Tartufo costituzionale, sì o no?


In Italia si può cambiare soltanto la Costituzione. Il resto rimane com’è

(I. Montanelli, su Frankfurter Allgemeine Zeitung)

 

Le qualità migliori del mio amico Augusto sono che abita in una zona di produzione di tartufi, che se ne intende e che spesso li porta in dote con se quando si sposta. Adorabile (il tartufo).

E galeotta fu la cena. Perché ieri tra un crostino ed una tagliatella all’uovo, la  taglierina ha sfavillato. Lo champagne vellutato ha ammorbidito gli animi ed il referendum costituzionale alle porte è stato oggetto di acceso dibattito. Augusto, accanito sostenitore del “sì”, mi ha dato dieci buoni motivi per approvare la riforma. Il sottoscritto, fervido difensore del “no”, ne ha suggeriti altrettanti per cassarla.

In assoluto, probabilmente nessuno dei due ha ragione. Di seguito riepilogo il nostro contributo al dibattito di riforma costituzionale. Ciascuno potrà attingere dove e come vuole.

Ah…ringrazio ovviamente Augusto per il tartufo e la padrona di casa per le ottime tagliatelle.

 

Voterò Sì

  1. perché non voglio più 315 senatori, lautamente pagati, per fare lo stesso lavoro di 630 deputati, lautamente pagati;
  2. perché non voglio più che i consiglieri regionali prendano somme scandalosamente alte. Lo stipendio del sindaco capoluogo di regione basta e avanza. Va bene anche che i gruppi regionali non abbiano più il finanziamento pubblico;
  3. perché si abolisce il CNEL, che nessuno sa cosa fa, compresi i membri del CNEL. Costa 20 milioni di euro all’anno e, in totale, è costato un miliardo alla finanza pubblica;
  4. perché le province saranno finalmente abolite, togliendo la parolina dalla Costituzione;
  5. perché non ne posso più delle materie “concorrenti” tra stato e regioni. Dopo 15 anni nessuno ha capito cosa fa uno e cosa deve fare l’altro;
  6. perché il Parlamento avrà, finalmente, l’obbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori;
  7. perché saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo. Si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi. Se richiesti da 800mila elettori, non sarà più necessario il voto del 50% degli aventi diritto, ma sarà sufficiente la metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche;
  8. perché TUTTE LE FORZE POLITICHE, nessuna esclusa, nella campagna elettorale del 2013, promisero che avrebbero fatto  le riforme costituzionali;
  9. perché se non passa questo Referendum nessuno parlerà più di riforma costituzionale per i prossimi 20 anni, con grande gioia dei senatori e consiglieri regionali;
  10. perché votano NO: D’Alema, Fassina, Civati e i 3.000 gruppi della sinistra dura e pura che, nel totale, hanno 2.500 voti. Perché votano no: Brunetta, Berlusconi, Grillo, Casaleggio & Associati, Fini, Salvini, Meloni e Schifani. Se votassero no anche Bersani & C. – che hanno approvato, per tre volte, la riforma in Parlamento – sarebbe un mondo perfetto.

Voterò No

  1. Tanto fumo. Perché il Senato non viene eliminato, viene modificato. Sarà eletto dai Consiglieri regionali, non dai cittadini. Non rappresenterà i territori, ma i partiti sul territorio. Manterrà competenza legislativa ma farà anche altro, anche se non si è capito bene cosa. Di certo, il bicameralismo rimane;
  2. Servitori di due padroni. Perché nel Senato i ventuno Sindaci saranno eletti dai Consiglieri Regionali. Godranno dell’immunità parlamentare. Rappresenteranno i cittadini dei Comuni o i Consigli Regionali? Faranno i Sindaci o i Senatori? Nessuna nazione al mondo annovera Sindaci in Parlamento;
  3. Che confusione, sarà perché votiamo. Perché è inaccettabile che i rappresentanti eletti, e delegati dal popolo, deleghino a loro volta il popolo per fare le leggi. La riforma prevede referendum propositivi e d’indirizzo, quorum ridotti per i referendum abrogativi. Insomma, chi è senza legge scagli il primo referendum. Con buona pace del risparmio e della classe politica efficace ed efficiente;
  4. Ripicca. Perché il Premier aveva legato le sorti del suo Governo a questo voto. Poi, di fronte ai  primi sondaggi negativi, ha imboccato contromano la direzione opposta. Non sarà la più nobile delle motivazioni, ma qualcuno dovrà pur rispondere di quello che dice. Cominciamo dall’alto;
  5. Provincialismo. Perché le Province saranno eliminate dalla Costituzione, ma possono tranquillamente rimanere come enti non costituzionali. Fuori dalla porta, dentro dalla finestra;
  6. Perché voterà “No” Zagrebelsky, non proprio l’ultimo degli imbonitori. Questa riforma mira unicamente a rafforzare l’esecutivo, che di fatto deciderà l’agenda del Parlamento. E se ci aggiungiamo il pastrocchio dell’Italicum, l’autoritarismo è servito. Finché governa chi ci piace tutto bene, altrimenti…;
  7. Ciocapiàt. Perché la sbandierata riduzione del numero dei parlamentari in realtà riduce solo una parte del Senato, cioè la Camera già più ristretta e più efficiente. Rimangono i 630 deputati, che evidentemente servono tutti quanti. La riduzione degli emolumenti dei parlamentari non dipende dalla Costituzione, eventualmente dovrebbe avvenire con Legge dello Stato. La riforma si limita invece a togliere le indennità per i senatori, ma tutto il resto, rimborsi erga omnes, rimane;
  8. Saggezza. Perché per dirimere le materie “concorrenti” tra Stato e Regioni si punta nella direzione sbagliata. Anziché decentrare le competenze verso un moderno federalismo, la riforma centralizza. A breve anche la riesumazione di Giolitti e Cavour;
  9. Circonvenzione d’incapace. Perché il quesito della scheda è scritto in modo truffaldino e spinge l’elettore sprovveduto giocoforza a concordare. Se la riforma è così bella, c’era bisogno di questo bizzarro espediente?
  10. Regole del gioco. Perché per cambiare la Costituzione dovremmo essere d’accordo in tanti, non solo Renzi e la Boschi. Qua cambia più di un terzo della Carta: 47 articoli su 139. La Costituzione, lo dice la parola stessa, “costituisce” la base della società civile di una nazione e come tale andrebbe scritta, emendata, rafforzata con un consenso amplissimo. E il consenso amplissimo non è una corrente di governo, né una maggioranza di un referendum senza quorum.

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