Ciao Lele


Ti ringrazio Lele, perché mi hai insegnato che l’amicizia non vuole gesti eclatanti, ma ha bisogno piuttosto delle piccole cose della vita. L’amicizia è come un fiore che va coltivato giorno per giorno, con piccole dosi di affetto quotidiane, con l’equilibrio e la misura che appartengono solo ai giardinieri più bravi. Un fiore, per crescere e creare un seme, ha bisogno di acqua tutti i giorni, non di temporali. Ha bisogno di luce tenue e continua, non di un fuoco che lo bruci. E così è l’amicizia.
Ti ringrazio Lele, perché mi hai insegnato il valore dell’ospitalità. Mi hai insegnato che per stare vicini non serve alcuna occasione, alcuna scusa. “Ci troviamo da me” era il tuo modo per chiamarmi “amico”.
Ti ringrazio Lele, perché mi hai insegnato che l’allegria salverà il mondo. Mi hai insegnato che non si può perdere l’allegria, che l’allegria dimostra che l’uomo è un essere pensante.

Scrive Paulo Coelho che “il Guerriero della Luce non ha bisogno che qualcuno gli rammenti l’aiuto degli altri: se ne ricorda da solo, e divide con loro la ricompensa”.
Adesso, che sei lassù, per favore, aiutaci e spiegaci perché può accadere tutto questo.
Noi da soli non riusciamo a capirlo.

  1. #1 by Gianluca at 29 settembre 2006

    È il primo giorno senza di te, Lele. Ho svegliato l’alba e tu non c’eri. Ho avuto subito l’istinto di aprire i miei rifornitissimi album di fotografie. Ti ho trovato subito, all’evento dell’ultimo Santo Stefano. E subito ho chiuso. Ho avuto paura. In un libro ho letto: “Le fotografie servono solo a far dimenticare quello che non si è fotografato”. Ho avuto paura di ricordarti solo per quello che avrei visto sulle immagini. Allora mi sono alzato e ho lasciato sfogare i pensieri. Ho camminato per le vie del tuo paese, del nostro paese. Sono passato davanti a casa tua. E tu non c’eri. Mentre iniziavano i primi riflessi di un nuovo giorno toccavo le pareti di casa tua, i muretti dove abitano i nostri amici. Ho sfiorato le mura del Silvio, del Paio, della Paola, di mio fratello, della Vale e del Valerio, della Elena, di Alberto, della Silvia, di Andrea, del Tui. Mi sono appoggiato alle ringhiere e ho camminato di nuovo. Ho assaporato l’odore del vialetto della chiesa delle suore, dove ci vedevamo da piccoli al rosario di maggio. Ma tu non c’eri. Ho visto la sedia al quale eri seduto domenica, quando ci siamo visti l’ultima volta, quando, ancora, mi hai preso scherzosamente in giro. Ho toccato il tavolo sul quale avevi bevuto l’aperitivo. Non so se ci hai badato, ma da quando non sei più tra noi, da quando non possiamo più toccarTI, abbiamo bisogno di toccarCI, di abbracciarci, di stringerci forte. Non riusciamo solo a guardarci negli occhi, non riusciamo a condividere solo le lacrime. No, vogliamo sentire che ci siamo, vogliamo farti rivivere nei nostri tocchi. Vogliamo che anche il corpo abbia la sua parte. Ci diciamo “vivrai sempre con noi, nei nostri cuori, nei nostri pensieri”; forse perché non siamo certi di ciò, vogliamo toccarci a tutti i costi. Forse perché il tocco di un’altra persona è l’unica attestazione di esistere. E allora forse tu non sei tra i nostri pensieri, non vivi nelle nostre emozioni, non ritorni nei nostri sogni. Tu sei nei nostri gesti quotidiani, tu sei ciò che noi facciamo, tu sei nei nostri abbracci. Noi siamo fatti di te, Lele. Noi siamo te quando usiamo l’ironia, quando tifiamo inter, quando ci dedichiamo a preparare una cena, quando apriamo le porte di casa nostra, quando commentiamo un libro o un film con gli amici, quando partecipiamo attivamente alle feste paesane, quando leggiamo in chiesa, quando ci vestiamo sempre alla moda, quando giochiamo a calcio, quando ci ritiriamo dal fantacalcio, quando passiamo in un attimo da uno stato d’ira ad un momento di incanto per la vita, quando litighiamo con i nostri genitori, quando i nostri genitori non ci capiscono, quando sfoggiamo con gioia una nuova macchina, quando fumiamo una sigaretta, quando ci alziamo presto al mattino, quando perseveriamo e non molliamo, quando preghiamo, quando improvvisamente salutiamo e andiamo via senza dire né dove, né perché, quando stiamo male per una balla, quando ci portano al pronto soccorso, quando facciamo un sorpasso, quando scriveremo a mano gli auguri di Natale, quando… Tu Lele, sei già risorto. Non c’è null’altro da aspettare. Il tempo è solo una convenzione inventata da noi. Tu sei già risorto. Sei risorto in noi.
    Forse è una magra consolazione, ma forse è lì l’unica spiegazione della nostra vita.

  2. #2 by SILVIA at 30 settembre 2006

    “Fianco a fianco. Per sempre, tuo Lele” così hai concluso il biglietto che mi hai donato per il mio ultimo compleanno. Oggi però, se mi volto, tu non ci sei. Da martedì aspetto che mi arrivi un messaggio o uno squillo (me ne mandavi almeno 20 al giorno) il cui mittente sia LELE. A oggi ancora niente. E sarà così per sempre. Mi sembra tu possa sbucare all’improvviso da qualche angolo, o comparire davanti al cancello di casa mia con in mano la vaschetta di gelato yogurt e cioccolato che mi portavi ogni volta che venivi a trovarmi la sera, o con la torta della nonna la domenica.
    LELE, perchè ti aspetto e tu non arrivi? Perchè mi hai detto che saresti stato per sempre al mio fianco e oggi non ci sei? Perchè mi ritrovo a darti la buonanotte baciando la tua foto sul comodino? Pechè non ho potuto salutarti prima che te ne andassi? Perchè LELE? Perchè?
    Al momento non ho risposta nè pace.
    Io ti amo tanto Lele, spero tu l’abbia sentito e lo senta ancora.
    Se puoi, abbracciami.

    Silvietta

  3. #3 by SILVIA at 1 ottobre 2006

    ASCENSIOE

    E se me ne andrò,
    mentre tu sei ancora qui…
    sappi che io continuo a vivere
    vibrando con diversa intensità,
    dietro un sottile velo che il tuo sguardo non può attraversare.
    Tu non mi vedrai:
    devi quindi avere fede.
    Io attenderò il momento in cui potremo di nuovo librarci in volo,
    entrambi sapendo che l’altro è li accanto,
    fino ad allora, vivi nella pienezza della vita.
    E quando avrai bisogno di me,
    sussurra appena il mio nome nel tuo cuore,
    … e sarò li con te.

    Coleen Corah Hitchcock

    Credo che il Lele stia dicendo a tutti noi.

    Silvia

(non verrà pubblicata)

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