“La tradizione non si può ereditare; e chi la vuole deve conquistarla con grande fatica”
(T.S. Eliot, Tradizione e talento individuale)
12 dicembre: alla Suola dell’Infanzia di Volta fa il suo ingresso Santa Lucia. In carne ed ossa, in barba all’epica tradizione che la vorrebbe enigmatica e sfuggente, misteriosa ed imperscrutabile, invisibile per definizione. Vedo una nonna uscire dalla scuola, tiene la nipotina in una mano ed il sacchetto del cambio nell’altra: “era terrorizzata, si è fatta la pipì addosso”. Ed in effetti, a guardarla bene, la Santa sembra uscire più da film di Carpenter che da un racconto natalizio della memoria cristiana.
Ormai, negli ultimi anni, Santa Lucia scorrazza per le vie del paese col suo carretto, mostrando le sue fattezze ai bimbi d’ogni età ed apparendo più “vera” dell’asino che la guida.
Un tentativo maldestro di scuotere e forzare la tradizione, per la gioia dei grandi, per portare l’intimo allo spettacolo, per esibire e fotografare quello che per sua natura non si può rappresentare, ma solo raccontare.
Anziché consolidare e trasmettere la magica ed affascinante fiaba di Santa Lucia, la si svigorisce spaventando i piccini e togliendo ai meno piccoli l’illusione di sognare.