Il Ministro ruspante


“Marine Le Pen oggi era a pranzo con quel terrone di Matteo Salvini”

(Anonimo su Tweeter)

Ieri, dopo aver apprezzato un lungo ed articolato dibattito tra amici su Facebook, ho integrato la discussione con il mio pensiero. La questione verteva sulla frase del Ministro degli Interni relativa al censimento dei rom: “purtroppo quelli italiani ce li dobbiamo tenere“.

Le frasi di Salvini non sono mai casuali e non mi stupiscono. Anche le ultime rientrano a pieno titolo nel dizionario di un personaggio che ha costruito la sua fama sugli slogan e sulle battaglie contro immigrati, zingari e rom. Ora rimane semplicemente nel solco che lo ha premiato, perché sconcertarsi tanto? Chi vi aspettavate? La sua fortuna nasce dal gergo crudo, provocatorio e populista, politicamente scorretto se vogliamo, che affonda le radici nella ruralità di Bossi, ma che ha saputo rinnovarsi ed evolversi. Questa è la sua diversità e paradossalmente è anche la sua forza. Altrimenti non si spiegherebbe perché la Meloni, che professa le stesse idee, non prende più del 4%. Piuttosto va dato atto a Salvini di una grande capacità (in senso machiavellico, intendo) nel sentire e nel parlare alla pancia del paese. È l’unico che da marzo ad oggi ha raddoppiato il suo potenziale di consenso.
La Lega cerca visibilità, accrescimento del consenso ed erosione di elettori da M5S. A Salvini interessa governare fino a che non avrà la certezza di essere al massimo della popolarità. Poi il contratto di governo si romperà con un pretesto e lui andrà all’incasso con nuove elezioni. In quindici giorni è apparso il vero Premier dell’alleanza, pur avendo la metà dei seggi dei CinqueStelle.
Nel merito delle frasi sui rom, registriamo uno dei tanti slogan che riscuotono facili consensi. Non si parla mai di soluzioni strutturali. Un Ministro della Repubblica deve dire dove li manda, come pensa di intervenire, come si pone di fronte alle dinamiche di integrazione, da dove prende i soldi. Ed il cittadino, l’elettore, non può accontentarsi di un vuoto “mandiamo le ruspe”. E poi?
Sull’immigrazione Salvini se la prende giustamente con l’indifferenza dell’Europa, ma dimentica spesso le lacune dei suoi modelli europei. Mi riferisco ad Orban e al gruppo di Visegrad, che rifiutano ogni ripartizione delle quote. Sarà certo colpa della Germania che rimpalla il problema all’Italia, ma ad est non vedo grandi sostenitori di una politica comunitaria condivisa in materia di immigrazione. Perché Salvini non lo dice?
Credo che oggettivamente ci sia un po’ di imbarazzo nel Movimento Cinque Stelle, che forse non immaginava di accasarsi con una destra così radicale (per lo meno a parole, nei fatti vedremo). Tra gli elettori c’è chi spera nella moderazione di pentastellati più equilibrati, chi proveniva da sinistra e ingoia amaramente il rospo, chi era politicamente “apolide” e apprezza l’interventismo del Ministro. L’elettorato di M5S è il più liquido di tutti e solo il tempo ci dirà effettivamente dove andrà.
Ultima chiosa. Rifuggo in questi giorni da due luoghi comuni. Il primo è il “ritorno del fascismo”. C’è il pericolo dell’avvento di una destra radicale, ma non di fascismo. Ci sono atteggiamenti fascisti, ma non tornerà un regime fascista. L’informazione e gli istituti democratici non sono quelli del 1920. Parlare di fascismo significa alzare i toni e spostare gli argomenti. Il secondo è “ma perché il Pd cos’ha fatto?”. In qualsiasi ambito il Pd può aver fatto peggio, ma compito di chi governa è spiegare le proprie scelte e motivare le proprie azioni, non scaricare sul passato. È un passaggio fondamentale quando si passa da Opposizione a Maggioranza.

  1. #1 by Erica at 20 giugno 2018

    Le parole sono importanti. Usarle a sproposito può invalidare l’intero discorso.
    “Fascismo” “Regime fascista” sono parole che fino a ieri si leggevano solo sui libri di storia, oggi si sentono, e si rileggono in contesti nuovi. Si sentono nei talk show televisivi, nelle dirette Facebook di senatori e parlamentari, in ufficio come al bar; si leggono sui social network e sulla stampa.
    Anche la parola “Medioevo”, relegata anch’essa fino ad oggi ai libri di storia, è tornata in auge. L’ex Presidente del Senato Pietro Grasso, oggi leader LeU, lo scorso 5 giugno nell’intervento in aula del Senato nel dibattito sulla fiducia al Governo ha rievocato la parola “Medioevo”: “[…] Sembra di capire che dobbiamo ringraziare la fortuna che i diritti civili siano fuori dal contratto se non faremo immediati e precipitosi passi verso il Medioevo, […]”.
    E come Grasso in molti hanno usato questa parola come reazione ai discorsi del neo ministro Lorenzo Fontana.

    Non si tornerà al regime fascista, né al Medioevo. Tuttavia queste due parole non sono oggi, a mio avviso, usate a sproposito. Sono utilizzate per scuotere le coscienze, per indurre a ricordare, per evitare il ripetersi di errori disumani ad opera di umani, come noi.
    Ci sono atteggiamenti fascisti, in Italia, nell’Europa dell’est, in Francia… Ci sono concrete possibilità di arretrare sui diritti civili…

(non verrà pubblicata)

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