Ricordo con un po’ di malinconia i tempi in cui per noi l’”europeo dell’anno” era solo Van Basten. Negli anni dell’adolescenza non esisteva molta cronaca all’infuori di quella calcistica. Così si attendeva con ansia la votazione invernale che incoronava il miglior giocatore d’Europa, eletto con suspense dai giornalisti in conclave da France Football. Poi nella classifica del Pallone d’Oro hanno iniziato a vincere anche i sudamericani: Ronaldo, Ronaldinho, Messi. Non era più la stessa cosa. Forse perché a poco a poco si cresceva, forse perché brasiliani e argentini avevano davvero poco di continentale. Sta di fatto che il vincitore dell’”europeo dell’anno” a poco a poco è diventato per noi un calciatore come tutti gli altri.
Ma, se possibile, la poesia che nasceva col Cigno di Utrecht e terminava con l’Usignolo di Kiev oggi subisce un ulteriore arresto. Per tutti l’europeo dell’anno è diventato Mario Monti. Non vorrei davvero essere bambino oggi.