I cosiddetti presunti “esportatori di democrazia”, stavolta andrebbero davvero seguiti ed imitati. Si contano sulle dita di una mano le lezioni che dovremmo imparare dagli americani perché un popolo senza storia ha poco da insegnare, ma in questo caso un pensierino al riguardo dovremmo farlo. Forse i media italiani sono riusciti a creare un po’ di confusione, ma il sistema elettorale delle primarie statunitensi è quanto di più vicino all’idea di democrazia rappresentativa che possa esserci. Le elezioni primarie di questi giorni danno inizio ad un lungo processo che terminerà con l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Sono il primo passo di un lungo ed articolato cammino. Ogni stato ha un proprio sistema elettorale, in base al quale gli elettori scelgono i propri candidati: chiunque può proporsi, sarà il voto a fare la selezione. Laddove il sistema è “chiuso”, potranno votare solo gli elettori iscritti al partito; se invece il sistema è “aperto”, tutti sono ammessi alla consultazione, indipendentemente dalla militanza politica. L’aspetto fondamentale è che chiunque è ammesso alla candidatura, non esistono candidati “preconfezionati” dai partiti né nomination decise dalla classe politica (vedi primarie PD). I partiti, in sostanza, subiscono le candidature scelte dall’elettorato, come deve giustamente essere, non viceversa. I candidati, nominati dal popolo, concorreranno all’elezione finale di novembre per aggiudicarsi (ancora una volta a suon di preferenze) la poltrona della Presidenza. Altro che Casta di Untouchables.
Io voto yankee
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#1 by Gianluca at 6 gennaio 2008
Oddio, non mi sembra così semplice.
Diciamo che il cittadino sceglie il candidato che più si è messo in mostra e generalmente può mettersi in mostra chi:
– ha tanti soldi
– è mandato avanti da un partito
– è mandato avanti da una lobby.
Certo c’è di bello che non ci sono “finte elezioni”… ma alla fine non credo che sia molto diverso… si sceglie quello che viene proposto… e purtroppo si sceglie sempre più non per il migliore ma per il meno peggio.