Ferragosto mantovano


Il folklore, nelle sue varie forme,

non deve essere concepito come una bizzaria,

una stravaganza o un elemento pittoresco,

ma come un’espressione spirituale da prendersi sul serio

(G. Gozzi, Superstizioni? Credenze, Ubbie, Incantesimi, Magie)

 

Ieri mi trovavo in piscina e non ho potuto fare a meno di ignorare la conversazione tra alcuni ragazzini vicini. Un gruppetto di quindicenni  stava organizzando l’imminente giornata di Ferragosto. Ad un certo punto il più loquace della schiera lancia, con claudicante cadenza mantovana, un’imbarazzante domanda: “Oh ragàs, ma che festa è Ferragosto? Seriamente, dai… che festa è? Cosa si festeggia?” Le ragazze ridono, i ragazzi rispondono oscenità prive di senso, ma nessuno azzarda la minima risposta. Anche l’artefice del dibattito desiste dal cercare argomentazioni pertinenti. Tabula rasa: il quesito rimane sospeso, astruso, irrisolto. Vien voglia di alzarsi ed improvvisare una sintesi, dall’Editto di Costantino ai giorni nostri. Ma fa troppo caldo, è quasi Ferragosto dicono.

Invece per i mantovani più colti, Ferragosto significa soprattutto “Fiera delle Grazie”. Oltre al celebre Santuario Mariano, il mantovano ruspante medio è legato alla tradizione del cotechino, che qui si degusta anche con trentacinque gradi.

Il Santuario della Madonna delle Grazie è celebre soprattutto per il suo coccodrillo imbalsamato, appeso al soffitto. Al di là delle tante e suggestive leggende, si tratta di un’offerta ex voto, probabilmente proveniente da qualche viaggio in Africa. Il coccodrillo, alla stregua di un serpente o di un drago, era simbolo del demonio ed il fatto di appenderlo al soffitto di una chiesa rappresenta inevitabilmente la vittoria di Dio su Satana, del bene sul male. Tuttavia, quello che mi ha sempre affascinato molto di questa chiesa non è tanto il suo coccodrillo, spauracchio affascinante di ogni bambino, quanto piuttosto i numerosi manichini che ne riempiono i lati. Fantocci di cartapesta, gesso, legno e altri stravaganti materiali dell’epoca, costruiti come preghiere ex voto, per ringraziare la Madonna delle svariate grazie ricevute. Ogni statua riporta un’iscrizione, la metopa, che ne chiarisce la ragione d’essere. Sotto l’impiccato, ad esempio, è scritto: “io veggo e temo ancor lo stretto laccio, ma quando penso che tu l’hai disciolto, ribenedico il tuo prezioso braccio”. Ogni manichino ha evidentemente una storia, ogni storia una suggestione. È il fantastico mondo di superstizioni, credenze, ubbie, incantesimi, magie e… religione.

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