(M. Mari, in un recente commento su Facebook)
Ieri a Mantova c’era il banchetto di Forza Italia. Raccoglieva adesioni per il recente, si fare per dire, progetto politico del Cavaliere. La stessa bandiera di vent’anni fa, le stesse facce di vent’anni fa. Tre pensionati con le giacche lise e lo sguardo sognante e fiero parlavano con altrettante signorotte imbellettate e mal liftate. Dovrebbero essere il nuovo che avanza, ma hanno il volto della polvere e della naftalina. Come quelle statue di terracotta, ritrovate consunte nella tomba dell’imperatore Qin Shi Huang.
Guardare quel banchetto, in mezzo al via vai di gente, era come osservare una di quelle foto col doppio effetto della messa a fuoco: al centro un soggetto immobile, attorno un turbinio di persone mosse e sfuocate, travolte dal moto perpetuo della vita che nonostante tutto va avanti.
Per un attimo ho pensato di chiedere loro qualcosa, senza polemica né ironia, per capire come potessero rifare esattamente gli stessi identici gesti del ’94. Poi mi è venuta in mente la frase di Michele Mari e sono andato oltre, facendo finta di niente.