Il genio di Cochi e Renato


Amami, amami, stringimi, sgonfiami
e amami, sdentami, stracciami, applicami
e dopo stringimi, dammi l’ebrezza dei tendini
prendimi, con le tue labbra accarezzami.
Rino, non riconosco gli aneddoti
e schiodami, spostami tutte le efelidi
aprimi, picchiami solo negli angoli,
brivido, no non distinguo più i datteri.
Silvano e non valevo le ciccioli
Silvano mi hai lasciato sporcandomi
e la gira la gira la röta la gira
e la gira la gira la röta la gira
e la storia del nostro impossibile amore continua…
anche senza di te.
E amami, amami, stringimi, sgonfiami
e allora amami, sdentami, stracciami, applicami
e stringimi, dammi l’ebbrezza dei tendini
prendimi, con le tue labbra fracassami.
Rino, sfodera scuse plausibili,
girati, scaccia il bisogno del passero,
lurido, soffiati il naso col pettine,
Everest, sei la mia vetta incredibile.
Silvano, e non valevo le ciccioli
Silvano mi hai lasciato sporcandomi
e la gira la gira la röta la gira
e la gira la gira la röta la gira
e la storia del nostro impossibile amore
continua anche senza di te

(Silvano – E. Jannacci)

Per pagare un pegno natalizio, ieri Gianluca mi ha portato a vedere uno spettacolo di Cochi & Renato a Marmirolo.
Conservo ancora con fierezza i postumi di una profonda ubriacatura di umorismo ed ironia. Immensi, irresistibili, insuperabili. Lui, Renato, ridicolo anche quando fa il serioso, con una faccia e un portamento che sono un’assicurazione sulla vita… per la sua comicità: se rimanesse zitto e immobile, rideremmo lo stesso. L’altro, Cochi, dotato di un voce e una dizione sconosciuti alla maggior parte dei suoi colleghi, capace di monologhi e canzoni partoriti con l’arte del vero attore teatrale. Nel corso del tempo ho imparato ad apprezzare maggiormente proprio quest’ultimo. Resto estasiato dalle sue doti canore, dalla sua recitazione e dalla sua visone globale sulla scena. A distanza appare lampante che è lui a trascinare il duo: Renato appoggia la voce alle movenze vocali del partner, si lascia guidare nei passi, nel dialoghi e nelle canzoni. Ed insieme si completano e si valorizzano vicendevolmente, fornendosi reciprocamente la spalla e non rubandosi mai la scena. Perfetti.
Quando, come accade me, si arriva a conoscere a memoria ogni loro canzone, a ripetere mentalmente ogni gag ed ogni battuta, allora l’estasi della risata apre lo spazio anche a qualche riflessione più approfondita. Pensavo oggi al loro ruolo nella tradizione della grande scuola comica milanese. Sono stati, e sono, due dei più grandi interpreti di un filone comico spesso sottovalutato e declassato. La corrente dei Gaber e degli Janacci per intenderci. Parolieri e musichieri di razza, troppo spesso ignorati, eternamente incompresi.
Ho aperto con la canzone “Silvano”, proprio per mostrare l’esemplarità della sua complessità. Significati reconditi e precise scelte dialettiche celati solo in apparenza da demenziali “no sense”. Potremmo giudicarla idiota e senza significato oppure parlarne per ore intere. Sta proprio in questo la loro genialità.

  1. #1 by giandan at 11 marzo 2007

    Io, quando hanno fatto Ma come porti i capelli bella bionda, pur avendo già visto e rivisto la scena in passato, ero piegato con le lacrime agli occhi.

    E poi la magia del teatro…

(non verrà pubblicata)

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