Archive for dicembre 2018
Farsa Lucia
Posted by Giullare in Cose di paese on 26 dicembre 2018
“La tradizione non si può ereditare; e chi la vuole deve conquistarla con grande fatica”
(T.S. Eliot, Tradizione e talento individuale)
12 dicembre: alla Suola dell’Infanzia di Volta fa il suo ingresso Santa Lucia. In carne ed ossa, in barba all’epica tradizione che la vorrebbe enigmatica e sfuggente, misteriosa ed imperscrutabile, invisibile per definizione. Vedo una nonna uscire dalla scuola, tiene la nipotina in una mano ed il sacchetto del cambio nell’altra: “era terrorizzata, si è fatta la pipì addosso”. Ed in effetti, a guardarla bene, la Santa sembra uscire più da film di Carpenter che da un racconto natalizio della memoria cristiana.
Ormai, negli ultimi anni, Santa Lucia scorrazza per le vie del paese col suo carretto, mostrando le sue fattezze ai bimbi d’ogni età ed apparendo più “vera” dell’asino che la guida.
Un tentativo maldestro di scuotere e forzare la tradizione, per la gioia dei grandi, per portare l’intimo allo spettacolo, per esibire e fotografare quello che per sua natura non si può rappresentare, ma solo raccontare.
Anziché consolidare e trasmettere la magica ed affascinante fiaba di Santa Lucia, la si svigorisce spaventando i piccini e togliendo ai meno piccoli l’illusione di sognare.
Il pulsante che pulsa
“Una volta un tale che doveva fare una ricerca andava in biblioteca, trovava dieci titoli sull’argomento e li leggeva; oggi schiaccia un bottone del suo computer, riceve una bibliografia di diecimila titoli, e rinuncia”
(U. Eco)
Quando al liceo tentavamo invano di giustificare una strampalata traduzione di greco, con spavalderia dichiaravamo: “non ho sbagliato io, l’ho trovato sul dizionario”. Come fosse un alibi o un passe-partout per accedere all’assoluzione finale. Arrivava pronta la replica del venerando professor Nosari: “In sal vocabolari at cati tüt, anca cat t’sé n’àsan”.
Più o meno internet è come quel dizionario di greco: un luogo in cui trovi di tutto e di più, dove la difficoltà sta nello scegliere il contesto pertinente e nell’assemblare le informazioni corrette.
Giorni fa, quando Salvini dichiarava di parlare con Bruxelles a nome di sessanta milioni d’Italiani, ho trovato in rete un meraviglioso pulsante, assolutamente geniale, del tutto inutile. Il bottone attiva un contatore virtuale per sottrarre i dissidenti ai sessanta milioni. Chi non voleva essere rappresentato da Salvini poteva pigiare sul bottone e decurtare di un’unità la fantomatica cifra.
Un esercizio ludico, più divertente di una protesta, più serio di una controproposta.
Apprendista nell’arte di conversare
“Nelle conversazioni parla con gli altri, non solo agli altri”
(Kriyananda)
Non sono un tipo che parla molto, almeno finché non conosco fino in fondo il mio interlocutore. Non sono neppure uno con l’eloquio scorrevole, perché le parole giuste mi vengono solo se ci penso un po’ sopra.
È per questo che ho sempre invidiato due categorie di persone: quelle con l’attitudine naturale a parlare con tutti di tutto e quelle che sanno sempre trovare alla svelta le parole corrette, le frasi chiare, le nozioni pertinenti da citare.
Un articolo sulla rivista Internazionale dice che “conversare dovrebbe essere una capacità che tutti abbiamo, e ci si dovrebbe addestrare già da ragazzini”. Ma se si approfondisce l’argomento in rete, si scopre presto un mondo fatto di tutorial, decaloghi, trucchi e segreti per una conversazione efficace. Consigli come “ascoltare l’interlocutore”, o “evitare di autocelebrarsi”, che dovrebbero già rientrare nel forziere del buonsenso in dotazione a ciascuno. Paradosso dei paradossi: nell’era della socialità globale, abbiamo difficoltà a conversare e ci serve un ausilio per riuscire a farlo. Osservazione banale, lo so.
Se esiste ancora la consuetudine di fare propositi positivi per l’anno che viene, io metto in lista quello di conversare di più. Più quantità e più qualità.