Difficoltà interna e rilancio dell’europeismo


Fanno sorridere le denunce di secolarizzazione del continente europeo, tacciato sempre più spesso di spiaggiarsi alla deriva di un’arida laicità senza ritorno. Prima l’appello alla riscoperta delle radici cristiane, poi il monito di Razinger a contrastare il laicismo dilagante ed imperante. Argomenti d’ampio raggio e respiro, sensati, interessanti e certamente stimolanti.
Gli stessi partiti nazionali si fanno carico di questi appelli, trasportando nel dibattito europeo questioni che in casa propria non riescono neppure ad affrontare.
A cinquant’anni dai trattati di Roma, è stato fatto molto per delineare una Nuova Europa, ma ancora troppo poco. Ce lo siamo detti più volte. Manca un’unità politica, una vera Costituzione, un autentico spirito europeista che le istituzioni, nazionali prima e transnazionali poi, dovrebbero infondere ed alimentare nelle coscienze dei cittadini. Nonostante questa zoppia, la crociata anti-secolarizzazione sembra raccogliere ampi ed accesi consensi. Come se il palcoscenico europeo servisse da secondo teatro: una platea a cui rivolgersi in seconda istanza, solo dopo aver fatto fiasco in casa propria. Il Vaticano e i partiti italiani si dimenticano costantemente dell’Europa, salvo ricorrervi al momento del bisogno. Quando non si trova il bandolo delle matasse interne, quando non si riescono a dare le risposte perché non si capiscono le domande, allora si cambia scena. Una scelta zoppa, una scelta di comodo.

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