Annuntio vobis


Niente ha bisogno di essere riformato quanto le abitudini degli altri

(M. Twain, Wilson lo svitato)

Un anno fa, febbraio 2014. Il neo premier prometteva “una riforma importante al mese, per i successivi tre mesi”. Ne son passati dodici.

Ogni giorno ci raccontano che le province saranno azzerate, ma sono ancora tutte lì. Il morituro Senato sta vivendo una seconda giovinezza, mentre accoglie nuovi componenti eletti a vita. La legge elettorale non convince né decolla. Il Jobs Act ci ha portato indietro di trent’anni. E si potrebbe continuare, parlando di pubblica amministrazione, di depenalizzazione per evasioni fiscali inferiore al 3% dell’imponibile, di ventuno votazioni per eleggere i giudici della Corte Costituzionale.

Nel frattempo il rappresentante della Folletto che siede a Palazzo Chigi continua a raccontarcela: riforme urgenti e improcrastinabili, chi ci ferma è perduto.

È un po’ il divario che c’è tra il dire e il fare, tra l’annuncio e l’opera.

Attendere, prego.

Elogio della lentezza

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