L’odierno voto del Parlamento al Lodo Alfano segna inequivocabilmente il primo passo verso l’impunità di alcuni cittadini rispetto a tutti gli altri. Come se l’efficacia dell’istituzione potesse essere garantita solo dall’intoccabilità di chi la guida. Con questa scusante da palcoscenico, ci vogliono convincere della bontà della norma, della buonafede dell’atto.
Sul merito del provvedimento, sul suo movente e sulla regia del mandante, ci sono pochi dubbi ed in molti hanno puntato i riflettori della critica. L’ottimo Sartori, qualche giorno fa, ha sottolineato anche un altro aspetto, ugualmente interessante e degno d’attenzione: quello del servilismo dei parlamentari, sempre pronti alla vile ed incondizionata obbedienza.
“Nell’ultima campagna elettorale Veltroni ha combattuto un anonimo, un avversario senza nome e cognome. Ha malamente perso (anche per questo, ritengo). È vero che uno dei tantissimi difetti della politica italiana è la eccessiva personalizzazione del potere, il potere che addirittura coincide con una persona. Ma l’occasione per dimostrare che non deve essere così non è una contesa elettorale. Ciò premesso, il fatto resta che gli italiani oramai si dividono (asimmetricamente) tra berlusconiani e no. Da un lato c’è sempre e soltanto Berlusconi; dall’altro ci sono stati Prodi, D’ Alema, Amato, Rutelli, Veltroni, tutti in transito e sempre in contesa tra loro. Dunque un polo coincide con una persona. Il che equivale a dire che non riusciamo più a separare i problemi come tali da una persona che li impersona. Questa eccessiva personalizzazione è, a mio avviso, dannosissima; e per contrastarla inventerò qui un nome finto: Silvio Arcore. Il premier Arcore in questo momento è furioso. Dopo aver vinto tre elezioni ancora non è riuscito a saldare i conti con la magistratura. È ancora imputato nel processo Mills che andrà a sentenza prima della prescrizione; e per di più teme altri scherzi che ne ostacolino, a suo tempo, il disegno di salire al Quirinale. E così vara con urgenza una legge «blocca processi» che ferma per un anno tutti i procedimenti che prevedono pene massime al di sotto dei dieci anni (nel caso Mills sarebbero sei); e per ogni evenienza interpola, nel «pacchetto sicurezza» al quale gli italiani tengono, una coda estranea (il lodo Alfano) che rende Arcore intoccabile fino all’ aprile 2013, e probabilmente oltre. Ora, se davvero si trattasse del signor Arcore, quasi tutti direbbero che le due escogitazioni sono pessime, e che servono soltanto a lui. Invece il nostro Silvio sostiene che sono necessarie e nell’interesse di tutti. Ammettiamo che siano necessarie. Anche così si potrebbe sicuramente far meglio. Una legge che diminuisce il carico degli arretrati giudiziari ci vuole. Ma dovrebbe cancellare i processi inutili, tali perché destinati a finire nel macero delle prescrizioni. Ma no. No perché, così riformulata, la legge non salverebbe il premier Arcore. Anche se una sua eventuale condanna in una sentenza di primo grado gli lascia dieci anni e passa di ricorsi e di appelli, il Nostro antepone il suo interesse e prestigio privati a quello di far funzionare la macchina della giustizia. E considerazioni analoghe (la mia è sul Corriere del 21 giugno) si possono fare sull’immunità. Eppure la maggioranza parlamentare di Arcore fa quadrato (superbulgaro, senza nemmeno un dissenso) nel sostenere che le due proposte in questione sono nell’interesse generale, nell’interesse di tutti. È vero: anche Arcore ne beneficia, ma soltanto perché lui è uno dei tutti. Le cose che mi spaventano sono oramai parecchie; ma il livello di soggezione e di degrado intellettuale manifestato in questa occasione da una maggioranza dei nostri «onorevoli» (sic) mi spaventa più di tutto. Altro che bipartitismo compiuto! Qui siamo al sultanato, alla peggiore delle corti. Cavour diceva: meglio una Camera che un’anticamera. Ma quando un’anticamera si sovrappone alla Camera, non so più cosa sia peggio.“
Giovanni Sartori (Corriere della Sera – 5 luglio 2008)