La querelle sulla necessità di una nuova legge elettorale, o sul bisogno di elezioni immediate, è l’ultimo fuoco del traballante spettacolo pirotecnico in scena al Parlamento. Al di là di tutte le considerazioni profonde sollevate in queste ore, la questione, se ridotta ai minimi termini, è semplicissima. Berlusconi e la CdL vogliono il voto immediato per cavalcare l’onda d’impopolarità del Centrosinistra: prima si vota e migliore sarà il risultato. In quest’ottica ogni giorno che passa rischia di annebbiare la pole position del Cavaliere. Di contro il Centrosinistra deve temporeggiare: ogni istante che passa è un istante guadagnato alla riconquista di quell’appeal, perso nel fresco naufragio dell’esperienza governativa. Tutto il resto, le spiegazioni, i principi, le giustificazioni, costituisce solo un colorito corollario.
È in questa fenditura che s’inserisce il mandato esplorativo conferito oggi a Marini. Un atto doveroso ed inevitabile quello di Napolitano. Ineccepibile. Le sue motivazioni all’investitura del Presidente del Senato sono sacrosante, inappuntabili. La scelta del Capo dello Stato di tentare la via di un Governo di scopo (come si chiama oggi) è politicamente corretta, poiché è doveroso tentare di giocare qualsiasi carta, anche la più disperata. Coagulare una maggioranza di voti, finalizzata alla redazione di una legge elettorale è quanto di più auspicabile esista. L’augurio è che si possa davvero condividere un metodo che sbaragli il porcellum e restituisca agli italiani preferenze e governabilità. L’esploratore Marini ha un compito arduo, ma assolutamente ragionevole e condivisibile.
Le obiezioni del Centrodestra, tuttavia, sono inconfutabili: se non si è riusciti in due anni a fare una legge elettorale con un Governo pienamente investito, come si può sperare di riuscirci in pochi mesi, con un pugno di parlamentari e un’opposizione apertamente contraria? Folle.
L’esploratore, insomma, rischia di tentare inutilmente il volo verso mete impossibili. Però tentare a volte è l’unica via d’uscita.