È difficile non pronunciarsi sulla vicenda di Eluana Englaro. Bombardati dalle informazioni dei media, ci troviamo (o forse “mi trovo”) a commentare argomenti scelti da altre fonti. Sarebbe stupido, d’altro canto, sottrarsi pregiudizialmente al dibattito. Di questo si parla, di questo parlo.
Ancora più difficile, tuttavia, è scegliere giudiziosamente la parte in cui schierarsi. Sposo la concezione della sacralità della esistenza, degli inni alla vita, delle belle parole sulla nobiltà dell’essere umano. Ma come biasimare un padre stremato e straziato dalle estenuanti sofferenze e dagli angoscianti patimenti della figlia? Con che diritto si può negargli una decisione tanto sofferta?
Possiamo davvero esprimere un parere definitivo, senza aver toccato col cuore quello che è accaduto a lui?
Diritto di scelta
- Ancora nessun trackback
#1 by Erica at 19 novembre 2008
Il padre di Eluana Englaro si è sempre battuto per far rispettare la volontà della figlia.
Lei non avrebbe voluto un accanimento terapeutico.
Non avrebbe voluto vivere in stato vegetativo.
Il padre questo lo sa bene perché Eluana si era espressa chiaramente quando un amico era finito in coma vegetativo. Quindi non si tratta di stabilire se è giusto o sbagliato staccare le macchine che permettono a Eluana di alimentarsi e di idratarsi, ma si tratta di far rispettare la volontà di una persona che si trova nella condizione di incapacità di esprimersi.
La questione, però, è assai complicata perché Eluana non aveva scritto un testamento biologico. E comunque, anche se lo avesse fatto, poiché la legge italiana non ha ancora sancito la validità di questo documento, la battaglia medico-legale portata avanti dal padre di Eluana non sarebbe stata
facile e breve.
Non capisco perché la legislazione italiana non riconosca la validità del testamento biologico, semplificherebbe così la vita a medici e famigliari.