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Il ritorno del Savoia
Rubo un passo di un blog che mi è stato segnalato oggi, perchè è fantastico…
“Prima di tirarsi il colpo fatale, Luigi Tenco scrisse su un biglietto: «Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io tu e le rose” in finale». E poi aggiunse: «Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno». Era il 1967.
Quarantatre anni dopo in finale c’è andato Emanuele Filiberto – rischiando pure di vincere. Povero Luigi“.
(dal blog miciomannaro)
L’ultima danza
“Prendi il cielo con le mani
vola in alto più degli aeroplani
non fermarti, sono pochi gli anni,
forse sono solo giorni
e stan finendo tutti in fretta
e in fila non ce n’è uno che ritorni
Allora balla non aver paura
se la notte è fredda e scura”
(L. Dalla – Balla, balla ballerino)
La morte di Ballerini mi inquieta alquanto. Il fatto che uno trascorra la sua vita in bicicletta, vinca delle Parigi-Roubaix senza mettersi nemmeno il casco e poi muoia in un incidente d’auto durante una gara di rally è alquanto bizzarro. Sarebbe comico, se non ci fosse di mezzo la morte. Invece è tragicamente desolante.
Dio superiore che decide per noi? Destino già segnato? Grottesca fatalità? Boh.
È senz’altro la dimostrazione che puoi apparecchiare la tua vita come vuoi, con tutti i fronzoli e i particolari ponderati; poi arriva un dettaglio qualsiasi e il tavolo salta per aria.
Dice Coelho che “un granello di sabbia rispecchia la meraviglia dell’universo”.
Io di fronte a queste cose mi sento assolutamente infinitesimale ed inutile.
Ma qual Avatar?
Andate a vedervi il film italiano “La prima cosa bella”. Due ore che scivolano veloci, con una storia tutto sommato ordinaria, ma asciutta e carica di passioni. Il solito Virzì, con qualche sbavatura cronologica (non tutti gli attori sono azzeccati), ma con tantissima carica emotiva. Anche un’ottima fotografia. E poi una colonna sonora da Oscar: su tutte, la canzone Eternità dei Camaleonti. Spesso le cose semplici sono le migliori.
Dalla Manifestazione alla fiera
Epifania significa Manifestazione.
Ieri, trovandomi a Roma, ho percorso quei solchi di piazza Navona che tagliano le folle di gente e che raggiungono il massimo della celebrità proprio nella data del 6 gennaio.
Tra le fontane del Bernini e l’arte di Borromini, la meravigliosa piazza ospita sfacciatamente centinaia di bancarelle. Dalle frittelle fritte dei pakistani ai peluche made in china. Dalle caramelle multicolor ai trionfi della plastica.
Non ho visto alcuna tipicità del luogo, non c’erano prodotti enogastromici esclusivi e neppure l’artigianato locale. Solo chincaglierie dozzinali e tanta asiaticità.
Né più né meno delle bancarelle del Te per Sant’Anselmo o di quelle di Santa Lucia a Verona, intendiamoci. Fossi un sindaco, emanerei un’ordinanza che vincola la qualità dei prodotti esposti e che restringe le tipologie di merce in mostra, facendo riferimento alle peculiarità del territorio.
Così l’Epifania da Manifestazione è diventata una fiera.
Buon Natale?
Odio le mail estese ed impersonali che mi augurano Buon Natale. Così come odio gli sms stile “inoltra a tutti” che mi inondano il 25 dicembre ed il 1 gennaio. Riflettendo sull’inutilità del 90% degli auguri di Natale, ho riscovato questo racconto di Dino Buzzati.
Nel paradiso degli animali l’anima del somarello chiese all’anima del bue:- Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna e là, nella mangiatoia…?
– Lasciami pensare… Ma sì – rispose il bue. – Nella mangiatoia, se ben ricordo, c’era un bambino appena nato.
– Bravo. E da allora sapresti immaginare quanti anni sono passati? – Eh no, figurati. Con la memoria da bue che mi ritrovo.
– Millenovecentosettanta, esattamente.
– Accidenti!
– E a proposito, lo sai chi era quel bambino?
– Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio, se non sbaglio. Certo, era un bellissimo bambino.
L’asinello sussurrò qualche cosa in un orecchio al bue.
Ma no! – fece costui – Sul serio? Vorrai scherzare spero.
– La verità. Lo giuro. Del resto io l’avevo capito subito…
– Io no – confessò il bue – Si vede che tu sei più intelligente. A me non aveva neppure sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi, era un fantolino straordinario.
– Bene, da allora gli uomini ogni hanno fanno grande festa per l’anniversario della nascita. Per loro è la giornata più bella. Tu li vedessi. È il tempo della serenità, della dolcezza, del riposo dell’animo, della pace, delle gioie famigliari, del volersi bene. Perfino i manigoldi diventano buoni come agnelli. Lo chiamano Natale. Anzi, mi viene un’idea. Già che siamo in argomento, perché non andiamo a dare un’occhiata?
– Dove?
– Giù sulla terra, no!
– Ci sei già stato?
– Ogni anno, o quasi, faccio una scappata. Ho un lasciapassare speciale. Te lo puoi fare dare anche tu. Dopotutto, qualche piccola benemerenza possiamo vantarla, noi due.
– Per via di aver scaldato il bimbo col fiato?
– Su, vieni, se non vuoi perdere il meglio. Oggi è la Vigilia.
– E il lasciapassare per me?
– Ho un cugino all’ufficio passaporti.
Il lasciapassare fu concesso. Partirono. Lievi lievi, come mammiferi disincarnati. Planarono sulla terra, adocchiarono un lume; vi puntarono sopra. Il lume era una grandissima città. Ed ecco il somarello e il bue aggirarsi per le vie del centro. Trattandosi di spiriti, automobili e tram gli passavano attraverso senza danno, e alla loro volta le due bestie passavano attraverso i muri come se fossero fatti d’aria. Così potevano vedere bene tutto quanto.
Era uno spettacolo impressionante, mille lumi, le vetrine, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili, e il vertiginoso formicolio della gente che andava e veniva, entrava e usciva, tutti carichi di pacchi e pacchetti, con un’espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. Il somarello sembrava divertito. Il bue si guardava intorno con spavento.
– Senti, amico: mi avevi detto che mi portavi a vedere il Natale. Ma devi esserti sbagliato. Qui stanno facendo la guerra.
– Ma non vedi come sono tutti contenti?
– Contenti? A me sembrano dei pazzi.
– Perché tu sei un provinciale, caro il mio bue. Tu non sei pratico degli uomini moderni, tutto qui. Per sentirsi felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi.
Per togliersi da quella confusione, il bue, valendosi della sua natura di spirito, fece una svolazzatina e si fermò a curiosare a una finestra del decimo piano. E l’asinello, gentilmente, dietro.
Videro una stanza riccamente ammobiliata e nella stanza, seduta ad un tavolo, una signora molto preoccupata.
Alla sua sinistra, sul tavolo, un cumulo alto mezzo metro di carte e cartoncini colorati, alla sua destra una pila di cartoncini bianchi. Con l’evidente assillo di non perdere un minuto, la signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati lo esaminava un istante poi consultava grossi volumi, subito scriveva su uno dei cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta, chiudeva la busta quindi prendeva dal mucchio di destra un altro cartoncino e ricominciava la manovra. Quanto tempo ci vorrà a smaltirlo? La sciagurata ansimava.
– La pagheranno, bene, immagino, – fece il bue – per un lavoro simile.
– Sei ingenuo, amico mio. Questa è una signora ricchissima e della migliore società.
– E allora perché si sta massacrando così?
– Non si massacra. Sta rispondendo ai biglietti di auguri.
– Auguri? E a che cosa servono?
– Niente. Zero. Ma chissà come, gli uomini ne hanno una mania.
Si affacciarono, più in là, a un’altra finestra. Anche qui, gente che, trafelava, scriveva biglietti su biglietti, la fronte imperlata di sudore.
Dovunque le bestie guardassero, ecco uomini e donne fare pacchi, preparare buste, correre al telefono, spostarsi fulmineamente da una stanza all’altra portando spaghi, nastri, carte, pendagli e intanto entravano giovani inservienti con la faccia devastata portando altri pacchi, altri scatole altri fiori altri mucchi di auguri. E tutto era precipitazione ansia fastidio confusione e una terribile fatica. Dappertutto lo stesso spettacolo. Andare e venire, comprare e impaccare spedire e ricevere imballare e sballare chiamare e rispondere e tutti correvano tutti ansimavano con il terrore di non fare in tempo e qualcuno crollava boccheggiando.
– Mi avevi detto – osservò il bue – che era la festa della serenità, della pace.
– Già – rispose l’asinello. – Una volta infatti era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno, sarà questione della società dei consumi… Li ha morsi una misteriosa tarantola. Ascoltali, ascoltali.
Il bue tese le orecchie.
Per le strade nei negozi negli uffici nelle fabbriche uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi come automi delle monotone formule buon Natale auguri auguri a lei grazie altrettanto auguri buon Natale. Un brusio che riempiva la città.
– Ma ci credono? – chiese il bue – Lo dicono sul serio? Vogliono davvero tanto bene al prossimo?
L’asinello tacque.
– E se ci ritirassimo un poco in disparte? – suggerì il bovino. – Ho ormai la testa che è un pallone… Sei proprio sicuro che non sono usciti tutti matti?
– No, no. È semplicemente Natale.
– Ce n’è troppo, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino. Era freddo anche lì, eppure c’era una pace, una soddisfazione. Come era diverso.
– E quelle zampogne lontane che si sentivano appena appena.
– E sul tetto, ti ricordi, come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.
– Uccelli? Testone che non sei altro. Angeli erano.
– E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle hanno una vita lunga.
– Ho idea di no – disse l’asino – c’è poca aria di stelle, qui. Alzarono il muso a guardare, e infatti non si vedeva niente, sulla città c’era un soffitto di caligine e di smog.
A proposito: Buon Natale a tutti!
Estradizione et similia
“Se fossimo simpatici uno all’altra,
saremmo specchi opposti riflessi,
limpidi e inebetiti tra se stessi”
(L. Battisti, Specchi opposti)
Pronta l’estradizione di Battisti.
A parte che come Michele Mari insegna, se venisse estradato Battisti, andrebbe trattato allo stesso modo anche Mogol…
Comunque, si tratta senza dubbio di un grande complotto e in realtà Cesare Battisti è stato estradato da tempo e gli è stato affidato anche un alto incarico come Governatore della Banca d’Italia, ovviamente sotto mentite spoglie.
Ammetto di avere la manìa delle somiglianze, ma questa non è clamorosa?
Fallimento annunciato oltremisura
In un mondo dove metà emisfero muore perché mangia troppo e l’altra metà perché mangia troppo poco, il vertice FAO all’acqua di rose lascia esattamente il tempo che trova.
In molti hanno lamentato l’assenza di risoluzioni “importanti” e di concreti impegni solenni da parte degli addetti ai lavori. L’aggravante sta nelle parole e negli appelli a “fare di più”, profusi e scialacquati da tutti i governanti, papa compreso. Rimane da capire (a loro) CHI deve fare di più. Mah… chi sarà mai? Si facciano la domanda e si diano la risposta.
Le corriere con le ali
La Ryanair metterà in vendita sui propri voli sigarette “finte”, capaci di replicare l’assunzione di nicotina da parte del passeggero fumatore. Forma ed aspetto identici alle sigarette tradizionali, ma niente fumo. L’operazione di marketing dovrebbe invogliare il popolo degli accaniti fumatori a prendere l’aereo più spesso. Aerei più pieni, uguale biglietti meno cari?
Ad un salone del design, una società inglese ha presentato tempo addietro il progetto per interni di aerei arredati come autobus. Qualche sgabello e molti posti in piedi. L’idea è ovviamente quella di imbarcare più passeggeri.
Aerei come treni, sempre più frequenti, sempre più frequentati. Aerei come autobus, per raggiungere anche le mete più vicine. Il futuro è questo.
Se le conseguenze di tutto ciò saranno la concorrenza e l’abbattimento dei costi, a me pare un’idea straordinaria.
Finora ho dato prova di essere un buon “animale da Ryan”, ho studiato e sperimentato tutte le strategie per arrivare a prendere i posti migliori. Ma ora, se mi sale la vecchietta sarò costretto a cedere il posto?
Dio è morto, ma in nome dell’uguaglianza
“…l’ ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto”
(F. Guccini – Dio è morto)
Ci siamo battuti per l’uguaglianza dei sessi e abbiamo ottenuto, tra le altre cose, mogli che lavorano, ma mamme assenti.
Ci siamo battuti per l’uguaglianza dei censi e abbiamo ottenuto, tra le altre cose, poveracci che rincorrono milioni di gratta e vinci (e viceversa).
Ci siamo battuti per l’uguaglianza dei popoli e abbiamo ottenuto, tra le altre cose, la globalizzazione.
Ci siamo battuti per l’uguaglianza delle religioni e abbiamo ottenuto, tra le altre cose, la rimozione dei crocifissi.
Di cosa ci stupiamo, oggi, se l’Europa ci chiede di levare il crocifisso dalla aule? Perchè piangiamo la morte della nostra religione? Predichiamo l’uguaglianza, ma appena ci uniformano… a te sospiriamo (oh, Europa!) gementi e piangenti.
È l’ipocrisia di chi proclama i grandi valori, solo finché non intaccano il privilegio proprio.
Non credo nell’uguaglianza, perché esistono ed esisteranno sempre i ricchi e i poveri, i privilegiati ed i perseguitati, i colti e gli ignoranti, le guardie e i ladri, i buoni e i cattivi.
Delle due l’una: o accettiamo che lo Stato laico consideri tutti allo stesso modo, oppure manteniamo le eccezioni e la smettiamo di proclamarci “uguali tra gli uguali”.
Niente da dichiarare
“Ai pé dela muntagna gh’è ‘n quaièt,
ai tempi del Far Uèst, tra sfrusadù e burlanda,
passàvèn sach de iuta e sigarètt.”
Ai piedi della montagna c’è una piccola rupe,
ai tempi del Far West, tra contrabbandieri e finanzieri,
passavano sacchi di juta e sigarette
(Davide Van De Sfroos – La ballata del Cimino)
Questa sera all’aeroporto di Villafranca i bagagli di un volo proveniente dall’Europa dell’est venivano pedissequamente analizzati ai controlli di sicurezza. Un solerte finanziere interrogava con tono severo i viaggiatori perplessi. A tutti la stessa domanda: “Niente da dichiarare? Sigarette, alcolici?”. Poi verificava il contenuto dei bagagli al metal detector e, all’occorrenza, frugando qua e là tra camicie e mutande.
Mi ha fatto sorridere pensare che al loro posto sarei stato tentato di rispondere: “niente sigarette e niente alcolici. Solo qualche milione di euro da rimpatriare per lo scudo fiscale”. Tutto in regola, no?
Niente da dichiarare. E purtroppo anche niente da ridere.