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Tracimo di Tre Cime
“Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella”
(R. Messner)
Da anni mi chiedo se possa essere considerato lo scenario più bello delle Dolomiti. È vero, altrove ci sono sentieri meravigliosi da percorrere, vie attrezzate con panorami mozzafiato, cime difficilmente accessibili e dunque ambite, vette dalle prospettive sterminate ed ammalianti. Ma se mi chiedo quale sia veramente la scenografia più stupefacente delle Dolomiti, mi vengono subito in mente le Tre Cime. Un luogo della lista “da vedere almeno una volta nella vita”, una cartolina buona per ogni pubblicità, l’immagine stereotipo assoluto della montagna.
Ci andai per la prima volta a vent’anni, sapendo a malapena dove mi trovavo. Mi distrussi un ginocchio scendendo scompostamente da un ghiaione. Da allora ho sempre tentato un ritorno più consapevole e meno irruento. La lontananza e la congenita congestione di turisti mi hanno sempre fatto desistere. Fino allo scorso weekend, quando ho coronato il sogno di rigustare quel colpo d’occhio fantastico.
Uomini forty – Ferrata Alleghesi
Posted by Giullare in Sport, Uomini Forty on 2 agosto 2017
“La più bella muraglia di roccia delle Alpi“
(D. Buzzati)
La conquista di una vetta oltre i 3000 metri, non può mai dirsi banale. L’arrivo sul Monte Civetta è stato il coronamento di un vecchio sogno. La fantasia, bizzarra e forse morbosa, di percorrere la ferrata con il maggior dislivello a me noto. Quasi mille metri di sola ascesa ferrata. Se ne esistono di più “alte”, dovrò assolutamente farle.
La Alleghesi è considerata una delle vie più belle delle Dolomiti e poi l’imponenza del Civetta è tutta nelle parole di Buzzati. Dalla cima sia ha una vista a trecentosessanta gradi sulla Moiazza, sulla Marmolada, sulle Tofane, sul Pelmo.
Giro estenuante, non tanto per le difficoltà tecniche della via, ma per la lunghezza di tutto il percorso. La partenza dal rifugio Coldai, la salita alla vetta, la discesa al rifugio Torrani ed il ritorno a Palfavera attraverso la via normale. Dieci ore intense, tempi di sosta esclusi. Un’infinità a ripensarci.
Avventura forte, massacrante, quasi mistica. Tra le più belle esperienze montane della mia vita. Ringrazio Simone per avermi accompagnato in questa fantastica impresa.
Il trekking delle mie radici
“Tutto quello che volevo era solo una collina dove sdraiarmi”
(W. Faulkner)
Son senz’altro bei posti. Non c’è niente di straordinario o di meraviglioso, ma camminare nel Parco dei Colli Euganei restituisce la stessa serenità che dava la risposta “clima mite e temperato” nelle interrogazioni di geografia delle medie. Queste zone rassicurano l’anima, come la cipolla nel soffritto, come l’orologio sul comodino, come la ghetta nelle scarpate innevate. Non so spiegare: il paesaggio non ha certo la verticalità delle Dolomiti o la pulizia delle colline toscane. Non ci vedi i pascoli degli Appennini, né l’orizzonte innevato che si scorge marciando sulle Prealpi. Però c’è un’armonia di fondo che lega il tutto e che fa stare bene. Le colline, mai troppo alte, sembrano montagne in mezzo alla pianura. L’edilizia delle borgate, mai particolarmente pittoresche, non stona affatto con la natura del territorio circostante. I boschi, scevri di prominenti aghifogli o di tronchi secolari, conservano comunque una bellezza ordinaria, ma al contempo autentica. Regna il silenzio, quasi ovunque. E mi piacciono questi posti, anche perché mio padre ci è nato. Sul monte Fasolo, a quasi 600 metri d’altitudine.
Il nostro trekking ha toccato buona parte del Sentiero di Sant’Antonio, il Monte della Madonna, ed il relativo Santuario, l’eremo di Sant’Antonio, la Rocca Pendice, il Monte Venda, il Monte Fasolo e il Monte Cinto. Ma anche Este, Arquà Petrarca e Monselice.
Annoto alcuni indirizzi gastronomici: Da Ezio a Teolo, l’Osteria Nova ad Este, La cucina del Petrarca ad Arquà, l’Osteria Mazzini a Monselice.
Ringrazio pubblicamente la gentilezza di Adriano Fortunati, che con entusiasmo ci ha omaggiato di un prezioso libro di sentieri.
Ferrata Marangoni
Quando sono in montagna ritrovo la pace dell’anima. Qui i pensieri e le ansie quotidiane si dissolvono e, nel silenzio dell’altezza, lo spirito pare ristorarsi. Per questo ho deciso ancora una volta di percorrere una ferrata da solo: perché é bello farlo e perché è giusto stare un po’ da soli con se stessi.
Giornata fantastica, che d’invernale ha avuto molto poco. Il 28 dicembre sul Monte Albano c’erano quasi venti gradi. La ferrata Marangoni è stata riaperta qualche anno fa, dopo un profondo restyling. Nonostante le troppe staffe, il percorso rimane abbastanza impegnativo, a causa della continua esposizione che obbliga ad usare molto le braccia. Inoltre la frequente percorrenza rende ogni appiglio liso, unto e poco servibile. Il risultato é una ferrata molto panoramica, tecnicamente nella media, intensa e piacevole. In un’ora e un quarto si salgono i 200 metri della parete a picco su Mori.
Mentre la percorrevo mi è balenata un’idea: quella di percorrerla in notturna, con pile e luna piena. Ovviamente, stavolta, in compagnia.
Insolito trekking
“L’Appennino è una montagna a dimensione umana: abitabile e abitato da così lungo tempo da essere, il lavorio dell’uomo nei secoli, parte sostanziale del paesaggio. Tanto geografia che storia. È nella civiltà dell’abitare, nella coltura che ne ha determinato la cultura, nel racconto, in tutto ciò che colgono i sensi, che risuona la presenza di chi ci ha preceduto”
(L.G. Ferretti)
Camminare sull’Appennino è innanzitutto silenzio, meditazione, ascesi mistica. Forse è per questo che questi luoghi sono attraversati dal Cammino Lungo di Sant’Antonio, che collega La Verna a Padova. La “vena del gesso” è un ambiente unico, fatto di ripide pareti rocciose, lunghi crinali, boschi e colline di creta. Qua è là qualche rudere ricorda che nel passato l’uomo ha avuto l’ardire di abitare questi luoghi aspri.
Le nostre giornate di trekking sono partite da Borgo Tossignano, nella valle del Santerno, in due fantastici percorsi ad anello. L’itinerario della “vena del gesso” parte dalla frazione di Tossignano e percorre la dorsale del gesso, tra boschi, doline e cristalli di gesso.
Il giro del Rio Mescola parte invece proprio da Borgo Tossignano e percorre tutto il crinale, sopra vertiginosi calanchi e lungo pittoresche dorsali erbose. Non è raro incontrare grossi pastori maremmani, che guidano da soli le greggi di pecore e mettono in guardia l’avventore da manovre avventate.
Da queste parti si mangia bene. Un indirizzo: il ristorante Fita, proprio a Borgo Tossignano.
Ferrate Roda di Vael e Masaré
“Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono,
altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi”
(W. Bonatti)
Le Dolomiti sono tra i posti più belli del mondo. O almeno di quella parte di mondo che ho visto io. La roccia che cambia colore col sole disegna paesaggi inverosimili. Qui le pareti imponenti lambiscono il cielo e quando ti avvicini, sembrano non finire mai.
Nei pressi del Catinaccio abbiamo percorso due ferrate. La prima, la Roda di Vael, prende il nome dell’omonima cima e rapidamente porta dal rifugio sottostante (2280 mt) alla vetta (2800 mt). Poco più di un sentiero attrezzato che però regala tratti bellissmi a ridosso della forcella e nel camino di discesa. Dalla cima il panorama è a trecentosessanta gradi: Sella, Marmolada, Latemar, Sasso Lungo.
La seconda ferrata, che si può compiere unitamente alla prima, è la Masarè. Tutta in cresta, in un saliscendi delizioso e appagante, è decisamente più impegnativa della prima. Non diventa mai difficile, ma riserva alcuni passaggi tecnici davvero molto belli.
Orgoglio nazionale
“In Italia i tifosi, e il tifo organizzato in particolare, hanno troppo potere”
(F. Capello)
Oltre alla splendida capigliatura di Fellaini, dell’esordio della nazionale agli europei ricorderemo senza dubbio lo spirito accanito dei nostri sostenitori, quel tifo indefesso che antepone la squadra azzurra ad ogni altra priorità della vita. Non parlo di ultras indemoniati allo stadio, né di animali da bar sopraffatti dalle birre medie. Parlo di organizzazione della vita in funzione dell’amata nazionale. Un esempio per tutti: all’Atac di Roma lo sciopero indetto per la mattina è stato spostato alle 20.30, con Italia-Belgio in programma alle 21.00. Nello stesso frangente le assenze per malattia sono state 406, contro una media di 150 negli altri giorni. Coincidenze. Ma quando è la patria che chiama, di esempi come questo l’Italia è piena zeppa. Orgoglio nazionale.
A rigor di tifo, in questo Europeo abbiamo già vinto.
Il Conte della serva
“È il campo quello che parla e da sportivo l’unica mia preoccupazione è trasferire questo pensiero ai calciatori”
(A. Conte)
Titoli a caratteri cubitali per il contratto firmato dal Ct Conte col Chelsea, e sbandierato con arroganza qualche settimana prima di portare la nazionale agli Europei. Un gentleman, direbbero a Londra.
I giornali però cincischiano sulla richiesta di sei anni di galera per il buon Antonio da parte della Procura di Cremona, relegando nelle pagine interne la scomoda notizia. Avrebbe avallato e dato il via libera alla combine su una partita del Siena, squadra di cui era l’osannato allenatore. Il massimo della sportività. Roba da allenatore dell’anno o da promozione in nazionale.
Il numero uno
“Non scampa, fra chi veste da parata, chi veste una risata”
(F. Guccini, Canzone di notte n. 2)
Sono contento che l’imbattibilità di Rossi sia stata superata da Buffon. E lo dico da milanista, sia chiaro.
Si parla impropriamente di “imbattibilità del portiere”, come se il merito di un record simile fosse appannaggio esclusivo dell’estremo difensore. Come se fosse solo grazie all’abilità del portiere e alle sue parate se una squadra incassa pochi gol. Ovviamente non è così e se il portiere non subisce reti è merito soprattutto dei suoi difensori e, più in generale, di tutta la sua squadra. È storia: quella difesa di Rossi era più forte di questa difesa di Buffon. Ma nel confronto tra portieri non c’è storia.
Se dunque ammettiamo l’assioma che il record d’imbattibilità appartiene al portiere, allora, in un certo senso, è giusto che a detenerlo sia il portiere italiano più forte di tutti i tempi. Complimenti.
Ferrata Susatti
“O Germania, pallida madre! Come t’hanno ridotta i tuoi figli, che tu in mezzo ai popoli sia o derisione o spavento!”
(B. Brecht)
Altra ferrata agile, compiuta in solitaria sulla Cima Capi, nei pressi di Biacesa. Pur nella sua semplicità il lungo percorso offre una splendida vista sul lago di Garda e sulle cime del Baldo. È la classica ferrata da tedeschi, facile e panoramica, lungo la quale è impossibile non imbattersi in lentissimi panzer abbigliati da Coppa Cobram e in vecchie carampane più attente al colore della calza che alla posizione dei propri moschettoni.
Vale la pena percorrere questa ferrata anche d’estate perchè il vicino Lago di Ledro è ottimo per un bagno ristoratore dopo la discesa.