(il vecchio Terk)
In genere a questo punto dell’anno si fanno i bilanci e i propositi. Si tira la riga, si fanno e le somme e ci si infarcisce con una cavagna di buone intenzioni. Quella del bilancio e della programmazione personale è una circostanza che aborro, per la sua assoluta inutilità e soprattutto perché tutti la vogliono fare a fine anno. Come se ci fosse un legame tra San Silvestro e la nostra coscienza, tra i fagioli della tombola e il nostro libero arbitrio. Perché non fare il bilancio della propria vita per le Idi di marzo, o nel solstizio d’estate?
Comunque sia, della fine dell’anno mi piacciono soprattutto le rubriche della serie “per quali motivi ricorderò il 2011”. Quelle che si leggono su ogni giornale, che si vedono su qualunque tg, che si ascoltano in qualunque radio. Proprio alla radio, un tipo ieri ha detto una cosa grottesca e dunque amaramente piacevole: “ricorderò il 2011 come l’ultimo anno prima del default dell’Italia”.
Auguri a tutti e mi raccomando: mandatemi pure sms impersonali con auguri generici inviati a tutta la vostra rubrica telefonica. Ma non pretendete che vi risponda. È un augurio anche questo.
#1 by valentina at 31 dicembre 2011
Augurio semiserio per il 2012 per l’amico Silvio: dai al tuo prossimo. Prima che sia lui a dartele. AUGURI!!
#2 by Cirano at 31 dicembre 2011
AUGURI, con le parole di Antonio Gramsci:
” … odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.”
(Antonio Gramsci, 1° Gennaio 1916 su l’Avanti!, edizione torinese, rubrica “Sotto la Mole”)