Archive for category Cose di paese
Cara Santa Lucia…
Posted by Giullare in Cose di paese on 9 dicembre 2008
Una roba che proprio non sopporto di questo periodo pseudo-natalizio sono le lettere a Santa Lucia della Gazzetta di Mantova.
Insopportabili smancerie scritte dai genitori e firmate dai bambini, che per mesi impestano un intera pagina di quotidiano. Tutti vogliono in regalo la pace nel mondo. Bambini di 4 anni che si esprimono come un ordinario di letteratura antica. Lettere di richieste inviate anche quando Santa Lucia e Babbo Natale sono ritornati in letargo da settimane. Pur di vendere dieci copie in più ai parenti, in estasi mistica per la foto del fanciullo in bella mostra, si getta nel cesso la qualità (ammesso che ne esista una) del giornale.
Insostenibile.
La prima neve e i suoi eroi
Posted by Giullare in Cose di paese on 24 novembre 2008
Questa è una storia di epiche battaglie contro lo scorrere impetuoso del tempo e contro le sue irruenti manifestazioni. Buio, lampi e nevicate indomabili. Ma è anche la storia di eroi antichi, capaci di sconfiggere i draghi e di vincere l’incalzare barbaro dell’infausto fato.
Parto da casa stamane alle 6.15, contro il nevischio inatteso ed insistente, per prendere l’aereo a Villafranca. Dopo pochi chilometri mi accorgo che ho dimenticato il telefono a casa. Troppo tardi per tornare indietro: all’istante decido che il drammatico spettacolo dovrà andare avanti, e contemporaneamente anche snow must go on. Continuo sotto la tormenta ed approdo al parcheggio coperto del Catullo. Entro, parcheggio di prua la focus e recupero le armi e i bagagli. Appena chiudo, scopro di aver scordato anche il portafoglio. Con documenti, necessari al volo, e soldi, indispensabili per telefonare o per uscire dal parcheggio appena “acquistato”.
La scure della sorte si abbatte furiosa ed inebetito rifletto sul da farsi. Incredulità debordante. Il collega che mi aspetta potrà prestarmi cinque euro per riprendermi l’auto? Potrò telefonare all’azienda perché annulli l’annullabile?
Il collega tarda, nel frattempo cerco un telefono pubblico (non accadeva dall’annata 2000-2001 quando comunicai a casa il superamento dell’esame di Diritto Internazionale). Vagando senza successo tra gli ampi spazi delle “partenze”, mi accorgo, dopo aver gentilmente chiesto al personale preposto, che i telefoni pubblici qua non esistono più. E chi se ne era mai accorto? Rifletto sconsolato: alle volte basta un piccolo dettaglio (quel cellulare rimasto appeso al caricabatterie in salotto) per affondare un’intera settimana. Il check in è quasi in chiusura ed esamine mi rassegno all’irrimediabile sconfitta.
La svolta. Eccola, l’eroina dei due mondi. Tra valigie altissime, ombrelli gocciolanti, corre come un treno. Non si orienta, ma sa dove deve andare. La sommergono, ma lei affiora ogni volta di più. Ha gli occhiali coi cristalli di neve sopra, ma galoppa più veloce della tormenta stessa. Giubbotto pesante e pantofole rubate al riposo di un angusto lunedì mattina. È mia madre che mi si avvicina e mi fa: “Ma Silvio, ti sei dimenticato il portafoglio”.
Insuperabile.
Italia dei malori
Posted by Giullare in Cose di paese on 27 ottobre 2008
Mentre cammino quasi casualmente per il centro di Mantova, mi accorgo della raccolta di firme organizzata da Di Pietro e dai suoi seguaci contro il cosiddetto “Lodo Alfano”. Benché nutra poca fede in questo strumento, decido subito di firmare. Se non altro per una questione di principio e per tacere la mia insolente coscienza, che spesso insorge. Dopo aver dichiarato il comune d’appartenenza, mi si avvicina una signorina e si presenta: “Sono la segretaria provinciale dell’Italia dei Valori, sai che l’anno prossimo a Volta ci sono le elezioni comunali? Abbiamo bisogno di linfa fresca, di persone nuove. Hai voglia di impegnarti, oppure conosci qualcuno che potrebbe farlo”. Le spiego velocemente che con Di Pietro spartisco davvero poco (lei non la prende benissimo) e che le cose, in verità, non sono così semplici come crede lei. Le spiego anche che a Volta l’Italia dei Valori non prenderebbe nemmeno un voto e che l’unica possibilità che potrebbe avere è quella di allearsi con tutte le opposizioni già presenti (Pd, Lega, An). Un minestrone mai visto, come unica possibilità di antagonismo. Un discorso vecchio, che però mi sta molto a cuore e che spesso ho intavolato con gli amici più cari per dibattere serenamente di tecnica politica e, perché no, di equilibri di paese. Lei parla di ideali, io di machiavellici mezzi politici. Non le ho detto, ma forse avrei dovuto, che tentare di reclutare il primo che passa è indice di insana sofferenza e agonizzante malore.
Consapevole assenza
Posted by Giullare in Cose di paese on 26 settembre 2008
Poi nella vita ci si abitua a tutto:
al rumore e al silenzio che lacera,
al buio nudo, alla luce che acceca,
e alle persone e alle non persone.
Il lago si svuotò mentre chiusi gli occhi:
mai più il tuo pavido sorriso accorto,
lo sguardo schivo di assenso nel silenzio,
nessuna parola e nessun sottointeso.
Ma oggi le immagini si confondono:
scema la memoria delle nostre parole,
non ricordo quasi la voce né il senso,
si appannano i vetri dei nostri volti.
Rimangono lo spazio ed il tempo spenti:
solo la presenza di un’assenza cieca,
l’immortalità dell’inesistente,
solo scarna sicurezza di non esserci.
I destini del cursore
Posted by Giullare in Cose di paese on 21 agosto 2008
Diverte il giamaicano Bolt. Piacciono la sua invisibile potenza, la naturalezza dei suoi gesti, il sarcasmo della sua corsa. È l’antieroe che mancava da tempo, capace di spezzare il fastidioso dominio degli statunitensi altezzosi. Suscita simpatia.
L’altra sera, probabilmente mentre Bolt allenava i suoi muscoli e temprava il suo fisico, correndo tra le strade di campagna che s’aggrovigliano sui nostri colli, ho incrociato un ragazzo paralizzato, che percorreva il mio stesso percorso in senso inverso, montando una carrozzina.
Qualche anno fa, cadendo da un’impalcatura, si è rotto la spina dorsale e non si è più retto in piedi. Lo conosco a malapena di vista, non lo vedo da prima dell’incidente. Lo ricordo al bar, col bicchiere in mano e la parlantina veloce. Nulla più. Mai stato particolarmente simpatico, indifferente direi. Ma quando l’ho incrociato, mi è uscito spontaneo un saluto e mi è preso un groppo alla gola. Non pena, né stupida cortesia… ma un’inspiegabile empatia. Ho sentito l’istinto, forse sciocco, di salutarlo e sorridergli.
La banale osservazione su quanto ci si debba sentire fortunati in questi casi, ho a malapena il coraggio di scriverla. Però credetemi, quell’incontro fortuito nel fare jogging mi ha suscitato davvero una strana ed indicibile sensazione. Mi ha fatto pensare. Non so bene a che cosa, ma mi ha fatto pensare.
Granèra, granèrae
Posted by Giullare in Cose di paese on 5 agosto 2008
Dialogo sentito questa sera nella frazione Montagnoli, mentre correvo.
Scenario: davanti al cancello di casa, una famiglia contadina sta dialogando. Lui, settantenne col cappello di paglia si rivolge alla moglie, coetanea in abito a fiori. All’interno del cortile, la figlia.
Moglie: “Ancö è vegnì quela del Folletto”
Marito: “Cus’èl èl Folletto?”
Moglie: “Èl bagai de frigà ‘n tèra.”
Marito: “Cus’èl èl bagai de frigà ‘n tèra?”
Figlia: “L’aspirapolvere!”
Marito: “Ma se dai, la granèra de na olta!”
Adoro vivere in paese.
Il ricordo della Bigia
Posted by Giullare in Cose di paese on 3 agosto 2008
Conserverò a lungo un ricordo simpatico della nonna Bigia. Sempre seduta nel giardino di casa, a guardare le persone che passavano nel viale. Sempre più numerose a causa della viabilità modificata, e forse sempre più veloci per i suoi occhi ormai anziani.
Ho nel cuore, prima ancora che nella mente, il suo risotto ai quattro formaggi, cucinato la vigilia di Natale di quindici anni fa. Nell’edizione “0” del nostro Opus Day, fu lei a preparare il primo piatto. Ci mise tutta la fatica e l’orgoglio accumulati in più di novant’anni (allora) e impiegai diversi giorni per digerire la pesantezza del suo sforzo. Ma fu come un sottile passaggio di consegne culinarie, da una generazione all’altra. Dall’anno dopo, infatti, iniziammo con l’edizione numero “1”, a cucinare da soli.
La ricorderò seduta sulla sedia, con la coperta sulle ginocchia, a godersi il fresco dei castagni ed il riposo di una vita lunghissima. Centoquattro anni di storia di Volta… avrebbe potuto scrivere un’enciclopedia.
Negli anni in cui frequentavo assiduamente il Tui, mi recavo a casa sua e lei fungeva da efficace receptionist. Fissava intensamente la mia vespa e non appena spegnevo il motore, lapidaria mi liquidava: “Èl Marco èl gh’è mia”. Aveva uno sguardo lucido e sottile, di quelli che puntano lontano e non lasciano scappare nessun particolare. Trasmetteva un’idea di meritata tranquillità. Buon riposo, nonna Bigia.
Patrizi e plebei
Posted by Giullare in Cose di paese on 25 aprile 2008
A Volta Mantovana il 25 aprile si festeggia in due modi. Al termine della contrada di Sassello, alle pendici del paese, dove la collina lascia spazio agli avamposti della pianura padana, un manipolo di pensionati si ritrova all’alba ed accende un fuoco. Di buonora si possono gustare salsicce e costine, pancetta e polenta, tutte irrorate da vino sincero e senza pretese. I passanti occasionali e gli aficionados lasciano un contributo libero. Molti mangiano, bevono e se ne vanno senza nemmeno salutare. Non ci sono ingressi, né listini e a mezzogiorno tutti a casa. Da decine d’anni la “Festa dela careta” sopravvive solo col buonsenso degli ospiti e la buona volontà degli organizzatori.
Ma al fianco del castello, nel centro del paese e sulla sommità del colle, c’è un’altra festa. Da oggi apre la “Mostra nazionale dei vini passiti”. Volantini e pubblicità d’ogni sorta annunciano da settimane il lauto evento. Pagando un biglietto si accede al parterre della manifestazione, con bicchiere al collo e buono omaggio per un assaggio. Espositori d’ogni dove decantano i propri vini e le proprie origini, cercando di vendere un calice o chissà… magari una bottiglia. Il pubblico, numeroso, tocca da vicino quest’atmosfera di nobile raffinatezza.
Due modi opposti di concepire tradizione e turismo. Entrambi fanno vivere il paese.
L’anfiteatro morenico
Posted by Giullare in Cose di paese on 19 aprile 2008
È un istinto quasi irresistibile. Appena ho un attimo di tempo sento il desiderio irrefrenabile di godere un poco della bellezza delle nostre colline. Così salgo sulla vespa, e dopo un breve percorso per le vie del centro, mi lancio tra le campagne in fiore, sui crinali illuminati dal sole o nelle strette carrozzabili che collegano gli angoli più impensati e particolari. Altre volte decido di andare a correre, lasciandomi cullare dai profumi della primavera incombente, dal vento leggero o semplicemente dai pensieri che nella pace dei colli trovano spazio e decantazione: uno sfogo mite, un porto dove attraccare. Accade anche che inforchi la mountain bike, per vagare tra i campi e le dorsali, passando i radi boschi o magari costeggiando banalmente il fiume Mincio.
La zona delle colline moreniche, come molte altre del resto (si pensi alla Valpolicella, all’Appennino), è tra le più suggestive. E questo è uno dei periodi migliori per goderne appieno la bellezza. L’unico timore è che la follia edilizia degli ultimi anni non ci tolga anche questo sogno.
Se decenni addietro avessimo intrapreso politiche diverse, oggi ci troveremmo a cullare un territorio simile al Chianti, dove il Lago di Garda ammira compiaciuto l’anfiteatro morenico che lo domina alle spalle.
Il bimbo e il pappagallo
Posted by Giullare in Cose di paese on 21 marzo 2008
UN MESSAGGIO PER PAPA’
Sempre teso e preoccupato,
qualche volta un po’ arrabbiato,
tempo libero non hai
e non stiamo insieme mai;
poi la sera tu sei stanco,
posso solo starti accanto
e abbracciarti stretto stretto
sul divano o nel tuo letto!
Io con te vorrei giocare
Ma tu hai sempre da fare;
dai, su, fermati papà,
lascia tutto, vieni qua!
Senti il tuo telefonino:
chi ti chiama è il tuo bambino,
è il messaggio del mio cuore:
“Tu sei il papà migliore!”
Questa è la poesia che un bambino medio, diciamo un figlio di Bertagna, avrebbe dovuto imparare a memoria in occasione della Festa del Papà.
A parte il fatto che la situazione descritta come “tipica” dipinge una famiglia alquanto triste ed infelice, abbiamo dibattuto su quanto inutile sia imprimere nella mente questa “finzione”. Si diceva che ai nostri tempi, ce la cavavamo con un lavoretto o un disegno. Ma queste filastrocche da pappagallo ammaestrato proprio no!
Io ricordo di aver imparato a memoria poesie di Rodari, di Carducci o di Ungaretti, ma fesserie simili il mio maestro non le avrebbe neppure immaginate. Sarebbe troppo facile e gratuito denunciare l’inadeguatezza dell’attuale sistema dell’istruzione e dei moderni metodi educativi al paragone dei saggi dei nostri tempi. Altrettanto facile sarebbe concludere che i bambini di oggi sono quello che sono perché gli insegnanti sono quello che sono. Mi limito a dire che con un po’ di fantasia e buonsenso si potrebbe fare meglio. Se proprio dobbiamo ammaestrarli con le rime, almeno inculchiamo qualcosa di sensato.