Archive for febbraio 2015
Se la barca affonda
“All’uomo, nella sua fragile barchetta, è dato il remo in mano proprio perché segua non il capriccio delle onde ma la volontà della sua intelligenza”
(J.W. Goethe, Massime e riflessioni)
Dopo gli incidenti di Roma e gli atti vandalici contro la fontana di Bernini, fioccano ovunque le frasi fatte da riproporre quando ricorrono insieme le parole calcio, tifosi, incidenti. Ecco allora “la città messa a ferro e fuoco”, “le pene da inasprire”, “è solo una partita di calcio”, “in Europa queste cose non succedono”. E questi evergreen del repertorio retorico si riproducono in una sorta di copia/incolla virale. Insopportabili.
Di fronte ad fontana danneggiata tutti diventano patriottici e forcaioli, perché è bello credere che la fontana sia un simbolo della cultura italiana universale e che contro gli attacchi alla cultura non si discuta. Non importa se chi parla non sa neppure chi abbia costruito la suddetta fontana né quale sia la sua datazione approssimata. Insomma, che abbia cent’anni o duemila è più o meno uguale. Taluni hanno anche faticato un po’ per capire che “la Barcaccia distrutta” non era l’ennesimo gommone affondato a Lampedusa.
Ma di tutte le scemenze sentite in questi giorni, la più strabiliante è senz’altro l’opinione che i danni materiali ora li debba pagare l’Olanda. È come pensare di chiedere un risarcimento alla Germania per i turisti che lordano il Garda o pretendere che sia io a pagare i buchi fatti dai proiettili dei marò sui pescherecci indiani. Eventualmente il danno andrà risarcito da chi l’ha materialmente arrecato, ma questa è un’altra storia.
Il top poi è la semplificazione che vorrebbe l’Olanda come soggetto con partita iva. “Deve pagare l’Olanda!” L’Olanda chi? Il Re? Il Ministero del Turismo? Van Basten?
Sconfitto l’interesse
Posted by Giullare in Cose di paese on 18 febbraio 2015
“Chi si lascia annoiare è ancora più degno di disprezzo di chi lo annoia”.
(S. Butler, The Fair Haven)
L’iniziativa degli incontri pubblici dell’Amministrazione con la cittadinanza è certamente un’ottima cosa. Benché l’idea non sia affatto originale, va dato atto che si tratta di un’importante novità per Volta Mantovana. Non corrisponde esattamente alla mia idea di trasparenza, ma il solo fatto che sia concesso ai cittadini di intervenire su argomenti pubblici è già di per sé una grande conquista. Se questa abitudine riuscirà a consolidarsi nel tempo, sarà certamente un merito da attribuire ai nuovi (si fa per dire) amministratori.
Non ho partecipato all’incontro, dunque premetto che ogni mio commento è terribilmente parziale, tendenzioso e inconsistente.
Ho cercato di seguire l’evento su youtube, ma proprio non ce l’ho fatta, trovandolo di una noia mortale. Come velocità, una via di mezzo tra un film d’avanguardia svedese e una trasmissione notturna di Rai Scuola sulla fisica dello stato solido. Mentre a livello d’interesse ho preferito leggermi Guerra e pace in lingua originale.
Un amico, equidistante e mai schierato, dopo aver partecipato alla serata me l’ha sintetizzata con “ho assistito allo squallore del potere locale, dove tutti si affannavano a sostenere il nulla”.
Speriamo nella prossima puntata.
Buona Forchetta – Vecchia Broglie
Posted by Giullare in Buona Forchetta on 13 febbraio 2015
Avventura ai confini della realtà. Capitati quasi per caso nelle campagne di Broglie, io e Gianluca decidiamo di fermarci per esaminare meglio il ristorante nascosto nella borgata. Da dietro la tenda, una signora scruta sinistramente gli ignari avventori. Con estrema perspicacia, capiamo subito che il posto non è affollatissimo e che da solisti saremo i protagonisti indiscussi della serata. Pesiamo il rischio e per amor d’avventura decidiamo di tentare la sorte: entriamo.
La padrona di casa non si capacità del fatto che nessuno ci abbia consigliato il ristorante e che siamo capitati lì accidentalmente. Varcata la soglia della prima stanza, si cambia era geologica. Silenzio in sala, sono i primi del 900’ e le tovaglie a merletti restituiscono un’atmosfera ovattata e surreale. Piatti, piattini e tazze esclusivamente in porcellana di Limoges, cristalli ai lampadari e sopra la mobilia. Qua è là qualche bottiglia di vino ci ricorda che siamo in un ristorante e non sul set del Gattopardo.
Gentilissima, ci accompagna al tavolo e accende il termosifone: probabilmente siamo i primi clienti dell’anno (o del secolo). In sottofondo i Nuovi Angeli cantano “Singapore”.
Ci avverte che non c’è un menù come s’aspettano i turisti, ma garantisce sulla qualità delle materie prime che cura personalmente. Solo che la specialità è il pesce di mare e sorge spontaneo chiedersi se “cura personalmente” significa che ha un enorme acquario nel seminterrato o che ogni mattina fa la pendolare in direzione Chioggia.
Soprassediamo ed accettiamo il consiglio di iniziare dagli assaggi di antipasti di mare (scorfano su polenta bianca, involtini di pesce spada all’arancia): molto buoni. Poi risotto all’amarone e radicchio, piuttosto deludente. Dolci gradevolissimi. L’altro consiglio di provare il lugana della casa si rivela invece catastrofico, perché sembra marsala soleras.
Ad ogni portata la signora decanta gli ingredienti e poi indugia per sapere se il piatto sia di nostro gradimento. Temo per la mia vita e penso che a momenti sarò tramortito dal sonnifero messo nel piatto e sarò portato a marcire nelle cantine umide.
Una volta pagato il conto, ci offre lo speciale rosolio della casa e, indomita, insiste per mostrarci tutte le camere dell’attiguo b&b. Tra l’incuriosito e il temerario, la seguiamo mentre sale le scale ed apre i catenacci dell’antica dimora. “Ci siamo”, penso. “Ora esce qualche energumeno, ci percuote, e domattina ci troviamo con i reni espiantati”. E invece usciamo vivi, con qualcosa da raccontare.
Antipasto, primo, dolce (e visita guidata degli alloggi, dei bagni e delle bambole di porcellana): 35 euro.
Voto: 4,5
Ristorante Vecchia Broglie – Località Broglie, 16 – Peschiera del Garda (Vr)
Annuntio vobis
“Niente ha bisogno di essere riformato quanto le abitudini degli altri”
(M. Twain, Wilson lo svitato)
Un anno fa, febbraio 2014. Il neo premier prometteva “una riforma importante al mese, per i successivi tre mesi”. Ne son passati dodici.
Ogni giorno ci raccontano che le province saranno azzerate, ma sono ancora tutte lì. Il morituro Senato sta vivendo una seconda giovinezza, mentre accoglie nuovi componenti eletti a vita. La legge elettorale non convince né decolla. Il Jobs Act ci ha portato indietro di trent’anni. E si potrebbe continuare, parlando di pubblica amministrazione, di depenalizzazione per evasioni fiscali inferiore al 3% dell’imponibile, di ventuno votazioni per eleggere i giudici della Corte Costituzionale.
Nel frattempo il rappresentante della Folletto che siede a Palazzo Chigi continua a raccontarcela: riforme urgenti e improcrastinabili, chi ci ferma è perduto.
È un po’ il divario che c’è tra il dire e il fare, tra l’annuncio e l’opera.
Attendere, prego.
Non è tempio per noi
“Ha un gettone? Devo fare una telefonata.”
“Tu, te ne devi andare.”
“Senta le do 10 dollari per un gettone, gliene do 20. È questione di vita o di morte!”
“Io chiamo la polizia.”
Mi è arrivata da pochi giorni la busta paga per i gettoni di presenza al Consiglio comunale. Un’ottantina di euro per aver partecipato a tutte (mi pare) le sedute del 2014. Li darò in beneficienza per i fatti miei, non perché sia più figo degli altri, ma perché ritengo di non aver fatto nella di eccezionale per meritarli.
Leggo che al Comune di Agrigento le buste paga di trenta consiglieri comunali si aggirano attorno ai 10.000 euro. Si sarebbero convocate 1133 sedute del Consiglio: una media di oltre 3 sedute al giorno, contando anche i sabati e le domeniche. La Valle dei Templi è una valle di lacrime. Un’assurdità che supera ogni confine.
Ci s’indigna, ma ormai neanche più tanto. Stupore, ma soprattutto rassegnazione. Per chi ha avuto la faccia tosta di prendersi i gettoni e soprattutto per chi doveva controllare e non l’ha fatto.
E pensando ad Agrigento viene in mente quell’immagine delle vestigia della civiltà ellenica e dei sui templi sormontata dalla scempio della civiltà moderna: specchio della realtà.