Volere volare


Butto un occhio al monitor dei voli in partenza. Il volo per Verona è puntuale, come sempre quando si vola con AirItaly. Come al solito non c’è coda al desk 206. Tutto normale. Mentre sbrigo la pratica “biglietto”, l’operatrice* mi avverte: “abbiamo una novità: oggi non assegnamo i posti, ma ci si siede dove si vuole”. Chiedo se l’aereo è pieno e se l’abolizione del posto assegnato è definitiva. “Il volo è completo – risponde – e per oggi facciamo così, per i voli futuri… vedremo. Buona fortuna”. Il tono è quello della Pizia, che risponde solenne alle domande esistenziali dei passeggeri, o quello del Dio del cielo, che decide della sorte di ogni volo, della vita e della morte di ognuno, a seconda di come gli tira in quel momento.

Trascorro la mezzora d’attesa a rispolverare le tecniche di occupazione del miglior posto, già collaudate con i voli Ryanair. 1- salire sul primo bus disponibile; 2- collocarsi in piedi, vicino alle porte d’uscita del bus; 3- avvicinarsi alla porta più più vicina alla scala, non appena s’individua l’aeromobile all’orizzonte; 4- scattare veloci, per raggiungere per primi la scaletta. Così accade, ma la vera sorpresa è che l’aereo è sconosciuto: Aurela, recita l’enorme scritta rossa sulla carlinga inevitabilmente bianca. Scorpirò solo a casa, che si tratta di una compagnia lituana. A bordo scelgo il posto che preferisco: finestrino a destra, per dormire appoggiando la testa di lato, senza il rischio di bollire per il sole che tramonta (a sinistra). L’importante è non avere persone dietro, in modo da reclinare lo schienale senza remore morali. Il volo, contrariamente a quanto dichiaratomi, è praticamente vuoto. Il personale di bordo è misto: stewart della AirItaly, con l’inquietante divisa da camerieri di fast food, e hostess dell’Aurela. Chiedo ad una di queste se posso usare il portatile (in genere non lo uso mai) e mi risponde in inglese che devo metterlo sotto il sedile. Con il mio di inglese, eccessivamente claudicante, le spiego che non cerco un posto dove riporlo, ma vorrei accenderlo. “Non in fase di discesa” sentenzia lei; o più che altro questo è quello che capisco io. Ha una tailleur marrone, che più brutto non si può. Non sarebbe nemmeno pessima, ma vestita così la par me nòna. E poi è simpatica come Mourino e Cicchitto mesi insieme.

Si aprono le porte. Faccio per scendere dietro, dove oltre allo sportello aperto c’è già la scaletta. “Only in front!” mi urla la befana. Mi giro e seguo, da ultimo, la fila che scende dalla porta anteriore. Com’è dura volare.

* La scelta del banco check in la faccio secondo queste priorità: 1- banco con meno fila; 2- presenza di un’operatrice donna rispetto ad un uomo; – 3 operatrice più carina.

  1. #1 by Gianluca at 12 marzo 2010

    Io di solito al check in inverto l’ordine di priorità e quindi le opzioni 2 e 1 automaticamente si eliminano.

  2. #2 by Silvio Baù at 13 marzo 2010

    Il solito piacione, non avevo dubbi.

(non verrà pubblicata)

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