosi.

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Clamoroso al Cibali…

Mi ero riproposto di non scrivere nulla sui fatti di Catania. Non perché l’argomento non suscitasse il mio interesse, o perché non fosse di per sé meritevole d’attenzione, ma per evitare di aggiungere retorica alla retorica. Di fronte a queste situazioni, si ascoltano sempre le stesse parole, gli stessi appelli, le stesse considerazioni. Accade sempre che “i soliti concetti” finiscano per annullarsi a vicenda: un’opinione o un pensiero, seppur forti, nel momento in cui vengono ripetuti ad oltranza e dunque inflazionati, perdono il loro peso e la loro portata. Il più delle volte repetita stufant. Frasi come “il calcio è malato”, “non si può morire per una partita” o “manca la cultura della sconfitta”, benché condivisibili, suonano ormai come apostrofi atone, profondi vuoti da rendere al mittente. Nessun effetto.
Mi ero proposto di non scrivere, dicevo. Poi oggi ho letto le parole di Matarrese e non ho resistito. “Che il calcio non debba fermarsi e che un poliziotto morto faccia parte del sistema” sono dichiarazioni prive d’ogni rispetto, irriguardose prima ancora che inopportune. Lo sdegno corale di fronte a queste idiozie dimostra la bassezza del personaggio. Immaginiamo che tra manager e dirigenti del suo livello questo pensiero risulti diffuso e condiviso. Di fronte ai grassi interessi in gioco, l’uomo che regge i fili di tutte le marionette non si sconvolge certo per una morte “qualunque”. È vergognoso pensarci, ma non fatico a credere che tra le dichiarazioni di disappunto e cordoglio pronunciate da tutti i vertici politico-sportivi ci sia molta ipocrisia. Da un presidente di Lega non possiamo certo attenderci grande moralità o propensione all’etica, ma speravo che anche il più sciagurato dei dirigenti sportivi potesse avere almeno il buonsenso del silenzio.

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La fantanottata

Premessa: per acquistare un nuovo giocatore al fantacalcio, occorre mandare una mail a tutti i partecipanti, dalla mezzanotte successiva al giorno di pubblicazione delle quotazioni aggiornate, sino alle 14 del sabato.
Può capitare che ci sia la corsa ad un giocatore appena giunto in serie A, oppure ad uno che, cambiando squadra, migliorerà certamente le proprie prestazioni.
Io desideravo ardentemente acquistare un giovane attaccante del Parma, arrivato dall’Inghilterra e considerato preda ambita anche da molti altri. Per questo motivo sapevo che avrei dovuto mandare una mail a mezzanotte esatta, nella speranza di bruciare tutti sul tempo.
Esco dal lavoro con un’ansia da prestazione che solo Lino Toffolo di fronte alla Seredova potrebbe provare. Un pensiero fisso… e la paura di non farcela.
Gioco con i colleghi una partita di calcetto infame, con le gambe in campo, ma la testa lontana anni luce: ricordo “il fantasma” di Edmundo, a Firenze durante il periodo del Carnevale di Rio.
Un’attesa estenuante per arrivare sveglio e lucido alle 24. Una, due, tre mail (si sa mai che una parta con l’orario sbagliato) per intimorire gli avversari e opzionare Giuseppe Rossi (non Zico, n’è? Giuseppe Rossi…). Dopo la mia, arriva un’altra offerta: sono le 00.03, è Giulio Tabarelli a scrivere.
Mi corico alle 00.25 e per un’ora mi rivolto nel letto con l’agitazione del bambino che all’indomani se ne andrà in gita con la scuola. Ce l’avrò fatta? Qualcun altro avrà scritto e magari mi è arrivata la mail in ritardo? Magari ha scritto prima di me, ma vedrò l’e-mail solo domani perché si è fermata da qualche parte…
Non riesco proprio a prendere sonno. Alle 01.30 mi alzo e leggo un libro, perché di dormire non se ne parla. Alle 02.15 riprovo a sdraiarmi.
Dimentico il cell nuovo acceso ed alle sei mi arriva un sms di Wind che si complimenta perché potrò accedere al servizio wap. Nel dormiveglia leggo: “Complimenti! Wind si congratula con lei…” e mi chiedo: “Come cazzo fa Wind a sapere che ho preso Giuseppe Rossi?”
Finisco di leggere l’sms e mando a fare in culo la Wind, il telefono, Giuseppe Rossi e suo malgrado pure Zico.
Ritorno a dormire, ma è già mattina.
Non parteciperò mai più ad aste notturne. Credo.

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Declino del Fenomeno

Qualunque tifoso rossonero ingentilito dal dono della ragione non potrebbe che riluttare di fronte all’ipotesi di trasferimento del “Gordo” al Milan. Solo una mente malata, o ignorante (che è quasi la stessa cosa), potrebbe gioire davanti all’approdo di Ronaldo sulla sponda rossonera dei navigli.
Da tempo ha smesso di giocare: un attaccante in pensione, discutibile sul piano professionale ed umano ancor prima che su quello tecnico. Grasso, lento… ormai solo uno sbiadito ricordo del Fenomeno che fu.
Chi lo vuole acquistare avrà certo le sue buone ragioni. Avere un uomo di rappresentanza, dal volto celebre, non è affare da poco in un’epoca in cui le squadre guadagnano di più vendendo ovunque la propria immagine, che vincendo trofei. Ma il tifoso comune, quello che vive di vittorie e non di diritti tv, non esulta. Anzi inveisce.
Lo ammetto, l’unica speranza (subito dopo quella che Ronaldo resti dove si trova) è che il Dentone riesca trovare una forma dignitosa e possa essere schierato in un derby. Se poi la fortuna gli permettesse di trafiggere la sua ex squadra, quella dei tifosi interisti, e portare a casa una vittoria da traditore… potrebbe anche entrare rapidamente nella schiera dei miei miti. Il tifoso, si sa, ci mette un attimo a cambiare idea.

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Infierisco!

Domenica ho seguito per cinque minuti quella trasmissione inguardabile di Piccinini che mostra i gol della giornata, alla fine delle partite. Tanto mi è bastato per ingegnarmi a fare altro.
Con la Roma che supera per 7 a 0 il Catania, tiene banco la questione “giusto o sbagliato infierire sull’avversario?”. L’interrogativo riguardava l’etica della vittoria, ovvero se fosse corretto perseverare a colpire un avversario oggettivamente esanime, palesemente sconfitto.
Credevo che la “regola prima” dello sport fosse quella dell’impegno. Lottare sempre e comunque ed adoperarsi per dare il massimo, prescindendo dal risultato, mi sembrava un dogma intoccabile. Docenti, allenatori e amici più grandi mi hanno sempre insegnato questo. Ora scopro da quattro giornalisti da fiera che “se sei più forte non devi infierire”. Che “vincere va bene, ma stravincere umilia”.
Nei panni del povero Catania mi sarei sentito davvero umiliato se gli avversari avessero rinunciato allo spirito agonistico, spegnendo il gioco e la tenzone.

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Auf Wiedersehen

Parrebbe brutto non parlare di un campione che lascia per sempre la Formula Uno, dopo sette mondiali vinti. Parrebbe brutto non parlare di un campione che ha reso grande la Ferrari, come non mai, riportandola ai fasti di un evo dimenticato. O forse, e più semplicemente, pare brutto farlo.
Non l’ho mai amato e non l’ho mai tifato. Primo, perché la Formula Uno è uno sport al quale non ho mai saputo appassionarmi (non me ne intendo, né intendo intendermene). Secondo, perché ho trovato pochi sportivi antipatici come Schumacher (forse solo Vieri e Biaggi). Terzo, perché quando tutta Italia tifava “Schumi, Schumi”, mi sembrava deontologicamente scorretto accodarmi alla massa.
Oggi dunque non piango il suo ritiro. L’evento, anzi, mi lascia piuttosto indifferente.
Diceva Enzo Ferrari che “è la Ferrari che rende grande un pilota, non un pilota che rende grande la Ferrari”. Per questo motivo d’orgoglio, egli non avrebbe mai scelto un uomo come Schumacher per arrivare a vincere. Resterò tra i pochi che conserveranno più nostalgia per parole come quelle che per piloti come questo.

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Il vero successo di Lucky Luciano

Non ho assistito, più o meno volontariamente, all’intervento di Luciano Moggi alla trasmissione “Quelli che il calcio…”. Pare si sia difeso, e ne aveva il diritto, da tutte le accuse ricevute. Come lo abbia fatto, che cosa abbia detto, quali siano state le sue motivazioni non mi è dato di sapere. Trovo alquanto immorale e beffardo che l’abbia fatto senza un contraddittorio. Da abile ammaliatore, posso immaginare che gli sia risultato semplice argomentare la difesa, senza nessuno che lo accusasse e lo mettesse in seria difficoltà di dibattito, con il muro alle spalle e l’evidenza davanti agli occhi. Un proclama senza dispute o confronti, in nome del solito ed insensato “buonismogarantismo” dell’ipocrita medio. Trovo altresì inaccettabile che nella stessa trasmissione gli faccia eco il Ministro della Giustizia, ovvero colui che dovrebbe garantire la giustizia e non vendere la nebbia. Incontrastato e incontestato, addirittura difeso da Mastella… mica male! Moggi, dimettendosi in tempo, ha evitato le sanzioni della giustizia sportiva (figuriamoci se quella ordinaria entrerà mai nella vicenda!). Ora ha già preparato una capatina a Matrix, premiato palcoscenico di Mentana. Chissà in quali altri programmi presenzierà, per fare audience. Tra poco magari un libro dal titolo “tutte le verità”; più avanti un film?
Questa sarebbe la persona che sta pagando in prima persona la crisi del calcio italiano? Sarebbe lui il capro espiatorio di tutta questa triste vicenda? Allora complimenti Lucky, davvero un bel colpo!

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