“Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella”
(R. Messner)
Da anni mi chiedo se possa essere considerato lo scenario più bello delle Dolomiti. È vero, altrove ci sono sentieri meravigliosi da percorrere, vie attrezzate con panorami mozzafiato, cime difficilmente accessibili e dunque ambite, vette dalle prospettive sterminate ed ammalianti. Ma se mi chiedo quale sia veramente la scenografia più stupefacente delle Dolomiti, mi vengono subito in mente le Tre Cime. Un luogo della lista “da vedere almeno una volta nella vita”, una cartolina buona per ogni pubblicità, l’immagine stereotipo assoluto della montagna.
Ci andai per la prima volta a vent’anni, sapendo a malapena dove mi trovavo. Mi distrussi un ginocchio scendendo scompostamente da un ghiaione. Da allora ho sempre tentato un ritorno più consapevole e meno irruento. La lontananza e la congenita congestione di turisti mi hanno sempre fatto desistere. Fino allo scorso weekend, quando ho coronato il sogno di rigustare quel colpo d’occhio fantastico.