James Bund


“Domando scusa, ma non posso cambiarmi, e se James Bond finirà,
andrò sempre a vedere quello che prenderà il suo posto”

(G. Piovene, scrittore e giornalista)

L’ultima asta dei titoli di stato tedeschi, i cosiddetti bund, è stata un flop.  Sintomo, ci dicono gli analisti e i banalisti, che la crisi economica sta arrivando di gran carriera anche nelle lande teutoniche.

Non se ne può più dei super esperti di finanza, di quelli che danno elegante sfoggio di paroloni copiati da altri, che a loro volta hanno copiato da altri ancora. E questa crescente sensazione di fastidio avrà effetti collaterali anche sulla memoria collettiva.

Sì, perché “Bond” per me è sempre stata una parola associata alla faccia di Sean Connery, non certo all’immagine di un titolo obbligazionario. Dicevano “bond” e io pensavo allo smoking, al colpo di pistola che macchiava di sangue la sigla d’inizio di 007. Ora non è più così.

Ora penso ai film di James Bund, oppure a frasi come “il mio nome è Bond, Euro-Bond”. Aiuto.

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