Archive for agosto 2018
You‘ll never walk alone
“Innanzitutto, l’emozione! Soltanto dopo la comprensione”
(P. Gauguin)
Quando ho detto agli amici che sarei andato a Liverpool, le reazioni sono state di due tipi. Quella più timida ed educata è stata: “Ma dai, davvero? E cosa c’è da vedere?”. Quella meno forbita, ma assai più diretta, è stata invece: “A Liverpoooool? Che cazzo c’è a Liverpool?”
“Nulla di particolare” è la scontata risposta. A volte per viaggiare non è necessario inseguire un luogo meraviglioso, un celebre museo o un monumento importante, un’attività o un evento a cui partecipare. A volte è sufficiente rincorrere delle sensazioni. Avevo semplicemente voglia di respirare l’atmosfera delle città inglesi, di bere birra in un pub, di osservare gente che mangia hamburger ad ogni ora o che trascorre le mattinate da Starbucks. Avevo voglia di vedere i taxi neri bombati con la guida a destra, di mangiare salse all’aglio e di respirare l’inconfondibile fetore british dei marciapiedi della perfida albione.
Una passeggiata nello splendido Albert Dock, antico porto riesumato e divenuto patrimonio Unesco, un giro tra i pub vicini al Cavern (locale di debutto dei Beatles) e la visita obbligata al tempio del calcio di Anfield. Poi un veloce assaggio della vicinissima Manchester, col suo condensato centro storico ed il mitologico Old Trafford. Tutto qua, e per me è stato bellissimo.
Una doccia fredda?
“Le canzoni evolvono anche dopo che sono state scritte.
Si può cambiare il loro significato anche solo cambiando il volume”
(B. Harper)
Qualche giorno fa mi trovavo a Liverpool. Stavo facendo la doccia e, come spesso mi accade sotto il getto d’acqua, cantavo a caso le prime canzoni che mi capitavano per la testa. Funziona così: si passa da un genere all’altro senza terminare la canzone e ovviamente senza rispettare i testi. Dai Beatles a Gazzé, da Al Bano ai Depeche Mode, da Springsteen a Renato dei Profeti. Mi piace anche trovare i parallelismi tra le melodie pop e i canti di chiesa. Per esempio “Io amo” di Leali si può sovrapporre senza difficoltà a “Il tuo popolo in cammino”.
Cantavo, dicevo, e mi è tornato alla mente un vecchio brano di Zucchero, Madre dolcissima. Lo conosco da anni, ma all’improvviso mi sono accorto che l’interpretazione che ne ho sempre dato poteva essere perfettamente ribaltata.
La frase “Ti amo perché ne ho bisogno, non perché ho bisogno di te” ho sempre pensato che avesse un significato ostile: “ti amo perché devo pur amare qualcuno. Non ho affatto bisogno ti te, ma mi serve qualcuno da amare e ora ci sei tu, quindi prendo te. Ma se ci fosse un’altra persona, amerei lei. In pratica ti sfrutto per soddisfare il bisogno d’amore”. Invece la stessa frase potrebbe essere letta in maniera opposta e decisamente più amorevole: “ti amo e questo desiderio va oltre il bisogno materiale che posso avere di te. Ti amo perché è inevitabile amarti, non perché mi servi”.
Poi non ho dormito chiedendomi se questo dualismo interpretativo era voluto da Zucchero, oppure se necessito di psicofarmaci.