Ho letto integralmente (e lo sconsiglio a chiunque non abbia parecchio tempo a disposizione) il discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. L’ho fatto per capire, senza condizionamenti o filtri mediatici, quale fossero le reali parole pronunciate dalla bocca del Pontefice e quale fosse il senso generale del suo discorso. L’ho fatto per verificare se palesemente, o almeno tra le righe, vi si potesse scorgere un attacco all’Islam e alla dignità degli islamici.
Il lunghissimo intervento è una dissertazione filosofica piuttosto complessa sull’eterno rapporto tra religione e ragione. Con mille ragionamenti, sviluppati e condotti in una giungla di tesi ed antitesi, Razinger arriva alla conclusione della necessità del dialogo razionale tra le religioni, giacché la “non ragione” è di per sé contraria alla natura divina.
L’ampia esposizione utilizza come espediente introduttivo la richiesta, contenuta in una testo medioevale, fatta dall’imperatore bizantino Manuele II ad un erudito persiano: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Egli premette che la frase appartiene ad un resoconto di parte, ovvero avverte l’ascoltatore che il testo in questione non si preoccupa di raccogliere le osservazioni del persiano. È tuttavia uno spunto per iniziare un dissertazione sulla necessità di contemplare la ragione tra le prerogative della cultura religiosa.
Ora, la reazione del mondo islamico per le parole del Papa appare evidentemente non sproporzionata, ma addirittura insensata. Non vi è nessun attacco, trattandosi di una semplice citazione (peraltro efficacemente illustrata) necessaria ad aprire una conferenza riguardante tutt’altro concetto. Vi è di più. Il lungo ragionamento che sfocia nell’appello al dialogo interreligioso dovrebbe far intendere il contrario: non un attacco, bensì il riconoscimento dell’importanza del dialogo stesso e la disponibilità a parteciparvi.
L’Islam ha bisogno di pretesti, è chiaro. Ma cucirsi la bocca per non offrire il fianco, o rettificare ogni parola contestata, non può essere la soluzione al problema. Se poi un pontefice deve giungere a giustificare quello che “non ha detto”, è chiaro che il limite della ragionevolezza è stato abbondantemente oltrepassato. È se le parole di Razinger suonano come un affronto, una mancanza di rispetto alla fede musulmana, che dire delle uccisioni e del terrore seminato dall’altra parte? Si tratta forse di un atteggiamento congruo o quantomeno di una reazione commisurata?
Continuerò a dirlo: la soluzione può venire solo dall’Islam stesso, poiché il dialogo si fa in due. Se uno dei due interlocutori non vuole conversare, il secondo potrà sforzarsi fino allo strenuo delle forze, ma resterà per sempre a parlare da solo.
La ragione della religione
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