La pioggia nel pineto


Nell’atmosfera surreale di una pioggia ininterrotta e copiosa, mi è venuta in mente una poesia che tanto mi fece riflettere. La pioggia nel pineto, forse il più bel canto di D’Annunzio, è carica di emozioni. Sentimenti che debordano e permeano ovunque, come la pioggia che scende a dirotto nel bosco.

Il poeta passeggia sotto l’acquazzone con la sua donna, Ermione, ed in silenzio ascolta la musica delle gocce, la voce della natura, il sussurro delle piante e del bosco. L’empatia e l’armonia con l’ambiente circostante sono tali, che i due finiscono per subire una fiabesca metamorfosi vegetale. Il trasporto è così grande che gli amanti giungono ad una dimensione nuova, prima sognata, poi raggiunta.


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, Ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
( e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

  1. #1 by Alberto at 29 aprile 2009

    Ciao Silvio,
    propongo anche la bellissima risposta di Montale.

    Piove. È uno stillicidio
    senza tonfi
    di motorette o strilli
    di bambini.

    Piove
    da un ciclo che non ha
    nuvole.
    Piove
    sul nulla che si fa
    in queste ore di sciopero
    generale.

    Piove
    sulla tua tomba
    a San Felice
    a Ema
    e la terra non trema
    perché non c’è terremoto
    né guerra.

    Piove
    non sulla favola bella
    di lontane stagioni,
    ma sulla cartella
    esattoriale,
    piove sugli ossi di seppia,
    e sulla greppia nazionale.

    Piove
    sulla Gazzetta Ufficiale
    qui dal balcone aperto,
    piove sul Parlamento,
    piove su via Solferino,
    piove senza che il vento
    smuova le carte.

    Piove
    in assenza di Ermione
    se Dio vuole,
    piove perché l’assenza
    è universale
    e se la terra non trema
    è perché Arcetri a lei
    non l’ha ordinato.

    Piove sui nuovi epistèmi
    del primate a due piedi,
    sull’uomo indiato, sul cielo,
    ottimizzato, sul ceffo
    dei teologi in tuta
    o paludati,
    piove sul progresso
    della contestazione,
    piove sui works in regress,
    piove
    sui cipressi malati
    del cimitero, sgocciola
    sulla pubblica opinione.

    Piove, ma dove appari
    non è acqua né atmosfera,
    piove perché se non sei
    è solo la mancanza
    e può affogare.

  2. #2 by E at 29 aprile 2009

    Troppo bella! Una delle mie preferite dei tempi scolastici!

  3. #3 by vale at 30 aprile 2009

    spettacolare

(non verrà pubblicata)

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