Archive for dicembre 2009

Lancio il Sassello (ma non nascondo la mano)

credo che meriti di più
ma intanto son qua io
e ti offro di ballarci su

(L. Ligabue – Urlando contro il cielo)

Uno dei propositi per il nuovo anno sarà la presentazione di un’istanza per Sassello. Chiedo semplicemente di valutare interventi migliorativi alla situazione urbanistica della via più bella del paese.

Chi volesse sposare la mia causa (non costa niente) può firmare il modulo allegato di seguito e consegnarlo al sottoscritto.

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Il martirio di Santo Stefano

Saulo era fra coloro che approvarono la sua uccisione. In quel giorno scoppiò una violenta persecuzione contro la Chiesa di Gerusalemme e tutti, ad eccezione degli apostoli, furono dispersi nelle regioni della Giudea e della Samarìa. Persone pie seppellirono Stefano e fecero un grande lutto per lui.”

(Atti degli Apostoli 8, 1-2)

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Buon Natale?

Odio le mail estese ed impersonali che mi augurano Buon Natale. Così come odio gli sms stile “inoltra a tutti” che mi inondano il 25 dicembre ed il 1 gennaio. Riflettendo sull’inutilità del 90% degli auguri di Natale, ho riscovato questo racconto di Dino Buzzati.

Nel paradiso degli animali l’anima del somarello chiese all’anima del bue:- Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna e là, nella mangiatoia…?
– Lasciami pensare… Ma sì – rispose il bue. – Nella mangiatoia, se ben ricordo, c’era un bambino appena nato.
– Bravo. E da allora sapresti immaginare quanti anni sono passati? – Eh no, figurati. Con la memoria da bue che mi ritrovo.

– Millenovecentosettanta, esattamente.
– Accidenti!
– E a proposito, lo sai chi era quel bambino?
– Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio, se non sbaglio. Certo, era un bellissimo bambino.
L’asinello sussurrò qualche cosa in un orecchio al bue.

Ma no! – fece costui – Sul serio? Vorrai scherzare spero.
– La verità. Lo giuro. Del resto io l’avevo capito subito…
– Io no – confessò il bue – Si vede che tu sei più intelligente. A me non aveva neppure sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi, era un fantolino straordinario.
– Bene, da allora gli uomini ogni hanno fanno grande festa per l’anniversario della nascita. Per loro è la giornata più bella. Tu li vedessi. È il tempo della serenità, della dolcezza, del riposo dell’animo, della pace, delle gioie famigliari, del volersi bene. Perfino i manigoldi diventano buoni come agnelli. Lo chiamano Natale. Anzi, mi viene un’idea. Già che siamo in argomento, perché non andiamo a dare un’occhiata?
– Dove?
– Giù sulla terra, no!
– Ci sei già stato?
– Ogni anno, o quasi, faccio una scappata. Ho un lasciapassare speciale. Te lo puoi fare dare anche tu. Dopotutto, qualche piccola benemerenza possiamo vantarla, noi due.
– Per via di aver scaldato il bimbo col fiato?
– Su, vieni, se non vuoi perdere il meglio. Oggi è la Vigilia.
– E il lasciapassare per me?
– Ho un cugino all’ufficio passaporti.
Il lasciapassare fu concesso. Partirono. Lievi lievi, come mammiferi disincarnati. Planarono sulla terra, adocchiarono un lume; vi puntarono sopra. Il lume era una grandissima città. Ed ecco il somarello e il bue aggirarsi per le vie del centro. Trattandosi di spiriti, automobili e tram gli passavano attraverso senza danno, e alla loro volta le due bestie passavano attraverso i muri come se fossero fatti d’aria. Così potevano vedere bene tutto quanto.
Era uno spettacolo impressionante, mille lumi, le vetrine, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili, e il vertiginoso formicolio della gente che andava e veniva, entrava e usciva, tutti carichi di pacchi e pacchetti, con un’espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. Il somarello sembrava divertito. Il bue si guardava intorno con spavento.
– Senti, amico: mi avevi detto che mi portavi a vedere il Natale. Ma devi esserti sbagliato. Qui stanno facendo la guerra.
– Ma non vedi come sono tutti contenti?
– Contenti? A me sembrano dei pazzi.
– Perché tu sei un provinciale, caro il mio bue. Tu non sei pratico degli uomini moderni, tutto qui. Per sentirsi felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi.
Per togliersi da quella confusione, il bue, valendosi della sua natura di spirito, fece una svolazzatina e si fermò a curiosare a una finestra del decimo piano. E l’asinello, gentilmente, dietro.
Videro una stanza riccamente ammobiliata e nella stanza, seduta ad un tavolo, una signora molto preoccupata.
Alla sua sinistra, sul tavolo, un cumulo alto mezzo metro di carte e cartoncini colorati, alla sua destra una pila di cartoncini bianchi. Con l’evidente assillo di non perdere un minuto, la signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati lo esaminava un istante poi consultava grossi volumi, subito scriveva su uno dei cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta, chiudeva la busta quindi prendeva dal mucchio di destra un altro cartoncino e ricominciava la manovra. Quanto tempo ci vorrà a smaltirlo? La sciagurata ansimava.
– La pagheranno, bene, immagino, – fece il bue – per un lavoro simile.
– Sei ingenuo, amico mio. Questa è una signora ricchissima e della migliore società.
– E allora perché si sta massacrando così?
– Non si massacra. Sta rispondendo ai biglietti di auguri.
– Auguri? E a che cosa servono?
– Niente. Zero. Ma chissà come, gli uomini ne hanno una mania.
Si affacciarono, più in là, a un’altra finestra. Anche qui, gente che, trafelava, scriveva biglietti su biglietti, la fronte imperlata di sudore.
Dovunque le bestie guardassero, ecco uomini e donne fare pacchi, preparare buste, correre al telefono, spostarsi fulmineamente da una stanza all’altra portando spaghi, nastri, carte, pendagli e intanto entravano giovani inservienti con la faccia devastata portando altri pacchi, altri scatole altri fiori altri mucchi di auguri. E tutto era precipitazione ansia fastidio confusione e una terribile fatica. Dappertutto lo stesso spettacolo. Andare e venire, comprare e impaccare spedire e ricevere imballare e sballare chiamare e rispondere e tutti correvano tutti ansimavano con il terrore di non fare in tempo e qualcuno crollava boccheggiando.
– Mi avevi detto – osservò il bue – che era la festa della serenità, della pace.
– Già – rispose l’asinello. – Una volta infatti era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno, sarà questione della società dei consumi… Li ha morsi una misteriosa tarantola. Ascoltali, ascoltali.
Il bue tese le orecchie.
Per le strade nei negozi negli uffici nelle fabbriche uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi come automi delle monotone formule buon Natale auguri auguri a lei grazie altrettanto auguri buon Natale. Un brusio che riempiva la città.
– Ma ci credono? – chiese il bue – Lo dicono sul serio? Vogliono davvero tanto bene al prossimo?
L’asinello tacque.
– E se ci ritirassimo un poco in disparte? – suggerì il bovino. – Ho ormai la testa che è un pallone… Sei proprio sicuro che non sono usciti tutti matti?
– No, no. È semplicemente Natale.
– Ce n’è troppo, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino. Era freddo anche lì, eppure c’era una pace, una soddisfazione. Come era diverso.
– E quelle zampogne lontane che si sentivano appena appena.
– E sul tetto, ti ricordi, come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.
– Uccelli? Testone che non sei altro. Angeli erano.
– E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle hanno una vita lunga.
– Ho idea di no – disse l’asino – c’è poca aria di stelle, qui. Alzarono il muso a guardare, e infatti non si vedeva niente, sulla città c’era un soffitto di caligine e di smog.

A proposito: Buon Natale a tutti!

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Illusioni invernali

Un po’ questa storia del P.G.T. mi ha intrippato. Non so perché, ma ultimamente Volta mi sembra un po’ più bella, un po’ più da tutelare. Mi illudo che siano arrivati gli strumenti per preservare il nostro patrimonio. Illusioni, ripeto.

Anche d’inverno, Volta mostra qualche piccola gioia.

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Il rischio di una rivoluzione incompresa

All’alba del P.G.T., gli interrogativi che si pongono sono parecchi e piuttosto contorti. Un gruppo di esperti (tra essi architetti, geologi, sociologi, urbanisti) dovrà spiegarci bene di cosa si tratta e soprattutto che cosa cambia.

Èl PGT cusa sarésèl?”, potrebbe giustamente obiettare il nostro compaesano medio.

Eh sì, perché il cittadino comune non conosce assolutamente nulla del Piano di Governo del Territorio. Vai a spiegarglielo che dal 2005 le leggi impongono ai comuni di mettere in piedi un organismo complesso, più articolato del piano regolatore, per pianificare qualsiasi decisione che abbia impatti sul territorio. Vai a spiegarglielo che ogni nuova struttura, sia essa una strada, una casa, un parco, un negozio, o un semplice marciapiede, dovrà tener conto di tutti gli impatti e di tutte le ricadute sul territorio sottostante.

Rivoluzioni di questo tipo andrebbero illustrate meglio, con parole semplici ed esempi chiari. Perché poi è il singolo cittadino che subisce tutti i provvedimenti di chi governa il territorio, siano essi frutto di scelte dell’Amministrazione Comunale, della Provincia o della Regione.

Andrebbe detto ad esempio, che per modificare la viabilità del centro, sarà utile ascoltare il parere dei commercianti e dei residenti. Che per affrontare l’argomento del trasporto pubblico, non si potrà prescindere dalle esigenze delle categorie direttamente più coinvolte, come le scuole o gli anziani. Eccetera, eccetera.

Solo in questo modo, cioè “spiegando” le questioni, potremo chiedere alla cittadinanza una partecipazione cosciente e costruttiva alle decisioni. Solo in questo modo, il coinvolgimento dei “non addetti ai lavori” potrà risultare efficace e non solamente teorico.

Il meccanismo del P.G.T. contempla uno strumento nuovo e veramente rivoluzionario: quello delle istanze private. Domande formali, scritte, che ogni cittadino presenta e propone al gruppo di lavoro, e che devono obbligatoriamente essere prese in considerazione e valutate. Domande che magari non verranno esaudite alla lettera, ma che almeno non potranno essere ignorate. È con questa opportunità che noi cittadini possiamo influire sulle decisioni degli esperti. Fino ad ora, quasi tutte le istanze presentate riguardano richieste di passaggio di terreni da zona agricola ad edificabile. Possibile che nessuno chieda un teatro, un percorso pedonale protetto, un parco? Fino ad oggi non sapevamo di avere questo potere, ora sì.

Ma in tempo di regali di Natale, il nostro compaesano voltese vorrebbe chiedere anche altro. Non si accontenta di capire quello che avviene intorno a lui, non gli basta esprimere un’opinione di fronte alle domande e alle scelte che il P.G.T. gli proporrà. Si aspetta soprattutto di essere ascoltato e di vedere attuati i suoi suggerimenti. Solo così, tutto il P.G.T. potrà avere un senso.

(Editoriale pubblicato su Voltapagina n. 32)

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La città in palio, tra Spizzico e Bocconi

Siena è sempre affascinante. Un paradigma di toscanità. Quelli come me, che non hanno studiato alla Bocconi e che di arte, di urbanistica e di storia ne sanno poco, vedono in Siena l’esempio più classico e più limpido di città medievale. Il colore caldo degli edifici e dei tetti crea un’impressionante armonia tra i viottoli che convergono nel capolavoro di Piazza del Campo. Questo giro abbiamo trovato un tempo incerto… ma pazienza. Mi rimane l’acquolina di viverla nei giorni del palio, circostanza che ho sempre sognato e sempre disatteso. Da consigliare, oltre all’immancabile ristorante (in questo caso: Mugolone, sebbene un po’ caro), anche una capatina ai vicini Pienza e Montepulciano.

È inutile soffermarsi a descrivere le bellezze di Siena. Mi sono invece venuti in mente cinque motivi per cui non consiglierei nemmeno al mio peggior nemico di venire in vacanza con me ed altri cinque per cui è divertente accompagnarmi. In generale, s’intende.

Cinque motivi “out

– Passare un intero pomeriggio a cercare il ristorante per la serata può risultare estenuante. Da una parte all’altra della città, ignorando i percorsi artistici classici e sfogliando contemporaneamente diciotto guide enogastronomiche e tutti i menù esposti all’uscio dei ristoranti. Che palle!

– Sono difficile sul cibo. Di fronte a McDonald’s o Spizzico scateno uno sciopero della fame lievemente polemico.

– Attendere che scatto una foto ogni cinque minuti è bello le prime due volte… poi non si sopporta. Mezzora per ogni inquadratura e autoscatto. E per cosa poi? In genere il 99% delle foto è da buttare. Uff!

– Se c’è qualcosa che non mi soddisfa, divento insopportabilmente ansioso. Appena entro in una chiesa, se vedo che non mi piace esco. Può esserci anche l’autoritratto dei Santi Cirillo&Metodio, ma io giro i tacchi e cambio aria velocemente.

– L’ordine (esteriore) della mia camera e la mia pignoleria patrizia farebbero imbizzarrire anche Mother Teresa.

Cinque motivi “in”.

– Per restare in tema: con me difficilmente si mangia male. Mhh!

– Oltre ad un discreto senso dell’orientamento, ho un eccellente culo nel parcheggio. Ne deriva che quasi sempre trovo posto alle porte dei centri storici, senza pagare e senza multe.

– Vedermi entrare in un bar mentre chiedo (a Siena): “du haffè, per piascere” fa abbastanza ridere.

– Dev’essere spassoso fare un lungo viaggio in macchina mentre imito a squarciagola Al Bano e Ornella Vanoni.

– In fondo quando viaggio un po’ di balìa ce l’ho.

Cimitero

tur

Pizzicheria

Strada

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Il culo di Lippi

Si parlava, ad USA ’94, del celebre “culo di Sacchi”. Epigrafe abusata e tutto sommato neanche tanto azzeccata. L’Arrigo da Fusignano arrivò sì in finale giocando malamente e coi sorrisi del fato, ma perse la storica coppa per un rigore di Baggio calciato fuori (quanti rigori avrà calciato così Baggio in carriera?). I vari Trap, Zoff, Donad… non ebbero poi sorte migliore.

Poi arrivò Lippi, che vinse il mondiale. Tutti si sono ben guardati dall’attribuirgli la fortuna, ma di fatto vincemmo il mondiale non per meriti suoi, ma perché avevamo la nazionale più forte degli ultimi trent’anni di calcio italiano.

Ieri la dea bendata del sorteggio, che per il condominio del girone F regala a Lippi tre vicini di casa sconosciuti: Paraguay, Slovacchia, Nuova Zelanda. Eppure di squadre forti in giro ce n’erano, ma Marcellino pane&juventino s’è precipitato a chiarire che queste avversarie “non sono facili”. Ma col culo di Lippi supereremo il girone battendo questi portenti.

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V° Consiglio Comunale (30 novembre 2009)

Sono partito con l’idea di portarmi il pigiama, temendo lungaggini di polemiche ed empasse di contradditori soporiferi. Invece, tutto sommato sono rimasto sveglio.

Il primo punto riguardava una variazione di assestamento generale del bilancio 2009. La dicitura arcana cela in realtà un’operazione fondamentale: il prestito del Comune di 700.000 euro alla Morenica, società controllata dal Comune stesso. La manovra, che potrebbe apparire losca, in realtà mira a raggiungere l’obiettivo “fotovoltaico”, sempre più compromesso con l’avanzare del tempo. In pratica il Comune presterà alla società controllata i soldi per comprare una delle aree comunali per il fotovoltaico. Sull’instradamento del progetto parleremo in seguito, visto che è cambiato qualcosina…

Altre entrate saranno garantite dalla caparra per la realizzazione di nove tombe di famiglia (circa 180.000 euro totali). L’unica obiezione pertinente e azzeccata (made in Bertaiola) ha consistito nel chiedere se questa “vendita” è stata decisa dopo aver valutato lo spazio cimiteriale per gli anni a venire. Come dire: “avete verificato se facendo le tombe di famiglia rimane abbastanza spazio per i loculi?”. È stato fatta una valutazione dall’ufficio tecnico, ma non uno studio approfondito. In questo credo che siamo in difetto. Nelle pieghe del bilancio si scoprono circa 16000 euro (destinati alla manutenzione del verde, alle strade, alla viabilità) dirottati alla manutenzione degli immobili: tranquilli, nessuna spesa in più, solo priorità che cambiano.

La polemica insorge quando Bertaiola lamenta 4000 euro spesi per realizzare un calendario fotografico-storico di Volta (che non è quello che uscirà con Voltapagina). Nella convinzione dell’infallibilità che gli appartiene, ha espresso l’inutilità dell’opera, visto che la pubblicazione delle foto storiche è già stata abbondantemente fatta dalle sue amministrazioni. Spiegateglielo voi che il recupero della storia e della cultura locale rappresentano un valore più “alto”, che non ha limiti di quantità. Anche se 4000 € non sono pochi, n’è!

A latere, il tecnico Temperanza ha sottolineato la politica economica “cautelativa”, condotta per necessità da questa Amministrazione.

Il secondo punto riguardava un’altra delibera di variazione al bilancio annuale di previsione e contestuale variazione al pro. 60000€ di avanzo d’amministrazione sono stati utilizzati per sistemazioni stradali (su tutti l’asfaltatura di via Fermi e via Leopardi a Cereta). Beggi ha obiettato: “60000 euro per dò strade?” Obiezione sfortunata, perché gli è stato notificato che 23000 di quei 60000 sono stati utilizzati per pagare impegni di spesa della precedentemente amministrazione (asfaltatura di zone vicino all’ex cinema): in pratica avevano commissionato il lavoro senza prevederne la copertura, ma il “buon tacer non fu mai scritto”. Altre spese riguardano l’informatica del comune, l’arredo scolastico ed una caldaia per gli impianti sportivi.

Col terzo punto si approvato all’unanimità il Piano di Diritto allo Studio. Beggi ha contestato il fatto che al progetto doposcuola abbiano diritto d’ammissione i figli di genitori entrambi lavoratori (dunque con reddito). A suo dire sarebbe meglio privilegiare i figli dei “non lavoratori”. Peccato che se un genitore è a casa è più probabile che abbia tempo per custodire il proprio figlio, rispetto ad uno che lavora. Gulp!

Col quinto punto è stata prorogata la convenzione con Marmirolo per prestarsi i vigili a vicenda in caso di occorrenza. Unanimità

Col sesto si è rinnovata la convenzione tra diversi comuni con Monte dei Paschi, per accendere eventuali mutui a condizioni favorevoli. Non si tratta di accensione di prestiti, ma solo della sottoscrizione di una convenzione che al momento del bisogno risulterà utile. Nessun costo, validità tre anni: unanimità.

Settimo sigillo. Il nuovo segretario comunale sarà condiviso con i comuni di Solferino, Ponti e Pozzolengo. Inizialmente l’idea era quella di avere un segretario dedicato solo a Volta, ma questa condivisione (da ridiscutere tra un anno) ci permette di pagare l’ufficio del P.G.T. (vedere il prossimo numero di Voltapagina per capire cos’è il P.G.T.), senza costi aggiuntivi. In pratica non escono altri soldi, anche se il segretario sarà part-time almeno per un anno. La minoranza ha obiettato che il part-time è insufficiente per Volta. Soluzione pro tempore. Vedremo se sarà il caso di rivederla.

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