“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”
(G. Leopardi, L’infinito)
Sportivamente parlando, ci stiamo trasformando. Un paese che viveva poco più che di calcio amatoriale ora si evolve, si struttura, si organizza. Nuovi investimenti, nuove costruzioni, nuovi complessi (tra cui probabilmente anche il “complesso di superiorità”). Nascono così dal nulla un campo da calcio sintetico da 700.000 euro, un bike park da 150.000 euro, due palestre da 1.700.000 euro.
Non c’è dubbio: con queste strutture, al posto di attempate cariatidi che rincorrono un logoro pallone di cuoio in mezzo al fango, da oggi potremo coltivare un vivaio voltese in stile Atalanta e nuovi Brumotti capaci di arrampicarsi sul campanile in mountain bike. In prospettiva, sono davvero questi i bisogni sportivi di Volta?
Ad oggi, se qualche ragazzo volesse fare liberamente due tiri a pallone con i propri amici, non saprebbe dove andare. Ci sono molti campi da calcio, è vero, ma non esiste alcun fazzoletto di terra con le porte, dove poter organizzare estemporaneamente una partitella alla buona tra amici. Una volta si poteva andare liberamente “al campo delle medie”, ora ci hanno eretto due cattedrali dal tetto in plastica che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo escludono.