Archive for aprile 2007
Lezione di francese
Trovo che l’equidistanza e la scelta di non schierarsi manifestate da Bayrou alla vigilia del ballottaggio per le elezioni francesi riservi qualcosa di pedagogico per la classe dirigente italiana. Con tutti i distinguo del caso, il panorama d’oltralpe presenta non poche analogie con lo scenario italiano degli ultimi anni. Lo schieramento di Sarkozy, uomo d’affari con le mani nel mondo dei media, suscita timori reali sui futuribili conflitti d’interesse e sembra mostrare un occhio di riguardo solo per il ceto più abbiente. Quello di Ségolène Royal, a matrice più democratica e sociale, ha mostrato molto immobilismo nelle occasioni passate e oggi accende parecchie incertezze per la profonda propensione statalista.
Come in Italia, abbiamo dunque una grossa baleniera bipolare spuria (perché contornata da numerosi altri partitucci) dove i due marinai più grossi si contendono vicendevolmente la guida, appoggiati da equipaggi diversi. La differenza sostanziale sta nel fatto che il terzo incomodo Bayrou, a capo dello schieramento di centro, non solo ha rinunciato a fare alleanze pre-voto con uno dei due candidati (assicurandosi di fatto la vittoria), ma ha anche evitato di “vendere” i propri voti al miglior offerente del ballottaggio. Ha lasciato libertà di coscienza a sette milioni di elettori, rifiutando da ambo le parti ministeri promessi e praticamente certi. Almeno a fatti sembra dunque anteporre gli ideali al vile tornaconto di bottega. Una bella lezione per i centristi italiani, pronti a voltare la gabbana ad ogni stagione e ad allearsi con chiunque possa promettere loro il più misero tozzo di pane.
La nuvola nera e il cielo azzurro
Il tifoso nerazzurro ha atteso diciotto lunghi anni per poter esultare come Dio comanda. L’evento, in altre parole, è di quelli che fanno notizia. Risulta inevitabile parlarne, impossibile guardare e passare oltre. La lunga attesa da una parte e il dominio assoluto del campionato dall’altra, rendono la vittoria finale ancora più roboante e solenne.
Tuttavia, nel giorno stesso in cui assurge alla gloria del cielo tricolore, il supporter interista non riesce a fare a meno della sua nuvoletta di fantozziana memoria. Quella che lo ha accompagnato per anni, suscitando gli sbeffeggiamenti e le risa dei tifosi avversari. Quella che gli ha scucito scudetti praticamente già conquistati e che l’ha etichettato come “nobile perdente”. La stessa nuvoletta lo accompagna paradossalmente anche nel giorno del trionfo. Così gli capita di non poter festeggiare lo scudetto nel “giorno dei giorni”, quando ha preparato la festa a casa propria, in attesa di ospitare l’unico avversario della sua sfavillante stagione: la Roma. Prepara bandiere e trombe che deve subito riporre, toglie lo spumante dal frigorifero ma si ritrova costretto a non stapparlo e a rimandare la sbornia. Succede poi che la nuvoletta si accanisca su di lui e sminuisca la sua gioia, consegnandogli lo scudetto in un’anonima trasferta di fine aprile, in uno degli stadi più piccoli della serie A, nella settimana in cui i giornali parleranno della semifinale tra Manchester e Milan e nell’anno che tutti ricorderanno come “quello senza la Juve”.
Nonostante tutto ciò, lo scudetto quest’anno appartiene comunque al cugino interista… ed innanzi alla sua vittoria mi tolgo il cappello. Complimenti.
Ma dove vogliamo andare?
La mancata assegnazione degli Europei 2012 all’Italia rasenta i toni del melodramma. Il povero Platini, ancora in debito per la miniera d’oro che ha trovato in Italia, ci aveva seriamente illuso dicendoci che avremmo raggiunto il prestigioso traguardo.
La vittoria mondiale, poi, sembra averci consegnato un’illimitata licenza di uccidere. Siamo i campioni del mondo, dunque tutto ci appare scontato e dovuto: chi può permettersi di dirci di no? Alla faccia della tanto criticata grandeur francese!
Aspettative, quelle europee, lecite, ma ingiustificate. Alla fin fine siamo e rimaniamo un popolo tra i tanti, figli dei Matarrese e dei Moggi, capaci solo di spolverare il passato per poterci vedere un futuro. Siamo quelli che si ammazzano durante le partite, costretti a chiudere gli stadi e a vietare gli striscioni. Dobbiamo spiare le telefonate dei nostri arbitri e mandare i vincitori del campionato in serie B. Perché mai dovremmo meritarci gli Europei? Il Ministro Melandri piange.
Auspico invece che l’assegnazione a Polonia ed Ucraina possa diventare un’occasione di sviluppo. Noi coi mondiali ’90 mandammo tutto in vacca. Speriamo che loro non compiano gli stessi errori.
Non toccate la pelle del drago
A corollario delle ultime vicende legate alla Chinatown milanese, ho cercato un passo di uno dei miei libri preferiti.
È da qualche anno che ho davvero paura dei Cinesi. Una paura seria. Una paura, la mia, che si è tramutata in ostilità ed in intolleranza.
“Sto ancora seguendo il processo di trentatré cinesi accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso. Fanno capo a Lin Jian Hua, un capomafia della fazione di Wenzhou. Quelli di Wenzhou si contendono il controllo di Milano con quelli di Wencheng. Nessuno ne sa niente, alla stampa non interessa, alle televisioni men che meno. Sono anni che lavoro sulle Società Nere, non gliene frega niente a nessuno. Nessuno sta capendo cosa succede, cosa succederà qui tra poco…”
“Che succederà?”
“Che si comprano Milano. Pagano in contanti. Le Società Nere sono direttamente connesse a settori controllati dall’Esercito del Popolo, dai militari di Pechino. Là è un boom. La Cina emerge.Soltanto quest’anno, i cinesi hanno superato gli Stati Uniti per volume di investimenti all’estero. Tra sette anni, la Cina sarà lo stato più ricco al mondo, stanno per superare il prodotto interno lordo dell’America. Dispongono di una liquidità enorme. E non la investono all’interno. Sono abituati alla povertà. Per loro non è un fattore di destabilizzazione sociale: il contrario, usano la povertà di massa come strumento di controllo. E investono fuori.”
“Cioè comprano…”
“Sì. In contanti. C’è un traffico clandestino di dollari che esorbita ogni aspettativa. Trasportano contanti insieme ai clandestini. E comprano in contanti: appartamenti, stabili interi, esercizi commerciali. Da dieci anni va vanti così, non gliene frega niente a nessuno. Chi vende è contento: i cinesi arrivano ad offrire un terzo in più del valore reale dell’immobile. Arrivano in tre: il compratore, che solitamente è un prestanome; un avvocato; un terzo che non si capisce bene chi sia. Arrivano con le valigette piene di dollari o euro. Non sono soldi falsi – è che non sono dichiarati. L’effetto è duplice. Stano reinserendo clandestinamente enormi quantità di denaro svincolato dalle tassazioni. Letteralmente: gonfiano la deflazione. Non è che a Bruxelles non lo sappiano: ma lasciano fare, non capisco perché…”
“Il core business delle Società Nere che oprano a Milano, fino a qualche anno fa, era l’emigrazione clandestina dallo Zhejiang verso l’Italia. Poi l’interesse maggiore è scivolato su un diverso focus: l’usura. È pazzesco, questi hanno un sistema creditizio abusivo, parallelo alla diaspora. Si prestano i soldi tra loro – soldi non dichiarati, senza possibilità di rivalersi sugli insolventi rivolgendosi alle autorità, perché è un sistema totalmente clandestino. Girano cifre vertiginose.”
“Lo dicevo, te lo dicevo, Guido: questi sono un tumore…”
(G. Genna – Non toccare la pelle del drago)
Le magie di Totti
L’ultima esternazione di Totti ha un velato tono di arroganza. Il capitano giallorosso si è dichiarato più coinvolto emotivamente dall’odierno quarto di finale di Champion’s League tra Roma e Manchester, che dalla passata finale mondiale tra l’Italia e la Francia.
Nulla da eccepire, a parte un soggettivo giudizio sullo spirito patriottico del Popone. Che agisca e parli più da tifoso che da futuro “capitando” (gerundivo del verbo fare il capitano) della nazionale, poco ci importa. Stona tuttavia che lo stesso abbia già pianificato il suo rientro nella squadra azzurra. Dopo essersi allontanato, ha fissato per l’autunno il suo ritorno. Certamente, faccia pure con comodo: gli altri giocano “inutilmente” per le qualificazioni, lui quando avrà tempo e voglia ritornerà nel gruppo. In nazionale è l’unico che sceglie e non viene scelto. Ma in fondo siamo tutti qua ad aspettarlo. Dobbiamo anche pregare perché cambi idea e si prenda più a cuore l’Italia della Roma, o ci accontentiamo del rientro di Sua Eccellenza?
Fossimo seri, o semplicemente in un’altra nazione, lo avremmo già lasciato dove si trova e al suo posto, in nazionale, avremmo chiamato qualche giovanotto più motivato e meritevole.
I soliti accordi
Dopo il meeting di Arcore, anche l’Unione ha stilato in fretta e furia una proposta per la revisione della legge elettorale. Segno che i tempi sono maturi e la scadenza assai prossima.
Facile annuire ed essere d’accordo con gli scenari presentati. L’inciviltà della legge precedente rende apprezzabile anche la proposta di Calderoli. E tra mille criticità criticabili, anche la “bozza Chiti” può essere considerata un buon punto di partenza.
Non è un caso che i due poli stiano cercando una sorta di convergenza al proposito. Non è improbabile neppure che riescano a trovare un accordo nel giro di poco tempo. La legge elettore serve, dunque mettersi al tavolo per lavorarci è il minimo che si possa fare.
Si è trovata la convergenza su sistemi più o meno proporzionali, che personalmente aborro, ma che ritengo positivi se unanimemente condivisi. Sbarramenti e premi di maggioranza vari non costituiranno alcun ostacolo ad un’intesa partecipata. Insomma, l’accordo si troverà.
È triste che tra le miriadi di proposte nessuno abbia avanzato quella dell’ineleggibilità di condannati e inquisiti. Anche su questa “non proposta”, l’accordo sarà unanime.