Quei fantasmi che lasciano la traccia


E la candela la sta mai ferma e la se möev cuma la memoria,
anca el ragn sö la balaüstra ricama ‘l quadru de la sua storia.
La ragnatela di me pensee la ciapa tütt quèll che rüva scià
ma tanti voolt la g’ha troppi böcc e l’è tuta de rammendà.

La finestra la sbàtt i all, ma la sa che po’ mea na via
e anca i stèll g’hann la facia lüstra, cuma i öcc de la nustalgìa.
In questa stanza senza nissöen, vardi luntàn e se vedi in facia,
in questa stanza de un òltru teemp, i me fantasmi i lassen la tracia
”.

E la candela non sta mai ferma, si agita come la memoria,
anche il ragno sulla balaustra ricama il quadro della sua storia.
La ragnatela dei miei pensieri raccoglie tutto quello che passa di qua
ma spesso ha troppi buchi ed è tutta da rammendare.

La finestra sbatte le ali, ma sa che non può andarsene
e anche le stelle hanno la faccia che brilla, come gli occhi pieni di nostalgia.
In questa stanza senza nessuno, guardo lontano e mi vedo in faccia,
in questa stanza di un altro tempo i miei fantasmi han lasciato la traccia.

(D. Van De Sfroos – Pulenta e galena fregia)

Oggi, rimettendo un po’ in ordine l’outlook, sono casualmente incappato nell’ultima mail del Lele, quella in cui mi comunicava la data e l’ora della sua laurea. L’ho riconosciuta subito. Non scorderò mai, per tutta la vita, quell’oggetto un po’ ironico, un po’ serioso, che riassume in modo esemplare la sua persona: “È la mia volta”.
Beh… non ce l’ho fatta, non sono riuscito ad aprirla, non ho trovato il coraggio di rileggerla.
Mi chiedo da dove vengono questi fantasmi che continuamente ritornano, e che lasciano indelebili aloni d’assenza. Mi chiedo fino a quando i ricordi del passato consumeranno gli istanti del presente.

  1. #1 by Erica at 19 novembre 2006

    Non credo che i ricordi del passato, che oggi ci fanno male, consumino gli istanti del presente.
    Credo, invece, che ci arricchiscano.
    L’esperienza del dolore è una delle più intense che si possano provare e per questo ci segna inesorabilmente. Se poi il dolore non è fisico ma riguarda l’anima, allora, quando non esiste alcun analgesico che possa alleviarlo, l’intensità del dolore non conosce confini.
    E’ un’esperienza che non vorremmo mai vivere, quella del dolore causato dalla morte di una persona cara, ma la vita è fatta anche di questo.
    Sono convinta che un’esperienza così alta porti con sé anche un grande bagaglio di insegnamenti.
    E i ricordi della stessa, che sono poi i ricordi della persona scomparsa, ci rendono persone migliori.
    In qualche modo, riusciamo ad essere più amorevoli con il prossimo, apprezziamo maggiormente la vita, ci comportiamo da veri amici, magari pensando all’amico che non c’è più. Dopo aver subito un torto così grande, non ci arrabbiamo facilmente.

    Io, il Lele, l’ho conosciuto che era già morto.
    Ho visto il suo viso, la prima e unica volta, su una pagina di giornale.
    Sono stata ai suoi funerali per essere vicina ad un amico, anche se, forse, per non offendere la vera amicizia , come quella che c’è tra Silvio e il Lele, definirlo amico è un po’ troppo.
    Ho fatto l’unica cosa che materialmente potevo fare, pur sapendo che non avrebbe alleviato nemmeno un po’ il dolore di Silvio.
    Da lì, dal momento del suo estremo saluto, ho cominciato a conoscerlo, poi, me ne ha parlato Silvio e chi ha dato il proprio contributo sul blog.

    Una frase che ricordo di Silvio è questa: “Io, in questa esperienza c’ho perso l’anima!”.
    Non penso che sia così, penso, invece, che oggi l’anima di Silvio sia ancora più grande.
    Penso che sia stata arricchita da questa esperienza e il ricordo del suo grande amico gli ricorda il valore della vita, della giovinezza, dell’amicizia… di tutto quello che il Lele rappresenta.

    Forse il mio, è solo un tentativo per dare una spiegazione, una giustificazione a tutto questo dolore.

  2. #2 by admin at 19 novembre 2006

    Grazie. Hai dato uno spunto molto importante.
    Sono un pusillanime (nel senso dantesco del termine) e cambio idea quando cambia il vento. Ci sono flash che mi abbagliano e mi fanno cadere il mondo, mi fanno vedere tutto inequivocabilmente nero. Sono questi i “fantasmi della memoria” che snaturano il presente. Poi, non appena riesco ad essere più oggettivo e razionale, le cose cambiano e mi appaiono sotto una luce diversa. Hai certamente ragione: gli urti della vita hanno una funzione pedagogica. La difficoltà sta nel mantenere una disposizione d’animo atta a riconoscerla.

  3. #3 by andrea at 13 dicembre 2006

    io invece ,non so dire se in modo giusto o meno, ogni tanto vado a cercare quelle poche mail che mi sono rimaste di un amico e,al contrario di altri, non cancellero’ il suo numero dalla mia rubrica telefonica perche’ sono un modo anzi l’unico modo per crearmi delle piccole commedie ed immaginare le sue espressioni tipiche del tipo “oh rodeo sei un marcione”

  4. #4 by Gianluca at 4 gennaio 2007

    Siamo rientrati da poco. Anche quest’anno i fuochi di artificio di Ortisei hanno colpito i sensi di Lorenzo e Matteo, tanto che le due pesti se li sono divorati con gli occhioni spalancati al cielo nonostante il freddo a meno 5.

    Dopo la cena, arricchita, diversamente dal solito, da gustose tartine prepararate all’ultimo istante, attorno al tavolo di legno della taverna che tante ne avrebbe da raccontare, proviamo a fare un breve bilancio dell’anno 2006.

    E ancora una volta rimango travolto dal modo di parlare dei piccoli, dal modo di pensare dei bambini, dalla logica tremenda dei loro ragionamenti.

    Matteo chiede: Papà, perchè non hai detto al Lele di fare un’altra strada invece che quella lì piena di camion?

    Silenzio assoluto. Spiazzato. Io e la Dany ci guardiamo. Non c’è risposta. La cruda realtà degli eventi trasformata in domanda che è destinata a rimanere sospesa nel tempo.

    Se un tempo c’è, ovviamente.

(non verrà pubblicata)

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