Obama doveva vincere. Innanzitutto perché dopo gli anni della tragica amministrazione Bush, urgeva non solo un cambiamento, ma un cambiamento radicale. Poi perché le carte del candidato democratico, al cospetto di quelle del repubblicano, erano ineludibilmente migliori. Tra tutte, sono state determinanti la sua verde età e l’enormità dei fondi di cui ha goduto per la campagna elettorale: mai un candidato alla Casa Bianca aveva ricevuto tanti dollaroni.
Giusto così e bene così. Se è vero, come è vero, che gli Stati Uniti ed il mondo intero necessitano di un nuovo afflato, Obama è il concorrente che offre più credenziali e più garanzie. Più di McCain e anche più della stagionata Hillary Clinton.
Tra le sfide che lo attendono e le aspettative che dovrà sedare, ne sottolineo una. Vedremo se riuscirà ad invertire anche la rotta della sudditanza con le grandi lobby industriali americane. Quelle che pagano le campagne elettorali e sostengono economicamente i bisogni della politica stelleestrisce. Quelle che evidentemente non fanno nulla per nulla. Saprà il Presidente Usa cavalcare il buosenso e dire no alle industrie che sovvenzionano la guerra, a quelle che generano la fame e a quelle che inquinano il pianeta?
Per il resto, ha ragione Di Pietro (in questo periodo molto in voga su questo blog): non possiamo pensare che Obama risolverà i mali dell’Italia.