Archive for category Cose di paese

Alla canna del gas

Chiedere l’allacciamento per la fornitura di gas metano è abbastanza semplice.

Occorre innanzitutto informarsi, chamando un ufficio o presentandosi allo sportello dello stesso. Se si prende una mattinata di permesso dal lavoro e ci si reca allo sportello nel normale orario d’ufficio, ma nel giorno sbagliato, tutto risulterà inutile. Occorre pertanto appuntarsi gli orari e ritornare nella giornata in cui l’ufficio è aperto (lunedì dalle 9.00 alle 11.00, mercoledì dalle 13.48 alle 16.34, giovedì dalle 10.10 alle 15.19, con pausa dalle 10.12 alle 15.18…). Al secondo tentativo, quando troverete l’ufficio aperto, l’impiegata, visibilmente scocciata dal vostro disturbo, vi dirà che dovrete presentare una domanda scritta ed inviarla via fax. Inviato il primo fax e trascorso un mese, dovrete contattare lo stesso ufficio, che vi dirà che il fax non è mai arrivato. A quel punto manderete un secondo fax. Dopo qualche giorno un operaio vi contatterà per un sopralluogo. Al primo appuntamento non si presenterà, ne fisserete insieme un secondo. Terminata l’ispezione, e trascorsa qualche settimana, vi verrà inviato un plico incomprensibile in cui potrete scorgere il preventivo di spesa. Dopo aver consultato i migliori legali della provincia, sarete costretti a recarvi nuovamente all’ufficio di cui sopra per una consulenza sul da farsi. Vi diranno di compilare l’allegato A, di compilare in triplice copia l’allegato B, di compilare la prima parte dell’allegato F e la seconda parte dell’allegato H, ma di non toccare assolutamente l’allegato R, né di leggere l’allegato K. Di conservare in cassaforte l’allegato N e di mettere in frigo due copie dell’allegato J insieme alla carta d’identità. Poi dovrete spedire tutto ad un indirizzo contenuto nella busta allegata (allegato N.1.2/F, da non confondere con l’allegato N.1.2/E, sennò si riparte dal “via”).

Confermato con il fax il preventivo di spesa, l’operaio si rimetterà in contatto per l’allacciamento alla rete. Sapendo già l’indirizzo della vostra abitazione, probabilmente non servirà accordarsi per un nuovo appuntamento. Eseguiti i lavori, vi verrà recapitata una fattura da pagare, ma senza indicazioni della modalità di pagamento (bollettino postale? Sì, ma a quale indirizzo? Bonifico? Ok, ma l’iban?). Manderete dunque un vostro parente a chiedere questo piccolo dettaglio al solito ufficio, che risponderà che è indispensabile parlare col titolare della nuova utenza, cioè con voi. Andrete dunque di persona allo sportello (ormai conoscerete bene gli orari d’apertura), portando con voi i soldi, ma vi daranno un bollettino prestampato unitamente al consiglio di effettuare il pagamento presso l’ufficio postale. Effettuato il pagamento in Posta, aspetterete che l’operaio ritorni a montare il contatore vero e proprio. Un mese, nessuna nuova. Stanchi della solerte impiegata, cercherete il numero verde del call center. Anche alle 3 di notte la voce automatica che vi ha letto per un quarto d’ora tutte le offerte, vi risponderà “gli operatori sono momentaneamente occupati. Si prega di non riagganciare per non perdere la priorità”. Dopo settimane di tentativi riuscirete a prendere la linea: “Buongiorno, sono Katia come posso aiutarla?”. Spiegherete che volete solo un cazzo di contatore e che avete già pagato 200 euro. Cadrà il collegamento. Riuscirete a riprendere la linea dopo un’altra settimana e rispiegherete la vostra storia ad una certa Luisa. Luisa vi dirà che vede la vostra pratica, ma che dovete ancora fare la “richiesta di contatore”. “La prego Luisa, mi dica come devo fare”, saranno le vostre laconiche parole. Dopo un quarto d’ora vi comunicherà che la richiesta la può fare direttamente lei. A quel punto vi spedirà una mail con qualche allegato da compilare e da rispedire ad un indirizzo cotenuto negli allegati stessi…

Tutto vero, mica balle. Adesso provo ad entrare nell’albo dei notai o a iscrivermi alla Massoneria. Al confronto sarà una passeggiata.

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È gratis, non entro

Ho accolto con piacere la proposta dell’Amministrazione di introdurre l’ingresso libero alla manifestazione A Volta per star bene. Da qualche anno, l’ingresso a pagamento mi sembrava troppo oneroso (5-6 euro + il costo del bicchiere), visto che in parecchi stand si paga anche la degustazione. L’entrata a pedaggio mi è sempre parsa un fattore disincentivante per i cittadini voltesi. Cioè per tutti coloro che non vedono la manifestazione come un evento in cui appagare la propria curiosità enologica, ma piuttosto come occasione di svago, di semplice passatempo. Meno addetti al settore, ma più compaesani.

Invece, paradossalmente, ho constatato che l’ingresso gratuito ha diminuito l’affluenza. Ciò è dovuto anche al fatto che gli stand presenti erano molti meno: il costo della manifestazione si è spostato dai visitatori agli espositori, e questi ultimi sono evidentemente diminuiti.

Però mi viene il dubbio che il voltese medio, generalmente restio alla partecipazione, si sia messo in testa che “ se non c’è da pagare, non vale la pena”. Male.

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L’Italia s’è Vespa

Pubblicità. Per chi capitasse a Mantova, segnalo la bella mostra fotografica di Paolo Ferri. Documenta il suo giro d’Italia in Vespa, da Mantova a Capo Passero e ritorno.

Al di là della mia stima e ammirazione per l’impresa del buon Paolino (della serie: quello che ho sempre voluto fare, ma che non ho mai trovato il coraggio di fare), gli scatti sono suggestivi e vale la pena dare un’occhiata, benchè lui non sia un fotografo. Anche chi non ama la Vespa, potrà appagarsi.

Al terzo piano della Feltrinelli di corso Umberto, fino al 20 novembre. Paolino mi perdonerà se gli rubo uno scatto. In fondo è pubblicità.

L'italia s'è Vespa

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Plagio agricolo

Sentita la canzone di Shakira, “Loca loca”? Nel ritornello, al di là dei testi che si trovano su internet, dice chiaramente “vaca, vaca loca”. Un vero e proprio plagio, peraltro già perpetrato da Manu Chao, nella sua “La vacaloca”.

L’originale infatti, appartiene a I dì ‘n dèl nas ed è stato scritto parecchi anni prima. Sarebbe bello intentare una causa.

“La vaca loca l’è scapada a Casalólt,
i dis èn giro: l’ha ga fat un sach de solc.
La s’è fada bionda e la fa na trasmisiù
con Pippo Baudo e la canta cun i Pooh

(I dì ‘n dèl nas – La vacca loca)

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L’alunno e il professore

Giovedì scorso sono stato invitato ad intervenire ad una conferenza sul dialetto mantovano, organizzata dall’associazione Ca’ Gioiosa di Mantova nella sala consiliare del nostro comune. Roba da accademici, per carità, ma serviva un piccolo contributo locale e non mi sono certo tirato indietro.

Il simposio è stato condotto dal professor Barozzi, esperto linguista mantovano, amante prima, e studioso poi, della glottologia e dei dialetti. Io mi sono limitato a leggere alcune filastrocche del mio libro, commentandole e sottolineando le peculiarità di ciascuna.

Prima di iniziare, il professore mi fa i complimenti per il mio libro, che giudica “un buon lavoro”. Cerco di spiegargli che la mia è solo passione dilettantistica, ben altro rispetto agli studi scientifici di cui parleremo a breve, ma la cosa non sembra affatto preoccuparlo. Durante la conferenza attinge anche dalle parole e dalle etimologie del mio libro, intercalando spesso le sue affermazioni con l’espressione “come dice anche il dottor Baù”. Questo tono sofistico mi crea qualche imbarazzo, ma è bello sentirsi al centro del congresso ed il disagio lascia presto il posto alla soddisfazione.

Prima un discorso generale sul dialetto, sulla sua importanza e sulla sua territorialità, poi una panoramica di interessanti etimologie e simpatici aneddoti.

Ci lasciamo con un’energica stretta di mano, che esprime alla perfezione la sua navigata esperienza e la mia banale fierezza.

Al termine, mi fermo un istante per autografare qualche libro. Una signora gentile mi si avvicina e mi dice: “Spero almeno che lei insegni da qualche parte”. “No signora, non insegno da nessuna parte. E d’altronde non sempre facciamo tutto quello che vorremmo fare, no?

 

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Il figlio

E c’è una madre senza un figlio
Senza un figlio da baciare.
Ora c’è un angelo nuovo in cielo
Un angelo nuovo da pregare

(I Luf – Mèi ros che néghèr)

Quattro anni… Sono solo un istante, per chi aspetta di attenuare il dolore di un figlio che non può più abbracciare.

Noi, amici semplici, non possiamo dimenticare. Ma la continue sfide della vita, i suoi improrogabili appuntamenti, ci impegnano la mente, ci chiedono attenzione e concentrazione, ci fanno andare avanti.

Penso invece a quella madre e a quel padre che tra le braccia non stringeranno più il proprio figlio. Solo a loro va il mio pensiero.

Poker d'assi - aprile 2006

 

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Dal meccanico

Si è bloccato il cambio della Vespa, guasto piuttosto insolito. Dopo aver verificato che non si sia rotto il filo (guasto piuttosto comune) ho deciso di sottoporla ad un esperto. Ieri il primo stato di avanzamento lavori.

Meccanico: “Non sono ancora riuscito a guardare la Vespa…”
Io: “Vabbè… quando ci guardi?”
Meccanico: “Penso domani. Lasciami il numero di telefono.” (nel frattempo prende un foglietto)
Io: “Te l’ho già dato. L’avevi scritto su un foglietto.”
Meccanico: “Se l’ho scritto su un foglietto, allora l’ho perso.”
Evito di dirgli che se lo scrive su un altro foglietto, potrà accadere che lo riperderà.
Io: “Ok, te lo ridò.” (Inizio a dettare) “Baù…”
Meccanico: “Cristiano vero?”
Io: “No, Silvio”
Meccanico (scrive): “Pau Silv…”
Io: “No, scusa, con la B”
Meccanico: “Ah…” (e scrive) “Pau SilBio”.

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Con le lattine, tutto scorre

Rotola, rotola, rotola,

strada facendo rotola,

gira, rimbalza e rotola

come il mio amore inutile

dove mai finirà

(G. Meccia – Il barattolo)

Si chiude ufficialmente oggi una fase della mia vita. Ho cercato fino all’ultimo di rimandare la questione, ma il mio era solo accanimento terapeutico.

Nell’ennesima ricerca di spazio domestico, ho fatto quello che mia madre mi dice di fare da almeno quindici anni. Ho eliminato l’intera collezione di lattine. Ho azzerato anni e anni di meticolosa custodia, quasi duemila pezzi, tutti diversi, ognuno con una storia particolare. Le prime lattine prese alle feste dell’Acr, poi quelle setacciate nei cestini di mezza Europa e i souvenir dai viaggi di amici e parenti. Le più belle, certamente sono quelle delle birre belghe e dell’edizione Coca-cola della Bundesliga; le più brutte rimangono quelle del te e delle birre del Lidl.

Le ho accartocciate una per una, per il gusto di vedermele ripassare tra le mani e per il dovere morale di assumermi in toto la paternità della loro morte. In pochi istanti ho ricordato le vacanze con gli amici, spese per riempire i sacchetti di barattoli da riportare a casa. Le vecchie Pepsi, le introvabili San Pellegrino azzurre, i pompelmo Misura e le indimenticabili One&One. Ma anche la celeberrima dr. Pepper, la Spezi e le acque minerali americane. Per ultima, ho schiacciato con le mani una IsoRiver, zuccheratissima bevanda tedesca fuori produzione da parecchi anni.

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Traviati

Dicono che la Traviata sia stata uno splendido spettacolo. Non ho partecipato per problemi dell’ultim’ora, ma era mia fervida intenzione assistervi. Fondamentalmente perché un evento simile era davvero la “prima a Volta”. E poi perché la musica classica in una serata d’estate, e in una cornice così suggestiva, ammaliano a prescindere. Ci sono stati, riferiscono, spiacevoli problemi nell’assegnazione dei posti e nella gestione delle file. Capita, soprattutto le prime volte, ma va comunque segnalato a chi si prende l’onere e l’onore di un’organizzazione come quella.

Il punto vero è un altro: può o meno un Comune di settemila abitanti permettersi di spendere 30.000€ per un evento del genere?

La spesa è tanta e sarebbe stato perlomeno opportuno cercare di rientrare un po’ col debito. È assurdo pensare che la vendita dei biglietti potesse, da sola, ripagare i costi. Ma aggiungere qualche migliaio di euro per pubblicizzare la serata attraverso agenzie specializzate non sarebbe stato male. Non si può pretendere che Voltapagina e la mail della biblioteca raggiungano chiunque. Per fare uno spettacolo “grande”, ci vuole la pubblicità “grande”. Altrimenti si rischia il buco nell’acqua.

Detto ciò, non è obbligatorio che un evento culturale debba ripagarsi da solo. Un Comune dovrebbe destinare parte delle proprie spese alla cultura e alle manifestazioni. Mediando e usando equilibrio, è ovvio. Non sperperando, né tentando l’avido guadagno, ma usando il semplice buonsenso.

Si può essere d’accordo o meno, ma la Traviata a Volta è stata un evento innovativo e di alta caratura. Discutibile nel contenuto, migliorabile nella forma. Certamente meglio degli insensati “Racconti di Moda”. No?

Traviati dalla Traviata

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Ciao Pina

La Pina ci ha lasciato stamattina, dopo un anno di tribolazioni ed inutili attese. Voleva solo arrivare al traguardo del matrimonio dell’Andrea, ma non ce l’ha fatta. Speravamo e forse ci siamo illusi, come quando il cuore non vuole fare i conti con la ragione.

Anche se ultimamente si era aggravata, lasciando intendere quello che sarebbe accaduto a breve, la sua scomparsa è di quelle che lasciano sbigottiti e stupefatti. Si sapeva, ma ugualmente non ci si dà pace. “Non mi sembra vero” è l’unico commento banale che mi viene in mente.

Per me è stata la madre di un amico carissimo, ma anche la “madre” di molti di noi. Ricordo la sua casa come un porto di mare e la sua ospitalità come un gesto naturale del suo essere “mamma”. Negli anni in cui bazzicavamo dal piazzale della chiesa alle case di ognuno, il suo soggiorno col tavolo rotondo era sempre pronto a riceverci ed ad accoglierci. Si è sempre fatta in quattro per il suo Andrea e per tutti noi, che vivevamo all’ombra. Si è sempre dannata l’anima per cucinare suntuosamente o solo per offrirci un rapido boccone.

L’ultimo bellissimo ricordo che ho di lei, è la sera della finale mondiale del 2006. Una cena a casa sua, così come era stato per la finale del ’94 e per altri mille appuntamenti sportivi. Poi la vittoria, i baci, gli abbracci e le immancabili battute.

La Pina era una donna di grande spirito e di innata verve. Aveva sempre l’ultima parola e anche oggi sicuramente risponderebbe con un sorriso beffardo al nostro malinconico “ciao”.

L'ultima foto scattata alla finale mondiale del 2006

 

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