Archive for agosto 2011
Laurea super breve
(C. Bukowski)
Bossi in canottiera aveva promesso che la manovra d’estate non avrebbe toccato le pensioni, pena la caduta del Governo.
Quindici anni fa il mio professore di Scienze della Politica mi rivelò che il Senatùr, durante la sua giovinezza, millantò per parecchie volte l’imminente laurea in medicina. Nelle valli varesotte Umberto era solito organizzare feste di laurea per gozzovigliare con gli amici, anche se da tempo non frequentava più aule, libri e professori. Dev’essere per questo che il leader leghista ha ceduto al ferreo principio de “le pensioni non si toccano” e ha concesso l’eliminazione, nel computo del conteggio d’anzianità, degli anni d’università riscattati. Una bella presa per i fondelli per chi ha pagato profumatamente il riscatto. Fortunatamente dopo due giorni il Governo ha fatto dietro front, ritirando l’estrosa proposta. Quando si dice “avere le idee chiare”.
La banale scelta del nome
È buffo. L’uragano che sta per arrivare a New York lo hanno chiamato Irene. Irene però deriva dal greco “Eirene”, che significa pace. E di solito un urgano di pacifico non ha assolutamente niente. Insomma, dal terrore all’errore. Eufemismo e ironia anglosassone? No, è solamente ignoranza americana.
L’episodio però mi ha ricordato una celebre banca italiana, di una celebre città di mare. Per un importante progetto che la riguarda, ha scelto il nome di Cassiopea, rifacendosi alla prestigiosa costellazione. Gli ignari bancari non sapevano, evidentemente, che prima di essere una costellazione Cassiopea era una divinità greca. La stessa che per essersi vantata di essere la più bella delle nereidi, sollevò la collera di Poseidone, dio del mare, il quale scatenò una devastazione (sarà stato un uragano?). Niente di che, solo che se lavorassi in una città di mare, eviterei di chiamare un progetto con quel nome.
Non credo affatto alla superstizione, ma queste contraddizioni semantiche sono piuttosto fastidiose.
Scemo chi legge
(F. De Gregori – La storia)
Questa volta la storia mi era sfuggita. Mentre scorrazzavo ignaro e assorto nelle lande teutoniche, il Senato approvava in via definitiva un decreto truffaldino e dunque taciuto.
Dal primo settembre entra in vigore una norma che vieta gli sconti superiori al 15% sul prezzo dei libri. Esatto, avete capito bene. L’articolo 1 sancisce per tutti i venditori, siano essi librerie, supermercati o siti internet, il divieto di praticare sconti sul prezzo di copertina del libro superiori al 15%. Insomma, da settembre non potremo comprare libri scontati, perché su tutto il territorio nazionale i prezzi saranno pieni, o quasi. Abolite le piacevoli ricerche nei cassoni dell’Iperfamila, soppressi gli ordini giovevoli su Ibs, assassinate le gustose ricerche tra le bancarelle delle sagre paesane. Le uniche eccezioni sono rappresentate: da campagne promozionali con sconti entro il 25% e in periodi non superiori al mese (e comunque non in dicembre); dalla facoltà di applicare sconti entro il 20%, in occasione di particolari eventi o manifestazioni. Restano poi fuori dalla norma libri d’arte, libri antichi, libri usati e remainders.
Dunque la regola della libera concorrenza in questo ambito non vale più. Un po’ come se si decidesse che la benzina non può costare meno di un euro e mezzo a litro o che la pizza deve costare dappertutto almeno otto euro. Saranno affari del commerciante, decidere fino a quale prezzo conviene vendere per non rimetterci. O no?
Si badi bene, non è solo colpa della Mondadori e del Governo finto- liberista. La legge, proposta da un galoppino del Pd, è stata votata da tutti. “Aiuterà la piccola editoria”, dicono. Ma allora perché non radere al suolo i centri commerciali, che sfavoriscono i piccoli negozietti di alimentari? Solo i Radicali si sono accorti che il provvedimento sancisce la corporazione e il protezionismo di cartello degli editori, dando un calcio in culo ai consumatori. Sono contento per la mia amica Elsa, che avrà più utenti nella nostra biblioteca. Ma sono schifato per la considerazione che questa classe politica ha della cultura. A Natale regalerò solo grandi paia di mutande.
Campa cavallo
(R. Vecchioni – Samarcanda)
Federica Pellegrini mi è simpatica come la sabbia che ti ritrovi nelle mutande, quando ti rigiri nel letto per la siesta pomeridiana, nelle caldi estati al mare. È qualcosa che va ben oltre il prurito.
Tuttavia, in questi giorni sono assolutamente solidale con lei. Gli animalisti le hanno imposto la gogna, rea di aver presenziato al Palio di Siena.
Echissenefrega? Le bestie sono bestie, non persone. E il Palio ha tutte le ragioni per continuare, non è un sanguinario combattimento di cani, né la feroce mattanza dei tonni. È solo una gara.
Fossi in lei mi farei fotografare al tavolo di un bel locale toscano, con una gustosa scottona di cavallo nel piatto.
Ricchi e poveri
(Ricchi e Poveri – Che sarà)
Hanno tagliato anche la fantasia. Ogni volta che arriva una finanziaria, per sottolineare la necessarietà dei provvedimenti, tutti ritirano fuori l’insopportabile metafora della coperta corta. Sempre quella. Eppure questa manovra arriva in un torrido ferragosto: si potrebbe parlare di asciugamano corto, di telo mare ristretto, di bikini succinto. Invece no: quella corta è sempre la coperta.
Una manovra economica per definizione è fatta per racimolare soldi, dunque difficilmente potrà soddisfare tutto il parco buoi. Perché se si agevola qualcuno, inevitabilmente si sfavorisce qualcun altro. Per questa regola elementare, anche la schifezza partorita in questi giorni può dirsi opinabile. Ogni provvedimento può piacere ad alcuni e non ad altri, è solo una questione di gusti e soprattutto di condizione sociale.
Intanto l’articolo 8 del decreto (è il n. 138 del 13 agosto 2011) introduce la possibilità da parte dei contratti di lavoro aziendali di derogare ai contratti nazionali. Un evento gravissimo e sottaciuto. Per dare flessibilità al sistema, si cancellano dei diritti acquisiti. Ma CISL e UIL hanno già detto che non sciopereranno. Paradossalmente, al loro posto potrebbero scioperare i calciatori di serie A. Hanno già fatto sapere che ciò avverrà, qualora non saranno le società a pagare per loro il contributo di solidarietà, imposto dalla manovra ai redditi superiori a 90 mila euro. I ricchi scioperano, i poveri sperano che non lo facciano. Il trionfo del paradosso.
Bavarese alla crema
(Ritornello di una canzone bavarese tipica, cantata alla Hofbräuhaus)
La Baviera è una meta a portata di mano. Quando uno non sa dove andare, dovrebbe farsi un giro in questa regione. La Germania non ha costi particolarmente alti, racchiude angoli molto affascinanti e storicamente attraenti, ed inoltre ci si può trovare anche del buon cibo.
Noi abbiamo deciso di raggiungere Norimberga e di scendere attraverso la nota Romantische Strasse. Un itinerario però un po’ personalizzato, tracciato leggendo qua e là le informazioni delle varie guide e disegnato anche sulla base delle reminiscenze legate ai viaggi passati.
Monaco. Il viaggio inizia dall’intramontabile capitale della Baviera. Città non particolarmente incantevole, ma bella da vivere e facile da raggiugere. La definirei “sempreverde”. Monaco racchiude per me tanti ricordi. Viaggi in stagioni diverse, con tante persone diverse. S’incomincia con una passeggiata tra le vie commerciali del centro, tra vetrine di abbigliamento improbabile e accostamenti tipicamente teutonici. Le migliori esposizioni sono quelle degli abiti da uomo, con le cravatte regimental sulle camicie a quadrettoni o i colori pastello abbinati e mescolati tra loro in maniera randomica. Si arriva presto nella Marienplatz, piena di gente e di colori, e dopo qualche foto ci rechiamo all’interno del Rathaus, da dove Goebbels pronunciò il celebre discorso che diede il via alla notte dei cristalli. Saliamo sulla torre meridionale della Frauenkirche. Immancabile la sosta alla birreria Hofbräuhaus. Tra le assi consunte di quei tavoli riporto alla mente le stagioni dei vari viaggi. Prima col Gian e col Tui, gli anni dopo con l’Andrea, il Cugi e poi anche col Paio. Mi è impossibile dimenticare le bellissime soste col Lele.
Ceniamo alla Sneider, a mio avviso uno dei posti migliori, poco fuori la porta orientale della città.
Norimberga. È certamente una delle città più pittoresche che abbia mai visto. Non la ricordavo così bella. Il fiume Pegnitz la taglia in due, creando stupendi isolotti concatenati da ponti e passerelle. Dall’alto domina la fortezza Kaiserburg, con gli scuri rossi e bianchi e l’ordinato cortile lastricato; ai suoi piedi si trova una piazzetta da cartolina dove non si può non fermarsi. Qui ho ritrovato la birra artigianale da asporto che conobbi per la prima volta nel lontanissimo ’93! Poi la celeberrima piazza del mercato e le varie chiese. Una città sorprendentemente piacevole, da scoprire girovagando e lasciandosi guidare dal caso.
Alle porte di Norimberga si può visitare il Reichsparteitagsglände, il complesso delle adunate naziste: uno stadio con imponenti tribune per le parate militari e una specie di colosseo per i congressi del partito.
Va detto che i migliori bratwurst, la specialità di Norimberga, si possono indiscutibilmente trovare nel locale di fronte al Rathaus, mentre per una buona cena si può andare ai piedi del castello, al Burgwächter. A pochi chilometri da Norimberga abbiamo visitato il centro di Fürth, la più piccola città al mondo dotata di metropolitana.
Rothenburg ob der Tauber. Cittadina incantevole, con tortuose strade acciottolate, racchiusa in una cinta muraria tonda ed interamente percorribile sui camminamenti di guardia. L’immancabile torre regala la veduta dall’alto sulla piazza centrale. Irrinunciabile.
Dinkelsbühl. Diciotto torri e tantissime case a graticcio dalle tinte pastello, ma il paesino sorprende soprattutto per il silenzio e l’ordine del suo centro. Anche qui la torre di Saint Georg permette di fotografare la piazza da una prospettiva diversa.
Nördlingen. Il paese sorge all’interno di un cratere creato dalla caduta di un meteorite. Ancora una volta la cinta muraria racchiude tutto il centro storico. Sulla Torre Daniel che signoreggia sulla piazza, ci vive tutto l’anno un guardiano. Salendo, penso che non sarebbe poi così male vivere isolati a 90 mt da terra.
Harburg. È una specie di Borghetto in salsa bavarese, con due ponti sul fiume e un isolotto che ospita alcune gradevoli casette. Si visita in dieci minuti. Il pugno di case è sovrastato da un bel castello.
Donauwörth. Il più mediocre. Solo una strada con facciate pastello e un piccolo ponte alla confluenza tra Danubio e Wörnitz. Lo dimenticheremo alla svelta. Trascurabile.
Ausburgo. Città un po’ scarna, che mi ha in parte deluso. Paga i pesanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, che ne hanno disintegrato la spina dorsale. Una bella piazza sulla quale si affacciano il municipio e la torre Perlachtum. La cosa più bella è il mercato Stadtmarkt dove bancarelle e chioschi si susseguono senza interruzione. Ottimo il ristorante Bauerntanz nel quartiere più tipico, il Lechviertel.
Friedberg. Semplice paesotto con castello, tranquillamente tralasciabile. Si mangia un buon cervo con canederli nel ristorante della piazza centrale, che è praticamente l’unico.
Landsberg am Lech. Bellissima località sulle rapide del fiume. I vicoli collegano la bella piazza alla rive del Lech, mentre dalla parte opposta si estendono freschi prati e giardini. È un piacere passeggiarci e merita certamente una sosta.
Steingaden. C’è solo un’imponente chiesa, la Wieskirche che a noi è parsa uguale a duomo di Revere. Delebile.
Füssen. La conoscono tutti. Bella, ma troppo turistica. A me non piace gran che.
La Romantische Strasse non è un luogo trascendentale. I piccoli paesi sono deliziosi, ma mai irresistibili. Per capirci: se ci fosse una “strada romantica” che collega Solferino, Volta e Monzambano potrebbe essere sicuramente più pregevole. Il fatto è che in Baviera i villaggi sono sempre bene manutenuti, puliti e ottimamente serviti. Da noi un’amministrazione che fa una ciclabile in cinque anni di legislatura, sembra che compia un’impresa titanica; in Germania ogni strada provinciale è affiancata da una ciclabile, per non parlare delle reti di piste che attraversano tutte le città e i paesi. Sta qui la marcia in più dei tedeschi: nel conservare e nel promuovere al meglio i propri luoghi e le proprie risorse.
Chiuso per ferie
Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe rimasto inascoltato l’appello al Parlamento per ridursi le ferie? Dal 5 agosto al 12 settembre. Mica male per chi solitamente lavora dal martedì al giovedì. Fatte le dovute proporzioni, è un po’ come se noi andassimo in ferie dal 4 agosto al 4 ottobre.
Per giustificare il lungo periodo in panciolle, da più parti si è addotto l’impedimento di molti parlamentari per il viaggio in Terrasanta, pianificato per i primi di settembre. Organizza Lupi, dicono. Me li immagino sul pullman che rispondono all’appello, con Lupi in piedi di spalle al lunotto anteriore, col microfono in mano che li chiama uno per uno: “Barbareschi? Presente! Bersani? Presente!”
L’anno prossimo per arrivare fino a fine settembre, ci diranno che Calderoli organizza una visita guidata all’Oktober Fest e che per rispetto… occorre andarci.
Ma dai! È andato in ferie anche il ritegno. Almeno il silenzio, qualche volta non guasterebbe.
Buone vacanze a tutti, ci risentiamo tra quindici giorni. Noi.
Ridateci Ruggero
Posted by Giullare in Cose di paese on 2 agosto 2011
Lo sanno anche gli ospiti della casa di riposo “Nicolai” che gli articoli del gruppo consigliare Ingegno per Volta li scrive Ruggero. Non c’è niente di male nel ricorrere allo scribacchino, anzi… Se uno non è capace di fare una cosa, è giusto che chieda aiuto. Io ad esempio non costruirò mai un ponte da solo, né cucinerò la saint honerè senza aver prima preso lezioni di cucina, e neppure guiderò mai la motonave Andes senza aver preso la patente nautica.
Il problema è che dall’ultima lettera al direttore a firma Ingegno per Volta (pubblicata il 2 agosto sulla Gazzetta), si evince chiaramente che Ruggero è in ferie e che qualcun altro ha preso furtivamente le sue veci. Gli scritti di Ruggero, anche se poco condivisibili, sono asciutti, ordinati e ottimamente chiari. Scrive bene, e seppur macchiata da un po’ di livore, la sua ironia mi è sempre risultata gradita. Non sto scherzando, a me piacciono, mi fanno ridere davvero.
Questa lettera invece è pesantemente sciapa. Galline, P.G.T., scoperte scientifiche e NO TAV… un minestrone insipido e annacquato, che invece di mettere l’appetito spinge al digiuno. Forse l’obiettivo era fare dell’ironia, ma il colpo è uscito abbondantemente dal vaso. Gli argomenti poi… identici a quelli di due giorni fa. Repetita iuvant, potrebbero rispondermi, se solo sapessero cosa significa.
Purtroppo non ho trovato in rete la lettera per riproporla in questo spazio, e ricopiarla mi sembrava troppo. Cercatela sul giornale, merita. Contiene una specie di gioco enigmistico: due idee che gravitano in mezzo a trenta righe, senza mai congiungersi: dovete indovinare quali sono.
Un appello alla minoranza: vi prego, ridateci Ruggero. E speriamo che con la prossima lettera non dicano che l’ha rapito l’Amministrazione.