La sceneggiata di Dida è di quelle che fanno vergognare. Di quelle che imbarazzano tutti, non solo i milanisti. Che umiliano e fanno inveire.
Io sono ancora innamorato della romantica idea che “i portieri devono essere italiani” e Didone non mi è mai piaciuto troppo. Lui, dal canto suo, non si è mai adoperato granché per rendersi simpatico. Il ghigno mesto ed arrabbiato lascia traspirare una certa insoddisfazione, che nel suo caso sembra suscitare l’impressione di instabilità ed incertezza. Mica poco per un portiere. I colti dei salotti bene definiscono questa insofferenza verdeoro col nome di “saudade”. Per me è solo una mancanza di carattere (per chi avesse dubbi… chiedere a Kakà).
Fino a mercoledì tutto questo poteva essere coperto dal capiente ombrello del fuoriclasse tutto genio e sregolatezza, dagli alti e bassi del campione che non ha mezze misure, che fa innamorare proprio perché fa anche soffrire. Poi la macchietta di Glasgow ha gettato un’ombra un po’ larga (già lui non è piccolissimo) e un po’ più scomoda.
Mi auguro che la punizione dell’Uefa sia esemplare per lui e per la società che ne ha assecondato la sostituzione. Di fantocci alti e tristi sinceramente non so che farmene.
Nella mitologia Didone era la leggendaria fondatrice di Cartagine. Avendo ottenuto di poter acquistare tanta terra quanto ne poteva abbracciare una pelle di bue, usò l’astuzia, tagliando la pelle in sottili striscioline e circondando un’intera collina. Il nostro Didone per una volta potrebbe usare l’astuzia e smettere di fare la vittima insulsa. Inizi a parare e magari diventerà un po’ più simpatico.