Caccia all’untore


Gli animi, sempre più amareggiati dalla presenza de’ mali, irritati dall’insistenza del pericolo, abbracciavano più volentieri quella credenza: ché la collera aspira a punire: le piace più d’attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi

(A. Manzoni, I promessi sposi – cap. XXXII)

 

Alla fine è arrivato. Il decreto che vieta l’attività motoria all’aperto è stato firmato a furor di popolo, tra ali di folla ringhiante e applausi a scena aperta.

Da oggi chi volesse fare una breve corsetta all’aperto, un giro in bicicletta all’alba, una semplice camminata in solitaria tra le desolate capezzagne di campagna… non potrà più farlo. Questo provvedimento risponde essenzialmente a due sentimenti di pancia ben precisi.

Il primo impulso è quello che potremmo definire dell’”incapacità”. Poiché le autorità e le istituzioni sono incapaci di controllare nel dettaglio le attività motorie, poiché risulta impegnativo discernere le attività ammesse (ad esempio quando il soggetto è da solo) dalle attività non ammesse (ad esempio quando il soggetto è in gruppo), allora si semplifica il lavoro precludendo tout court qualsiasi movimento all’aperto. Che sarebbe come dire: è reato guidare in stato di ebbrezza, ma siccome risulta oneroso stabilire quali bevande contengono alcool (cioè vietare vino, birra e liquori), allora impediamo semplicemente che tutti bevano, proibendo financo di dissetarsi con l’acqua di pura fonte.

Si tratta evidentemente di una forzatura miope, che bene evidenzia i limiti di chi governa ed amministra questa materia.

Il secondo impulso è quello del “ricercato”. Da sempre la società necessita di trovare un colpevole per scaricare le tensioni di una situazione complicata, di una rovente matassa che da sola non si sbroglia. Il responsabile è stato talvolta il cinese, talvolta l’immigrato, talvolta il tecnocrate europeo. Oggi i colpevoli sonno i runner, i biker, i camminatori seriali. Non importa cosa fanno e dove lo fanno. Importa maggiormente impedire che lo facciano, perché il divieto “sicuramente male non fa”. La gente recita a memoria l’orazione “#iorestoacasa”, come una vecchia e sorda litania, come il deferente pappagallo di Portobello, senza chiedersi il significato della questione, senza applicare il buonsenso nel discriminare cosa è bene da cosa è male. Lo slogan è semplice, perché complicarlo e domandarsi cosa significhi davvero? Resta a casa! Puoi essere un cardiopatico bisognoso di passeggiare da solo nel bosco, ma non importa. Resta a casa! Se non lo fai devi sentirti un assassino.

La ricerca sistematica del colpevole, anche per il terreno pestilenziale su cui si svolge la battuta venatoria, ricorda la caccia agli untori di manzoniana memoria.

E nel contorno di questo illogico marasma, per migliorare la respirazione di tutti restano aperte molte fabbriche, parecchi uffici e tutti i tabaccai.

untore

  1. #1 by Lorenzo at 24 marzo 2020

    Gentile Silvio,
    a riprova di ciò che affermi posso citare quanto avvenuto recentemente in un comune non distante dal tuo: con una solerzia sorprendente e in anticipo di un paio di giorni rispetto al dpcm di cui parli, il sindaco del paese in cui abito – per rinforzare le misure eccezionali appena varate dal doge di cui è devoto seguace – ha emanato un’ordinanza che, invocando l’attuale stato di emergenza sanitaria, vieta “lo svolgimento di attività sportiva e motoria, ivi comprese le passeggiate, in luogo pubblico o aperto al pubblico nel territorio comunale”. Naturalmente l’ordinanza è accompagnata da sanzione pecuniaria, che si somma a quanto previsto dai decreti vigenti. A partire dal giorno successivo, ai posti di blocco delle forze dell’ordine si è aggiunto il controllo aereo effettuato per mezzo di droni, al fine di scovare l’untore reo di diffondere il morbo tra la popolazione. Mosso da istintiva repulsione per iniziative che si confanno più ad uno stato di polizia che ad una democrazia, ho condiviso il mio disagio con alcuni compaesani, ma ho trovato solo indifferenza o addirittura plauso all’iniziativa del sindaco, che finalmente mette fine alle passeggiate per i viottoli di campagna e alle uscite furtive delle vecchiette che non perdono il vizio di ritrovarsi per il tè! Ecco, a sentire queste considerazioni mi sono trovato d’accordo con quanto scritto pochi giorni fa da Luca Sofri sul suo blog: stiamo diventando un po’ fascisti.

    Cordiali saluti,
    Lorenzo

  2. #2 by Giullare at 25 marzo 2020

    Caro Lorenzo, hai perfettamente centrato il punto: il plauso diffuso da parte della cittadinanza. Noi restiamo pochi salmoni controcorrente, in via d’estinzione.
    Grazie.

  3. #3 by Giullare at 25 marzo 2020

    Come ha scritto qualcuno, aggiungo che alla fine sarebbe bello, benché impossibile, vedere quanti hanno preso il virus tra le strade di campagna e tra i boschi e quanti invece nelle fabbriche e nei negozi.

(non verrà pubblicata)

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