Non ho mai avuto particolari simpatie per la Croazia. Retrogrado, antiquato, conservatore, intollerante. Definitemi come volete, ma a me i Croati non piacciono proprio. Nutro meschinamente l’impressione che se non fosse per i forzieri di euro che i turisti portano, e riportano l’anno dopo, non esiterebbero a sgozzarti per strada, anche solo per qualche spicciolo. Li ho sempre visti diffidenti e sospettosi, profittatori e poco propensi a socializzare.
Ciò che attira della Croazia è fondamentalmente il mare. Limpidezza e trasparenza, in miriadi di calette e baie nascoste, dove gli scogli e le spiaggette di ciottoli si susseguono senza soluzione di continuità. Le isole compiacciono gli occhi. Ne ho viste solo due, ma completamente diverse l’una dall’altra.
Due anni fa Pag, brulla e lunare, con l’aria angusta della terra che soffre, sembrava approcciarsi con un carattere ruvido e suscettibile. Vecchia e canuta come le bianche pietre di cui è ricoperta e come i pizzi per la quale è famosa. Tranquilla e pacifica, come la baia acquitrinosa della sua città capoluogo.
Quest’anno Hvar, verde e rigogliosa, che trasmette al turista un’aurea di spensierata esuberanza. La sua città principale, carica di gente e di locali rumorosi, invita alla vita, al prepotente divertimento estivo. Porto intraprendente e affollato, che scandisce i ritmi della vacanza a colpi di yacht e vistosi tacchi a spillo.
Se la costa rimane invivibile, soffocata nel cappio stringente della cementificazione selvaggia, le isole isolano in un’altra dimensione, fatta di natura, mare e sole.
La nostra prima sosta è stata a Trogir, ad una quarantina di chilometri da Spalato. Gioiellino dell’architettura veneziana che merita sicuramente una visita. Uno storico dell’arte statunitense ed autorevole critico, la definì come una delle poche città al mondo che annovera tante opere d’arte in così poco spazio. Poi Spalato, dove il Palazzo di Diocleziano racchiude straordinariamente la città vecchia e dove non si può rimanere indifferenti di fronte al fascino delle mura e delle vestigia romane: strati di città accavallati gli uni sugli altri. Si sentono le epoche storiche spingersi l’una contro l’altra: è impressionante. Poi poco altro. La città sopporta il peso delle caotiche e soffocanti periferie dell’est, dove i palazzoni fitti e mastodontici smorzano ogni fantasia d’evasione.
Un paio d’ore per raggiungere l’isola di Hvar. Ci siamo stabiliti a Milna, manciata di case sul mare, a quattro chilometri dalla città di Hvar. Per godere appieno del mare, è preferibile trovare alloggio fuori dalla città, molto affollata e troppo a ridosso del porto.
Oltre alla bellissima e sorprendente città capoluogo, dominata dall’alto dalla sua fortezza, sono da visitare anche Stari Grad e Jelsa. Entrambe si scoprono abbarbicate attorno ai rispettivi porticcioli; meglio la prima della seconda.
Ottimo il pesce, anche se ormai i prezzi dei ristoranti si stanno livellando a quelli italiani. Difficile cavarsela con meno di 30 euro a scatola cranica. Vino bianco pessimo. Meglio la birra che, essendo fresca, va giù davvero “come un terrone a Natale”.
Insomma, vacanza da consigliare a chi vuole mare, buon pesce e nel complesso non desidera spendere una follia.
Per lo speciale “Buona forchetta all’estero”, i ristoranti che ho provato sono:
Fontana (Trogir, lungomare): 7,5. I migliori calamari fritti che io abbia mai assaggiato. Il consiglio veniva dalla guida Routard. Merita davvero.
Godra (Hvar, lasciandosi la chiesa della piazza principale alle spalle, si deve salire la gradinata della prima via a destra): 7. Ottima aragosta alla griglia, pessimi gli spaghetti allo scoglio. Giardinetto interno molto piacevole.
Palladini (Hvar, una delle vie parallele alla piazza, in alto nella parte settentrionale della città): 6. Eccellente filetto di manzo, ma il servizio non mi piace. Tutti antipatici. Non c’è la birra media.
Moli Onte (Milna, lungomare): 7,5. Tavoli vista mare, ambiente familiare e il cuoco griglia il pesce sotto gli occhi dei clienti. Aragosta da prendere.
Marinero (Hvar, alla fine della piazza, lasciandosi sempre la chiesa alle spalle, su una delle viuzze a destra): 4,5. Specchietto per le allodole e per la mia morosa, visto che io non volevo andarci. Bella la sistemazione nella piazzetta seminascosta, ma gestione troppo fast. Prezzi bassi e qualità ancor più bassa. Da starci alla larga.
Paradise Garten (Hvar, lasciandosi la chiesa della piazza principale alle spalle, si deve salire la gradinata della prima via a destra. È poco prima del Godra): 5. Consiglio non azzeccato della Routard. Definiva irrinunciabili gli spaghetti allo scoglio: sono rinunciabilissimi.
La Luna (Hvar, una delle vie parallele alla piazza, in alto nella parte settentrionale della città, di fronte al Palladini): 8. Alla buona qualità si abbinano prezzi tutto sommato modici. Risotto ai frutti di mare tra i migliori che abbia mai assaggiato, meglio di quello di Gino a Duino. Da provare il piatto tipico di Hvar, la Gregada, ovvero pezzi di pesce vario, cotti in pentola con cipolle, patate e olio d’oliva. Anticamente era un piatto di recupero, dove finivano un po’ tutti i rimasugli. Cortiletto sopra l’edificio molto romantico e suggestivo.
Villa Samar (Trogir, porticciolo verso nord a 3-4 km dal centro storico): 4. Semplicemente pessimo, ma non c’era altro lì intorno.