Tutti i nodi che si vengono a formare, che si complicano e che non si sciolgono, capita che prima o poi vengano al pettine. È solo una questione di tempo.
È questa la chiave di lettura dell’emergente neoleghismo che sta attraversando il Nord. Le amministrative hanno premiato i candidati del Carroccio oltre ogni previsione. Le vecchie battaglie, monopolio di Bossi e Calderoli, sembrano avere permeato buona parte del settentrione. La sicurezza che i cittadini hanno richiesto prima a Berlusconi e poi a Prodi non sembra aver ricevuto risposte soddisfacenti. Le imprese che chiedono meno tasse e più flessibilità per concorrere con l’Europa lamentano ogni giorno la loro insoddisfazione.
La celebre questione settentrionale nel tempo si è affrancata dalle posizioni secessioniste di separazione dal Sud, brandendo sempre più convintamene il desiderio di sopravvivere agli attacchi economici e sociali provenienti dall’esterno. Se all’inizio “i pochi” volevano l’indipendenza dal rimorchio del meridione, oggi “i molti” vogliono preservare il proprio benessere e la propria sicurezza. Non solo leghisti dunque, ma un malessere più diffuso e più consistente.
In questo nodo si incaglia il pettine del Governo. Prodi ha perso l’occasione di mostrare alla metà dell’Italia che non l’ha votato di poter badare anche ai loro interessi. Ha avuto l’occasione di fare ciò che Berlusconi non ha fatto ed è rimasto inoperoso, impegnandosi in questioni marginali ed irrisorie.
Se avesse aiutato le imprese e favorito la sicurezza, o se almeno avesse mostrato di affrontare il problema, oggi sarebbe più forte. Avvicinare il Nord era fondamentale per restare in piedi sull’asse ballerina dei pochi voti conquistati. Di fatto si è dimenticato di mezza Italia. La stessa mezza Italia che ora rischia di scivolare nel turbine senza ritorno dell’egoismo neoleghista. Un nodo che rischia di diventare un problematico cappio per tutti.
Il nodo del neoleghismo
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