Impazza la querelle sul divismo del premier, ovvero sul suo protagonismo mediatico, sulle intercettazioni piccanti, sulle raccomandazioni di show girl e palinsesti, sulle sue partecipazioni ai dibattiti televisivi… La rinuncia a Matrix, l’appello contro la gogna del pettegolezzo che offusca le buone cose regime, l’invito a valutare il governo sui fatti, non sulle chiacchiere da copertina rosa. Ha ragione il Cavaliere, in un certo senso, quando lancia il monito contro la chiacchiera da palazzo, contro cioè quell’abitudine di puntare l’indice sul malcostume della classe politica che poco c’azzecca con la pubblica funzione. È questa una consuetudine, forse tutta italiana, di appassionarsi più al gossip tout court che al bene pubblico. Di entusiasmarsi per il vaniloquio rosa più che per l’effettiva mala amministrazione e mala politica infuse nel paese. È paradossale, ma agli italiani sembra interessare di più l’ipotesi di un flirt tra Berlusconi e la Garfagna, che l’uso sistematico dei decreti legge, in procinto di spianare la strada ai privilegi e alle impunità. Ora, come allora e più di allora, ci meritiamo il governo che abbiamo. Italia in rosso, italiani in rosa.
Italia in rosso, italiani in rosa
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