Il Tar ha riammesso la lista “viziata” di Formigoni. Non perché il vizio in sé fosse venuto meno, ma perché autorizzati a sollevarlo erano solo le liste escluse, ed i radicali, rei di aver puntato il dito, non erano in questa condizione. Ora l’ordinanza del Tar abolisce anche il controllo sulle firme.
Si può dissentire sul cavillo, ma la giustizia amministrativa ha fatto il suo corso e dunque non c’è nulla da eccepire. “Si ristabilisce la democrazia”, plaudono i più, perché viene salvaguardato il diritto di centinaia di migliaia di elettori di votare per lo schieramento Pdl. Forse è vero: eliminare il primo partito italiano dal concorso elettorale delle principali regioni avrebbe significato guastare e pervertire il naturale equilibrio democratico. È una questione di evidente buonsenso. Tuttavia, il rispetto delle regole dovrebbe venire ancora prima del buonsenso. Questo perché il primo è un principio oggettivo, mentre il secondo rimane comunque un fatto arbitrario e dunque soggettivo.
Ad ogni modo, Tar a parte, il colpo di mano del provvedimento ad listam era, ed è, già pronto. L’ennesimo decreto legge, che regola d’urgenza i paletti della competizione elettorale già in corso. Come se una squadra, subendo un gol sul filo del fuorigioco, cambiasse d’ufficio la regola dell’offside e si riportasse immediatamente sullo 0 a 0. Il decreto stabilisce che la scadenza della presentazione delle liste si misura con l’orario d’ingresso in tribunale di coloro che portano le firme, non con la consegna effettiva dei plichi: questo “salva” il Pdl a sostegno della Polverini. Stabilisce poi che l’autenticazione sia valida anche in assenza di alcuni requisiti formali, purché tali requisiti siano “desumibili” da tutto il resto della documentazione: questo recupererebbe Formigoni, già spedito sulla via del quarto mandato.
I paladini della democrazia, i garanti dei diritti del popolo, dovrebbero accorgersi che per assicurare il sacrosanto diritto di votare un partito si è proceduto a cambiare in corsa le regole del gioco. Ma questo non sarebbe accaduto se gli esclusi fossero stati una civica di pensionati di Campobasso o la lista “No Euro” della Liguria. Due pesi, due misure. La salvaguardia democratica è un’altra cosa.