Archive for category Attualità

Ombralonga 2008

Sono sempre stato contrario all’avvento delle donne all’Ombralonga. Tuttavia, devo ammettere che la partecipazione del manipolo voltese misto è risultata positiva. Ma si sa, gli estremismi spesso si mitigano e col tempo raggiungono un equilibrio insperato.
Tranquilli, come siamo stati sempre negli ultimi anni. È stata l’occasione per vagare in ludica spensieratezza per la città di Utòpia, città ideale. Da parte nostra non esagerazioni, ma regolato coinvolgimento e rispettabile “punteggio”.
Brindo in attesa della prossima edizione, sperando che il buonsenso permei sia gli organizzatori che i partecipanti.

Ombre.jpg

3 Commenti

Se ci muoviamo per niente

La proposta di Grillo di lanciare un’OPA sulle azioni Mediaset è davvero molto suggestiva. Si tratta ovviamente di una provocazione, ma l’idea di base è tutt’altro che infondata. In questo caso, il suggerimento di Grillo funge da input per intavolare un dibattito serio e per riflettere su un argomento che purtroppo non passa mai di moda. E va bene così.
In altre occasioni, invece, la provocazione è divenuta longa manus operativa. Alle parole sono seguiti i fatti. Mobilitazioni, proteste, ed anche di più. Ad esempio, delle migliaia di firme per indire i referendum che ne è stato?

Nessun commento

Le sbavature della new economy

Riunioni fiume, in cui mai si arriva alla foce. Logorroici figuri che ingarbugliano i discorsi e fingono di capire quanto dicono. Bell’imbusti imbalsamati che annuiscono ottusamente. Sono le riunioni d’alto livello, tra dirigenti onnipotenti, manovalnza ambiziosa e consulenti fantoccio. È l’apparato, o la parata, dei gaglioffi della new economy. Ho partecipato in poche occasioni a riunioni simili, ma mi è rimasto il segno.

Fanno a gara a chi sciorina l’inglese più alla moda, ma si scaccolano il naso quando parlano gli altri. Perché per fare l’analisi dell’ as is, si aspettano la work list. Mentre dal business plan evincono il to do ed il to be. Parlano a ruota libera di insourcing, management, middleware, magari con cravatte a righe su camicie a quadri. Dicono “plas”, ma non sanno affatto che prima di essere inglese il “plus” era latino e quindi sarebbe meglio chiamarlo come si scrive.

Si abbagliano a vicenda, ubriacandosi di inglesismi più o meno esistenti. Io li aspetto al varco quando ritornano a parlare in italiano. Così si scoprono le “decinaia”, il “sammi dire”, lo “spizzichi e bottoni”, la “ricerca ad ampio spettro” e la “mucca dalle uova d’oro”. E mentre ascolto divertito, prendo nota d’ogni sproloquio.

4 Commenti

Il solito pastrocchio all’italiana

Un’enorme presa in giro, ricca di fronzoli e accuratamente imbelletta. Prima sono state stravolte le leggi vigenti, per scorporare i debiti dell’Alitalia dal totale dell’azienda. Un creativo espediente per consentire al gruppo di amichetti di mettere le mani sulla parte buona della torta, mentre il rancido veniva gettato sotto il tavolo, ai rabbiosi cani comuni, noi, che digeriranno anche questa. Poi il fallimento dell’operazione per portare in tavola le fette.

Il governo, intento a proteggere gli amichetti, non si preoccupa affatto di cercare acquirenti alternativi, a parità di condizioni. Se Air France era disposta ad acquistare tutto quanto, è proprio folle pensare che avrebbe comprato anche due mesi dopo, quando è rimasta solo la parte buona della compagnia? E valutare un azionariato diffuso? Non se ne parla proprio.

L’opposizione, con Veltroni troppo impegnato a dipingere l’appartamento della figlia a Manhattan, timidamente guaisce: almeno avranno trovato l’accordo sul colore delle pareti?

Gli imprenditori obiettano: non era questo il succulento affare che era stato promesso.

I sindacati insorgono: mai dire sì.

Risultato: il CAI sarà sempre e solo il Club Alpino Italiano.

Nessun commento

Lehman, il destino è nel nome

Qualche anno fa, per me Lehman era soltanto un portiere tedesco, alto, biondo e inquietantemente scarso. Venne al Milan in uno dei tanti deliri della dirigenza rossonera, che ha la rara dote di scovare le mostruosità più inutili, negli angoli più disparati e disperati del pianeta. Doveva difendere la propria rete, ma il risultato fu tragicomico. Aveva le mani bucate, dicevano gli esperti. Riprese alla svelta il treno per Berlino e di lui rimane solo un amaro e sbiadito ricordo.

Oggi scopro che c’è un altro Lehman. Un altro gigante, americano stavolta. Lo chiamano Lehman Brothers, forse sarà bicefalo. A quanto si legge è addirittura più disastroso e catastrofico del primo. Pure lui doveva difendere la propria rete di clienti, ma l’esito è stato funesto. Grandi mani, bucate anche per lui.

Qua però, per arginarne gli sfaceli non basterà una nave diretta in America. Sono dell’ultim’ora le notizie di polizze assicurative garantite da obbligazioni Lehman e vendute dalle compagnie italiane a risparmiatori italiani. Una papera davvero mondiale.

3 Commenti

Festivaletteratura, bilancio personale

Il Festivaletteratura non lascia mai indifferenti. Ci sono i patiti del genere, quelli che fanno le code al botteghino, che conoscono quasi personalmente ogni autore del programma e che attendono con ansia l’avvento dell’evento. Malattia grave, ma diffusa.
Poi ci sono gli antisnob, quelli che si lasciano volentieri scivolare la manifestazione di dosso, con l’orgogliosa rivendicazione di un anticonformismo sincero, sostenendo che i Mantovani non possono scoprirsi tutti intellettuali da un giorno all’altro. Insomma, cenere eri, cenere diventerai: in du öt andàr?
La terza categoria, detta dei bighelloni, vaga senza meta tra una piazza e l’altra, bevendosi i caffè a sbafo, accedendo ai rinfreschi, fermandosi di volta in volta per 30-40 secondi, ma solo davanti agli eventi gratuiti. “E io, che riguardai, vidi una ’nsegna/ che girando correva tanto ratta, che d’ogne posa mi parea indegna;/ e dietro le venìa sì lunga tratta”. Inseguono la scia umana del pubblico, senza spunto alcuno: in folle tra la folla.
Personalmente mi piace partecipare a qualche singolo evento, ma adoro passeggiare tra la città che vive, come mai in altri periodi, della linfa briosa delle numerose persone. Ebbi già modo di affermarlo che Mantova acquista una luce diversa, più calorosa ed accogliente.

Corrado Augias incanta per la sua cultura ed il profilo dei suoi discorsi. Alle origini del Cristianesimo è una breve conferenza per pubblicizzare il nuovo filone dei suoi libri. Alto registro, ma pur sempre spudorata reclame.
Alla fine mi accosto per farmi firmare una copia di un suo saggio. Percepisco la mia eccitazione: non generata dalla presenza del personaggio famoso, ma piuttosto dalla soggezione di fronte alla sua sconfinata ed indicibile cultura.
Il suo nome?
Silvio”, rispondo con prontezza.
Silvio. Silvio è un nome…” (silenzio)
Attuale”, gli suggerisco io, nella speranza di conservare l’equilibrio e la pacatezza che avrebbe usato lui.
“Sì, diciamo attuale”, mi risponde con approvazione. L’equilibrato e diplomatico intellettuale mi sorride, mentre io mi sento per qualche secondo un paroliere improvvisato.

Carlo Lucarelli mi piace per il suo fare bonario ed intenso allo stesso tempo. Un giallista da rigatoni e sangiovese. Ammalia quando parla della sua scrittura e diverte quando racconta di sé. Purtroppo chi lo presenta, il pedante Dorfles (il professore di “Per un pugno di libri”), incalza con il suo noioso e pomposo umorismo. Nonostante ciò la serata scorre piacevole.

Mi delude alquanto il percorso all’alba della Mantova sottosopra. Un’idea geniale che dovrebbe accompagnare un manipolo di persone attraverso gli angoli nascosti della città. Cunicoli, cripte e sotterranei in cui perdersi e ritrovarsi al suono di musiche e rumori.
Peccato che all’alba il manipolo fossero circa quattrocento persone, tramortite e stordite dalle logorroiche spiegazioni. Troppa gente e troppa prolissità. Quattro ore per percorrere un percorso di pochi minuti? Avevo la labirintite, non per gli spazi angusti od intricati, ma per il frastuono delle interminabili spiegazioni.

Mi è andata bene almeno con le librerie di scambio. In luogo di un vecchio Armony di mia madre, ho trovato la guida alle Osterie d’Italia dell’anno scorso.

1 commento

Se si rompono i Maroni

Lo tacceranno di leghismo tremens, di integralismo padano, di accanimento celtico. Ma i provvedimenti di Maroni, benché strumentali, sono addirittura troppo morbidi.

Dietro il velo dell’interventismo western, stile “tolleranza zero”, qualcuno vede l’occasione utile per attaccare l’”altrostato” terrone, il casus belli per punire l’intemperanza del Sud.

Tuttavia, di fronte a tutto questo, io perdo ogni brandello di garantismo e assumo cappa e spada del forcaiolo più accanito. Se ai delinquenti della scorsa domenica non si assicura la durezza, e poi la certezza, della pena, non ne usciremo più. Ricettine e ricettacoli senza spessore non servono a niente. Almeno questo, la storia insegna.

Nessun commento

Il solito male internazionale

Il male affonda le radici al termine degli anni ottanta, nel periodo di smembramento e disgregazione dell’Unione Sovietica. All’epoca, la regione dell’Ossezia venne divisa in due province: quella settentrionale sotto l’egida della Russia, quella meridionale destinata a gravitare nell’orbita della Georgia. Proprio l’indipendenza dello stato georgiano, dichiarata nel ’91, segnò la fine dell’autonomia della provincia meridionale, dando di fatto inizio ad un conflitto ancora in atto. Da una parte Osseti del sud, usurpati dell’autonomia e desiderosi di riabbracciare la madre Russa e da essa fomentati, dall’altra i Georgiani, con l’occhio aperto ad occidente e desiderosi di rosicchiare alla Russia anche i territori osseti. Grandi apparati d’armi, con l’Occidente e la Nato a sostenere la causa Georgiana, e l’ex Unione Sovietica ad armare i territori indipendentisti. Attori diversi, quasi povere comparse, a recitare il copione della Guerra Fredda plasmato dagli stessi registi di sempre, USA e URSS. Colpi di stato, accuse incrociate, isolati ed inconsistenti appelli alla pace, ma soprattutto tanti morti.
Gli scontri di questi giorni in Ossezia spingono pedantemente alla solita, scontata, riflessione. Quella della comunità internazionale che non c’è e che non vuole esserci. Organismi che dovrebbero vigilare ed agire in nome del bene comune e ispirarsi attraverso i criteri della democrazia. Quei criteri della serie: se la maggior parte del mondo dice che non dovete fare la guerra, la guerra non la fate. Invece i controllori sono chiamati a controllare se stessi ed il resto dei passeggeri se ne sta volentieri in silenzio. Vicolo cieco.

1 commento

Il Divo

Film bellissimo. Se interessa l’argomento, non perdetelo. Racconta l’architettura e gli equilibri della corrente adreottiana della DC che, come un sistema solare matematicamente perfetto, gravitava attorno al fulgido pianeta del Divo Giulio. Pillole della storia italiana raccolte in un puzzle di ironia e bel cinema. Sorrentino sembra Tarantino, e non è un gioco di parole: scene al rallentatore, fotografia che da sola vale il biglietto, musiche originali e piacevolissime. Tanta ironia, ispirata dal reale sarcasmo di Andreotti, e tanta riflessione. Due ore che raccolgono tutto: il rapporto tra il bene ed il male, quello tra la purezza sacra e la malvagità profana; l’amicizia, la fedeltà, l’onore, il potere.

Nessun commento

I contribuenti della privacy

Trincerarsi dietro la tutela della privacy, sempre e comunque, è diventata la pura ipocrisia di un paese allo sbando. Appellarsi in ogni situazione al diritto di riservatezza, ed al relativo garante, è ormai lo sport nazionale, utile a nascondere sotto il tappeto polveroso le magagne e le colpevoli mancanze di un sistema infermo.
La pubblicazione delle denunce dei redditi fa torcere il naso a chi è in malafede. Chi non ha scheletri nell’armadio, chi denuncia ogni quisquiglia, perché mai dovrebbe temere la divulgazione delle notizie? Pettegoli e gli strumentalizzatori andranno a nozze, ma se tutto è alla luce del sole… qual è il problema? Inoltre il monito della pubblica piazza dovrebbe incentivare l’evasore a mettersi in regola, per non essere screditato dalla pubblica opinione, in vece dello Stato ormai distratto e troppo permissivo.
Dispiace che anche Grillo sia saltato dietro il paravento delle privacy, adducendo che gli elenchi diventeranno una “lista della spesa” per le organizzazioni criminali. Come se i rapitori avessero bisogno di internet per trovare le proprie prede. Il buon Beppe questa volta ha toppato. Speriamo in buonafede.

2 Commenti