Il “sì” pressoché incondizionato di Romano Prodi all’ampliamento della base Usa in Italia e il conseguente malcontento sfociato alla stazione di Vicenza impongono alcune considerazioni.
LA NATURA DELL’OGGETTO. La base “in via d’estensione” fa capo alla Nato. Non si tratta di una vera e propria base americana, come strumentalmente viene raccontato, ma di un punto di riferimento dell’Alleanza Atlantica, di cui l’Italia fa parte. La storia e gli accordi internazionali impegnano il nostro paese a rispettare il Patto e a favorirne la coordinazione, prima ancora di beneficiare della sua azione. Prima di pregiudicare ogni scelta, occorre anche considerare questo aspetto e, all’occorrenza, metterlo in discussione.
IL SENSO DELL’OGGETTO. La questione non può non sollevare un interrogativo antico, ma sempre più attuale: quale significato può avere la NATO nel 2007? Ha senso un’Alleanza Atlantica vent’anni dopo il crollo del regime comunista? Ha senso un patto militare tra nazioni occidentali? E soprattutto: si tratta di una autentico accordo militare tra pari (come dovrebbe eventualmente essere) o piuttosto di un paravento per giustificare l’azione di un solo membro, quello statunitense, palesemente sopra le parti? Non sarebbe più logico smantellare questa struttura e predisporre una forza militare internazionale e davvero indipendente sotto l’egida ONU?
LA FACOLTA’ DELLA DECISIONE. Il consiglio comunale di Vicenza ha deliberato un parere favorevole all’inizio dei lavori, pur chiedendo ed ottenendo una serie di garanzie ambientali aggiuntive. Schieramenti parlamentari trasversali sostengono che questo atto amministrativo soddisfi pienamente il principio di democraticità della scelta, che prevede che sia la comunità indigena a decidere in autonomia su un provvedimento a ricaduta principalmente locale. Ma considerando la straordinarietà della decisione e l’enorme consistenza della sua portata, forse era il caso di consultare tutta la comunità (perché no, magari anche quella regionale) con un referendum. Di fronte ad impatti di questo genere, la delibera del comune assume il sapore dell’inadeguatezza più che della rappresentatività.
LA DIVISIONE. La titubanza di Prodi, la chiara presa di posizione del Ministro degli Esteri e dei partiti di centro insieme ai veti de substantia di Rifondazione, Comunisti Italiani e Verdi riportano a galla le ormai imbarazzanti divisioni che la coalizione governativa deve sopportare. Come ebbi modo di dire, un governo può spaccarsi su tutto, ma non sulla politica estera. Per il diritto internazionale, un governo che non sa come agire all’esterno (avere tanti indirizzi di politica estera, significa di fatto non averne alcuno) non può essere chiamato tale.
LA SOSTANZA DELLA PROTESTA. Chi protesta alla stazione di Vicenza brandisce le stesse armi verbali usate per manifestare contro la guerra in Iraq, contro gli Stati Uniti, contro la globalizzazione o il G8. L’impressione suscitata è che la protesta a senso unico provenga dai soliti e fatiscenti ambienti, capaci più di creare disordine che proposte concrete.
L’occasione di opporsi, aprendo un dibattito costruttivo ed ampio è sotto gli occhi di tutti. Sarebbe stato più utile non mandare ogni cosa alle ortiche inscenando la consueta contrapposizione ideologica, molto più utile alla conservazione dello status quo che al progresso politico e diplomatico di cui abbiamo bisogno.
Questioni di base
- Ancora nessun trackback
#1 by Gianluca at 20 gennaio 2007
Sinceramente credo che il rispetto delle istituzioni di cui si fa parte (nel caso specifico, la Nato) sia importante, ma al giorno d’oggi, come tu dici, alcune cose vanno riviste: anche, eventualmente, anche non rispettando le regole del gioco.
Gli Stati Uniti infrangono quotidianamente le regole del gioco dell’Onu, ad esempio. Ma tutti se ne strafregano.
Se come dici tu, la Nato ormai è “vecchia” e va rivista, ben vengano tutti quanti iniziano a prendere posizioni anche “contro”.
Questo per dire, alla don Milani, che “l’obbedienza non sempre è una virtù”.
Sulla piazza. Non sono d’accordo, come ben sai, alle generalizzazioni. Oltrettutto abbiamo un grosso problema: che la stampa riporta quello che vuole. Credo che in piazza ci scendano anche persone convinte (forse anche mal informate) che credono in quello che fanno. Sono convinto che tante nostre impressioni vengano davvero deformate dai mass media o comunque portate sui terreni che loro scelgono.
Poi per quanto riguarda l’aprire un dibattito: tutto vero sarebbe bello, opportuno, interessante e democratico. Dimmi però come (e non a livello teorico).
#2 by admin at 22 gennaio 2007
Beh… se il dibattito fosse fatto proprio dai gruppi politici (attualmente nessuno di essi lo fa), magari si potrebbe pian piano arrivare a risultati concreti. Se le forze politche si interrogassero sull’utilità ed il ruolo della Nato, se portassero richieste e proproste in sede europea, magari il dibattito si potrebbe allargare. Non ci si scappa: sono le istituzioni che devono caricarsi delle richieste del cittadino.
Lo so, potrai dirmi che allora non accadrà niente. E’ proprio questo il problema.