Il trasformista senza talento


Di solito però, poiché era bravo in quel genere di cose, era osservatore e aveva una buona memoria; in breve, poiché era bravo nel suo lavoro, li scopriva sempre. Conosceva le disposizioni preferite da una squadra di pedinatori, conosceva i trucchi, le debolezze, le distrazioni momentanee che li tradivano. Per lui essere tenuto d’occhio non significava nulla ma quella volta, mentre varcava la porta improvvisata tra l’edificio e la baracca e si fermava nella camera da letto delle guardie, ebbe la sensazione precisa che qualcosa non andasse
(J. Le Carré – La spia che venne dal freddo)

Nei romanzi di Le Carrè, spesso la spia fa il doppio gioco. Alcune volte, quando è l’eroe del libro, riesce a farla franca, salva se stessa e magari anche il mondo. In altre occasioni, invece, le cose vanno peggio: la spia viene scoperta e con un rocambolesco colpo di scena i destini si ribaltano.

Stasera, mentre scrivo, su Rai3 va in onda Il Trasformista, filmetto di terza segata (sic!) di Luca Barbareschi. Già… proprio lui: l’attore, il caratterista, il presentatore e infine il politico. Non è il solo ad aver iniziato come uomo di spettacolo, prima di passare nelle aule del Parlamento, ma è certamente il solo ad aver recitato così malamente il ruolo del trasformista.

Barbareschi, finiano di ferro, viene eletto nelle file del Pdl, ma al momento della scissione entra subito a far parte di Futuro e Libertà. La scorsa settimana, durante la votazione per la restituzione degli atti relativi alla vicenda Ruby alla Procura di Milano, Barbareschi annuncia coerentemente di votare “contro”, in linea con tutti gli altri finiani. Angela Napoli, deputata di Futuro e Libertà e capogruppo di Fli in commissione Antimafia, racconta minuziosamente quanto accade. “Barbareschi ha premuto il rosso, cioè contrario al deliberato della Giunta, così come era stato concordato da tutto il Fli. Poi ha messo il telefonino sulla lucetta rossa e ha scattato una foto. Che cinema… quindi ha lasciato il telefonino sopra la lucetta rossa. Ho capito che stava per fare qualcosa e ho toccato il braccio di Buonfiglio, facendogli segno di guardare lì. Alla fine, mentre il presidente Fini stava dicendo “votazione chiusa”, Barbareschi ha cambiato premendo il bianco, e dunque votando l’astensione, così come è apparso sul quadro generale d’Aula. Quando è apparsa la lucetta bianca sul quadro, in mezzo a tutti i rossi, ho sentito gridare dai banchi del mio gruppo: “Chi è stato?”. Io ho subito detto: Barbareschi. Perché l’avevo visto. Ma lui mi ha mostrato la foto che aveva sul cellulare. A quel punto gli ho risposto che era uno sciocco. Il voto è quello che appare sul quadro e viene registrato. Quando ha capito che aveva fatto un’eresia, Barbareschi ha detto “ho sbagliato” ed è andato giù a dirlo agli stenografi. Ma il suo voto non è stato cambiato e non sappiamo se si sia realmente avvicinato a loro e abbia detto qualcosa”. Una bella recita, non c’è che dire.

Ma per ora è ancora lontano dal ruolo di protagonista. Gian Antonio Stella ci ricorda infatti che Barbareschi ha il 52,3% di assenze nelle sedute del Parlamento: più che un protagonista, direi una comparsa. E quando Ferrucci, giornalista de Il Fatto Quotidiano, nel 2009 gli chiese come uno stipendio lordo di 23 mila euro al mese, più benefit, potesse giustificare tutte quelle assenze, il buon Barbareschi rispose: “…non ce la farei ad andare avanti con il solo stipendio da politico”.

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