“Un filosofo che non poteva camminare perché si pestava la barba, si tagliò i piedi”
(A. Jodorowsky)
Oggi io avrei dato il Premio Nobel per la Pace a mia madre. Per due ragioni. La prima è che, se è in vena, fa dei capunsèi che sono la fine (meglio dire… l’inizio) del mondo. Potrebbero mettere d’accordo Americani e Coreani, Ebrei e Palestinesi, Juventini e resto del mondo. La seconda ragione è che mia madre non è mai stata ad Oslo, quindi potrebbe corredare la cerimonia di premiazione con un’inattesa vacanza.
Ma sulla sua candidatura mi trovo certamente schiacciato in una scomoda minoranza. Ne è la riprova il fatto che nessuno da Oslo ha mai pensato di telefonarle.
Mi capita spesso di essere nella posizione inferiore, controcorrente verso la piena del fiume, quasi da salmone incompreso. Martedì il Parlamento ha licenziato definitivamente il taglio dei parlamentari: favorevoli tutti i partiti, o quasi. Capre che inseguono lo slogan populista “meno poltrone”. Chi per convinzione, altri per ovvia convenienza d’immagine.
Ebbi già modo di motivare il mio rifiuto con ragioni che hanno a che fare con la logica e con la storia.
La logica vuole che tagliare i rappresentanti significhi ridurre la rappresentanza: meno eletti rappresentano meno potenziali istanze da rappresentare. Tant’è che tra i grandi paesi europei l’Italia si prospetta a diventare il Parlamento più piccolo in proporzione alla popolazione. Va da sé che gruppi parlamentari più piccoli sarebbero meglio controllabili dai vari capibastone. Ma è anche questo l’obiettivo della riforma: tagliare le persone per avere meno impedimenti e leggi più rapide nella loro approvazione. Seguendo questo ragionamento capzioso, la dittatura dovrebbe essere la migliore delle opportunità, perché per definizione non ammette distrazioni parlamentari.
La storia poi, attraverso la Costituzione, dovrebbe ricordarci che il Parlamento era stato pensato come organo di dibattito aperto, di confronto, di rappresentanza delle molteplici posizioni dell’elettorato. Ridurre i parlamentari significa ridurre questo ruolo di discussione e confronto, significa solo rafforzare l’esecutivo.
Ora arriveranno i cavoli amari, perché dovranno per forza di cose essere modificate la legge elettorale ed anche la Costituzione. Rimane la vaneggiante speranza di un referendum confermativo (simil Renzi 2016) in grado di ribaltare il verso della corrente e di salvare capra, cavoli e salmone.
#1 by Lorenzo at 16 ottobre 2019
Finalmente trovo un altro salmone che ritiene il taglio dei parlamentari una sparata mediatica, tanto quanto – a mio parere – la proposta di abbassare l’età per votare per il Senato da 25 a 18 anni!
Onestamente non mi sono mai sentito un reietto per aver dovuto attendere i 25 anni prima di poter votare per il Senato (tra l’altro dopo una simile riforma sarebbe un controsenso continuare a chiamarlo Senato), né comprendo perché mai bisognerebbe abbassare l’eta minima per votare a 16 anni come si vocifera, visto il diffuso ritardo di maturazione dilagante, sostenuto e sfruttato abilmente dalla classe politica.
In ogni caso il referendum confermativo non è improbabile, perché trattandosi di modifiche costituzionali necessitano dell’approvazione di entrambi i rami del Parlamento, con una maggioranza di 2/3.
E tra i parlamentari ce ne sono tanti che sperano nella rielezione. Ma non si dica, per incentivare gli italiani a votare SI, che la riforma serve a ridurre i costi della politica; per questo basterebbe tagliare gli stipendi (che sono tra i più alti d’Europa) anziché tagliare il numero dei rappresentanti. Sarebbe invece il caso di spiegare agli italiani cos’è e come funziona la democrazia rappresentativa prevista dalla nostra Costituzione (oltre a quella diretta, prevista nel caso del referendum) e che non è riducendo nel numero e privando delle funzioni i parlamentari (vedi i sondaggi effettuati tramite piattaforme online a cui partecipano quattro gatti, per non voler scomodare altri animali della fattoria) che si migliora la funzionalità della politica. Sempre che per “politica” si intenda ancora qualcosa di positivo e non un’istituzione fatta di semplici poltrone.
Buona risalita del fiume,
Lorenzo
#2 by Giullare at 22 ottobre 2019
Lorenzo, concordo perfettamente con le tue argomentazioni. In materia di “diritto di voto” anche l’ultima boutade sul restringimento agli anziani rappresenta l’ennesimo esempio di grave miopia politica.
#3 by erica at 7 novembre 2019
Concordo su tutto nel senso che in un ipotetico referendum voterei NO per ridurre il numero di parlamentari e NO per abbassare i limiti di età per poter esercitare il voto (ho sentito addirittura i 16 anni) e NO per togliere il diritto di voto agli anziani. I motivi di queste mie scelte sono gli stessi vostri, Lorenzo e Silvio, quindi non mi dilungo. Aggiungo solo una cosa: la seconda e terza proposta nascono dall’idea di voler dare più peso al voto dei giovani – siccome sono nettamente meno rispetto alle altre fasce di età si vuole ampliarne il bacino e al contempo ridurre tutti gli altri, togliendo gli anziani alle urne – questa idea di fondo che vede i nativi digitali essere parte attiva della società mi fa pensare all’intervista a Alessandro Barrico su “The Game”, la rivoluzione digitale, la politica che cambierà radicalmente quando i politici saranno nativi digitali… Riporto il link dell’intervista, di politica si parla soprattutto nella parte finale.https://www.raiplay.it/video/2019/10/quante-storie-006c6301-faca-435a-957b-9624de1c19fa.html
P.s.: Anche con l’abbassamento dell’età dei votanti i senatori per essere tali devono avere almeno 40 anni di età, così è stabilito dalla Costituzione, perciò ha sempre senso il nome Senato (o mi sono persa qualcosa?).