Ho sempre letto le rinunce della Quaresima non tanto come sudati dettami religiosi da seguire, quanto piuttosto come una patrimonio di tradizioni da preservare. Costumi culturali che raccontano la nostra storia, con lo stesso valore della ricetta dei capunsèi o dei proverbi del nonno.
Ricordo, da piccolo, una disquisizione filosofica con mia madre. Strenua sostenitrice del “mangiar di magro”, fu messa in crisi dal giovane figlio che le poneva l’insidioso quesito “se fosse meglio un’abbuffata di aragosta che un tocco di pane raffermo insaporito da una fetta di salame?”.
Il significato religioso (nell’anno Domini 2007) sta nel valore della rinuncia in sé, non nella prescrizione del digiuno e della rinuncia alle carni.
È per queste premesse che ho sempre aderito ai precetti con spirito libero. I bigoli con le sardelle o il cuspetù sono sempre stati per me un ritorno alla tradizione, non una flagellazione corporale. Nessun sacrificio insomma.
L’occasione della Quaresima può essere però la sfida alla forza di spirito di ognuno. Mi sono auto-ordinato (mai mi accadde nella storia) una rinuncia forzata e sofferta col solo ed unico scopo di verificare la mia forza di volontà. Semplicemente come un vecchio stoico, mi sono imposto dei severi limiti da non oltrepassare. Nessun voto, nessuna sacra ispirazione. Solo il gusto di sfidare me stesso al fine ultimo di premiare il vincitore.
Quaresima, tra finte rinunce e sfide personali
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#1 by giandan at 25 febbraio 2007
Come sta andando?