“Non preoccuparti, non scomparirò nella palude”
(dal film The Danish girl)
Proprio non capisco lo stupore di fronte all’ordinario maturare degli eventi, la meraviglia davanti allo sviluppo naturale delle cose, all’ovvio rapporto che intercorre tra causa ed effetto. Urlare al golpe fa parte dell’indole miserabile di chi necessita sempre di un colpevole, ma stupirsi davanti al neonato governo Gentiloni mi pare eccessivo. Non entusiasma e forse non piace a nessuno, ma all’indomani dello schiacciante esito negativo del referendum, che cosa si aspettavano gli innovatori e rottamatori del sistema? Un generale sudamericano che con la divisa arringasse le folle? Un manipolo di proviri del traffico che legiferasse in nome del popolo? L’annessione alla Norvegia? Abbiamo rifiutato di riformare la Costituzione, ma pretendiamo, all’indomani, che quella stessa Costituzione non venga applicata. Si fa presto a dire: “andiamo a votare subito”.
Attualmente è in vigore l’Italicum (per lo più maggioritario), ma solo alla Camera e non al Senato. Questo perché nei disegni utopistici di Renzi il Senato si sarebbe dovuto dissolvere il 5 dicembre. Per il Senato è in vigore il Consultellum (per lo più proporzionale), ovvero un’evoluzione del Porcellum scaturita da sentenze della Corte Costituzionale. Italicum e Consultellum sono fondati su principi opposti. Più semplice chiedere stabilità governativa al mago Othelma, che all’esito elettorale di questi due sistemi in combinata. C’è di più: l’Italicum è al vaglio della Corte Costituzionale, per l’ipotesi d’incostituzionalità. Va bene, si dirà, usiamo il Mattarellum. Peccato che non sia più in vigore dal 2005 e che per tirarlo fuori dall’armadio occorra rispolverarlo, magari aggiungendo un premio di maggioranza, e soprattutto approvarlo in Parlamento. Già in Parlamento… ma se vogliamo sciogliere le camere e andare a votare subito?