Quale aliquota


Impazza nella campagna elettorale il tormentone sulla tassazione delle rendite finanziarie. L’accusa di un pericolo “new tax” sembra l’argomento più interessante ed importante sul quale incentrare ogni dibattito pubblico. Accusa e difesa sembrano concordare sulla imprescindibile centralità del problema.
Esistono due modi tradizionali per fronteggiare le necessità economiche nell’amministrazione di uno stato: il primo contempla il taglio delle spese (non ultime quelle sociali) e comunemente guida le politiche della destra; il secondo prevede l’aumento delle imposte e fa riferimento, in genere, al pensiero che ispira la sinistra.
Dalla presunzione di quest’ultima linea di governo, il centrodestra ha ipotizzato che i tagli del cuneo fiscale annunciati da Prodi non potessero non scaturire da una nuova imposta sulla rendite finanziarie. Il fatto poi che la parte più estrema del centrosinistra concordi da tempo su questa posizione, annunciando in ogni occasione detto intento, ha gettato ulteriore benzina sul fuoco della polemica.
Ma come stanno attualmente le cose? Per il momento i redditi in questione sono tassati in Italia con due aliquote diverse. Su depositi, conti correnti bancari e obbligazioni inferiori a diciotto mesi vi è una imposta sostitutiva del 27%. Sulle rendite derivanti da titoli di stato, buoni postali, obbligazioni superiori a diciotto mesi e azioni l’aliquota è del 12,5%. Le ipotesi sul tavolo sono dunque quella di uniformare le aliquote con una percentuale media (23%?), o di elevare a 27% anche l’aliquota più bassa. Oltre ovviamente alla possibilità di lasciare tutto invariato.
Nell’Unione Europea alcuni paesi come Gran Bretagna e Slovenia applicano un’imposizione ordinaria, ovvero personale e progressiva sul reddito. Altri, come Francia e Germania utilizzano aliquote uniche. In genere sono più alte del 20%, ma esistono parecchie casistiche di esenzione rispetto all’Italia. Nell’Europa del Nord (come sempre… più “avanti”) l’aliquota sui redditi di capitale è la stessa applicata nell’imposta personale progressiva sul reddito.

Da un lato dunque l’accusa del centrodestra, che sostiene la “deleterietà ” di un aumento d’aliquota nei redditi di capitale. Questo affosserebbe gli investimenti in titoli (anche di Stato), paralizzando Stato e Società quotate, oltre ovviamente a penalizzare i risparmiatori: gravarli di tasse maggiori non giova alla ripartenza. I capitali fuggirebbero all’estero, con buona pace della nostra ricrescita.
Dall’altro la difesa del centrosinistra, possibilista nell’idea di aumentare i dazi in nome di un’armonizzazione comunitaria e in virtù della convinzione che chi doveva “scappare” all’estero… lo ha già fatto. L’ipotesi poi di colpire i grossi speculatori, tanto amaramente popolari negli ultimi tempi, pone l’attenzione ulivista sull’eventualità di differenziazione nella tassazione dei capitali investiti.

Personalmente credo che l’Italia non abbia la necessità di subire nuovi aggravi fiscali. Aumentare il prelievo sul risparmio delle famiglie non mi pare la via maestra per recuperare danari da reinvestire nella macchina statale. Chiunque parla di lotta all’evasione e di tagli agli sprechi. Visto che i due problemi permangono, nonostante il passare dei governi, o si tratta di demagogia, oppure di incapacità . Oppure di entrambe le cose. Sarà retorica, ma se tutti pagassero le tasse e non si buttassero quotidianamente nel cestino una marea di danari pubblici, forse non ci sarebbe sempre il bisogno di affondare le mani nelle tasche del povero e “cabasiso” signor Rossi.
D’altro canto è indubitabile l’iniquità della situazione: mentre a me detraggono in automatico il 23% del mio stipendio, a Mr. Ricucci chiedono a malapena il 12,5% per il suo business (quando va bene).
Perché mai dunque uniformare l’aliquota dei redditi da capitale a quella dei redditi personali (aumentando la prima e abbassando la seconda) non potrebbe essere la soluzione ottimale?

  1. #1 by Gianluca at 3 aprile 2006

    Direi che non è possibile. Aumentare le tasse al settore produttivo, vuol dire bloccare il pil.
    Cosa che non è possibile.
    Purtroppo tutto è frutto di un delicato equilibrio, non solo economico, ma di centri di potere.
    Credo che la scelta prioritaria sia quella del risparmio, del taglio sulle spese inutili dello Stato. E’ ora di finirla con le spese folli. Ma si sa anche queste fanno parte di quell’equilibrio dei centri di potere di cui sopra.
    Rimane la lotta all’evasione. Condivisa da tutti quelli che pagano le tasse, non condivisa da un altro centro di potere, da quelli che non le pagano o le pagano in maniera inferiore. Ma anche questi vanno a votare e contribuiscono all’aumento del pil.

    mah, in questa situazione, con queste imposte, con queste aliquote mi sembra un gatto che si morde la coda.
    Ci sarebbe bisogno di una revisione totale, che non credo arriverà .

  2. #2 by admin at 3 aprile 2006

    Mai parlato di tasse alle imprese. Le rendite di cui parlo nell’articolo sono quelle legate ai titoli finanziari. Di questa tassazione si è parlato in questi giorni.
    Seconda precisazione: di solito è “il cane che si morde la coda”, non il gatto.

  3. #3 by Gianluca at 4 aprile 2006

    No, caro quello è:
    “non dire cane se non ce l’hai nel sacco!”

  4. #4 by MAX at 4 aprile 2006

    CONFERMO ANCH’IO CHE E’ IL CANE CHE SI MORDE LA CODA E NON IL GATTO…

  5. #5 by paio at 5 aprile 2006

    wezz

  6. #6 by 12345 at 5 aprile 2006

    testo

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