(F. De Gregori – La storia)
Questa volta la storia mi era sfuggita. Mentre scorrazzavo ignaro e assorto nelle lande teutoniche, il Senato approvava in via definitiva un decreto truffaldino e dunque taciuto.
Dal primo settembre entra in vigore una norma che vieta gli sconti superiori al 15% sul prezzo dei libri. Esatto, avete capito bene. L’articolo 1 sancisce per tutti i venditori, siano essi librerie, supermercati o siti internet, il divieto di praticare sconti sul prezzo di copertina del libro superiori al 15%. Insomma, da settembre non potremo comprare libri scontati, perché su tutto il territorio nazionale i prezzi saranno pieni, o quasi. Abolite le piacevoli ricerche nei cassoni dell’Iperfamila, soppressi gli ordini giovevoli su Ibs, assassinate le gustose ricerche tra le bancarelle delle sagre paesane. Le uniche eccezioni sono rappresentate: da campagne promozionali con sconti entro il 25% e in periodi non superiori al mese (e comunque non in dicembre); dalla facoltà di applicare sconti entro il 20%, in occasione di particolari eventi o manifestazioni. Restano poi fuori dalla norma libri d’arte, libri antichi, libri usati e remainders.
Dunque la regola della libera concorrenza in questo ambito non vale più. Un po’ come se si decidesse che la benzina non può costare meno di un euro e mezzo a litro o che la pizza deve costare dappertutto almeno otto euro. Saranno affari del commerciante, decidere fino a quale prezzo conviene vendere per non rimetterci. O no?
Si badi bene, non è solo colpa della Mondadori e del Governo finto- liberista. La legge, proposta da un galoppino del Pd, è stata votata da tutti. “Aiuterà la piccola editoria”, dicono. Ma allora perché non radere al suolo i centri commerciali, che sfavoriscono i piccoli negozietti di alimentari? Solo i Radicali si sono accorti che il provvedimento sancisce la corporazione e il protezionismo di cartello degli editori, dando un calcio in culo ai consumatori. Sono contento per la mia amica Elsa, che avrà più utenti nella nostra biblioteca. Ma sono schifato per la considerazione che questa classe politica ha della cultura. A Natale regalerò solo grandi paia di mutande.
#1 by Gianluca at 26 agosto 2011
Sempre sull’argomento “Manovra Estiva” o “Finanziaria” c’è la questione del contributo di solidarietà per i redditi sopra i 90.000 euro. Tutti quelli che superano la cifra dovranno pagarseli, ma i giocatori, poverini, non ci stanno. Vorrebbero che fossero le società a pagarli.
E quindi scioperano.
Riporto questo commento di Massimo Gramellini, su chi di fatto dovrebbe davvero scioperare.
E se invece dei calciatori scioperassimo noi? Se decidessimo di colpo e tutti insieme di diventare adulti, smettendo di delegare il nostro umore a bande di mercenari con procuratori al seguito? Per me è più facile, ho la squadra del cuore in serie B. Ma è come smettere di fumare: con un po’ di sforzo possono farcela tutti. Il baraccone del calcio si regge su un incantesimo collettivo. Per rivivere le emozioni pure dell’infanzia, il tifoso finge di credere che quei ragazzotti con l’amata divisa indosso siano i suoi avatar. Trasferisce le sue rabbie e le sue speranze a giocatori che non le condividono: perché ignorano la storia del club e perché comunque non gliene importa niente. Sono lì per guadagnare. E per vincere. Ma vincere per se stessi e i propri compagni. Mica per noi. Credetemi, li ho conosciuti da vicino quando facevo il giornalista sportivo: nelle interviste ci incensano, ma in cuor loro ci considerano dei pirla. E hanno ragione.
I calciatori sono una casta che ci sfrutta, esattamente come quell’altra. Il parallelo è impressionante: anche in politica deleghiamo a professionisti prezzolati la realizzazione dei nostri desideri, imprestando loro ansie di cambiamento che essi fingono di sottoscrivere nei comizi, per poi irriderle e svilirle nel chiuso degli spogliatoi (pardon, delle aule parlamentari). Mentre noi con la bava alla bocca ci dividiamo fra destra e sinistra, Inter e Milan, i nostri avatar vanno a cena insieme, badando ai loro interessi comuni. Il rimedio? Una cura choc: stadi vuoti, urne vuote. E’ ora di ritirare le deleghe e di diventare tifosi di noi stessi.
#2 by Giullare at 29 agosto 2011
Mah… stavolta l’ottimo Gramellini è meno originale del solito. Basta entrare in un bar qualunque per sentire il banale commento “dovrebbero essere i tifosi a scioperare, non i calciatori strapagati”. La storia dello sciopero del tifoso ricorda quelle mai in cui si diceva di fare benzina tutti allo stesso distributore, per abbassare i prezzi… una stupidaggine.
E poi il paragone con la classe politica regge fino ad un certo punto. Il mio avatar politico purtroppo è deputato ad amministrare la mia vita. Mi chiede soldi e mi fa promesse che hanno diretto impatto sul mio conto in banca, sulla mia salute, sulla mia istruzione. Il mio avatar calcistico non mi toglie ogni mese 1000 euro dalla busta paga, né decide la qualità dei servizi che mi servono. Chiede solo un obolo volontario (un abbonamento sky, o una maglietta), promettendomi divertimento. I calciatori sono una casta, ma ci incazziamo con loro per invidia, perché vorremmo esserci noi coi macchinoni e le veline. Mentre la rabbia contro i politici è diversa: nasce dal fatto che sono responsabili della qualità della nostra vita, che spendono il nostro denaro, senza possibilità di scelta da parte nostra.